Donne ottimiste
Lucetta
Scaraffia e Anna Maria Isastia, Donne ottimiste. Femminismo e associazioni
borghesi nell'Otto e Novecento, Il Mulino, 2002. pag. 303, euro 19
di Donatella Massara
Parlare di
associazioni borghesi vuole dire anzitutto avere a che fare con un sentimento
indefinibile, non omologante, sfumato e contraddetto, a volte, dalla realtà.
Si chiama: orgoglio di classe, almeno, quando esistevano le classi.
Soroptimist,
associazione che avevo dimenticato di conoscere, accoglie selettivamente
socie solo per cooptazione: per via del nome che portano e della posizione
sociale che ricoprono. <<Non accetterei mai di fare parte di un
club che mi vuole come socio>>, dice invece Groucho Marx.
L'indice
analitico di questo libro - interessante e ben scritto - ci fa scorrere
i nomi di donne che sono e sono state importanti nella vita economica
e culturale, mondana dell'Italia degli anni '50, '60.
Camilla Cederna,
Maly Falk, Carla Strauss, Luisa Spagnoli, Jole Veneziani, Mirella Freni,
Gianna Manzini, Anna Bonomi Bolchini, Giancarla Mursia, Giulia Maria Crespi,
Biki, Tea Frette, Zoe Fontana, e molte altre scienziate, artiste, sono
state soroptimiste e coinvolte nel loro tempo: negli anni del boom economico,
negli anni di crisi dei '70, e nei passaggi fra la cosidetta prima e seconda
repubblica, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Alla fine
del libro mi sono domandata con ansia, quali tesori di storia - e che
nel libro non sono raccontati - contengono le scelte di queste donne,
e soprattutto, ciò che più mi interesserebbe sapere, che
cosa ha prodotto nella storia delle donne e del capitalismo italiano <<
una personale predisposizione dell'una verso l'altra>>, principio
che ha guidato o guida, oggi, queste associazioni di donne. Il libro risponde
dicendo che la vita associativa ha spronato all'emancipazione e reso consueto
il dibattito e la prassi democratica in donne abituate a stare in luoghi
'privati, case, salotti, sedi di gruppi. Mi auguro che un' altra indagine,
però, entrerà più nel merito degli intrecci vissuti
fra donne di un'associazione selettiva e omogenea per gruppo sociale.
Voglio però
ripercorrere con tranquillità questa storia, avvincente forse perchè
è allo stesso tempo: irrisolta.
Nel 1881
il manifesto del gran ballo Excelsior, uno degli spettacoli più
famosi della Belle Epoque, presenta una donna che seduta in cima al mondo
lo guida, ha rivolto lo sguardo verso l'alto come a richiedere superiore
ispirazione. Fra fine ottocento e novecento le speranze del mondo sono
riposte nelle donne che - si confidava - avrebbero portato nell'era tecnologica
basi per una società rinnovata e capace di arginare il materialismo
positivista. Questi motivi che in nessun altro modo si potrebbero definire
se non femminismo, agivano in molti movimenti borghesi di fine e inizio
secolo di ispirazione spiritualista.
E' su questo versante ancora poco conosciuto della nostra storia contemporanea
che hanno indagato Lucetta Scaraffia e Anna Maria Isastia. Lucetta Scaraffia
è autrice della parte dedicata al primo femminismo borghese.
Anna Maria Isastia della seconda dove si parla dell'associazione Soroptimist
e dell'Aidda.
L'intuizione sul valore femminile accomuna le due fasi storiche in cui
agiscono queste alleanze fra donne. Lo sviluppo di proiezioni simboliche
sul femminile, nel clima culturale di inizio secolo, lo ritroviamo nel
motivo ispiratore degli "sprazzi di utopia", come osserva Anna
Maria Isastia, ai quali si affida il solido pragmatismo di Madame Foinant,
l'imprenditrice francese fondatrice, nel 1946, della FCE (Femmes chef
d'enterprises), associazione che, trasportata in Italia, diventa
l' Aidda (Associazione Italiana Dirigenti d'Azienda). Commenta l'autrice:
<<Anche questa coraggiosa imprenditrice non aveva il coraggio di
chiedere semplicemente un uguale trattamento per le donne nelle professioni
tradizionalmente maschili, ma si sentiva in dovere di sostenere questa
richiesta con la certezza che la presenza delle donne avrebbe garantito
un mondo migliore.>>(pag.279)
L 'attesa messianica delle donne del primo Novecento ha preceduto la concretissima
aspettativa con cui le donne guardano verso le proprie simili. Nella Soroptimist
si comincia a pensare che le donne non siano solo soggetti deboli che
vanno difesi. << Le donne sono: portatrici di capacità umane,
di possibilità di scelte fondamentali e anche di sviluppo economico,
che è giusto aiutare e sostenere nel cammino della realizzazione
di sé.>> (pag.283)
All'origine di questi movimenti troviamo, infatti, donne tutto meno che
indifese.
Elena Blavatsky è la fondatrice della Società teosofica,
nel 1875, associazione nella quale spiccava la forte impronta del femminismo;
è l'antesignana di donne autorevoli e potenti, vere leaders come
la sua successora Annie Besant. Esse si distinguono nello spazio di un
secolo e mezzo non solo per l'attività associativa fervente, anche
per la partecipazione alla vita civile e politica del proprio tempo.
La tensione delle donne al rinnovamento e la speranza di origine romantica
che gli uomini ripongono in esse, nasce intorno a motivi che accomunano
gruppi diversi. Pratica spiritica, ricerca e comunicazione con l'essenza
vitale e invisibile che anima la materia, religiosità laica e liberamente
condotta sul confronto razionale delle religioni rivelate sono componenti
ideologiche di queste aggregazioni. Le donne sono fautrici del libero
pensiero, e spesso organizzatrici attive dell'assistenza sociale alle
minorenni, alle donne indigenti. Il libro cita scritti, e soprattutto
delinea appartenenze inaspettate e forti relazioni fra donne che testimoniano
questo terreno di scambi.
Una data
importante è il Congresso del 1908, al quale confluirono le organizzazioni
italiane del movimento delle donne. E' una data che segna il calo di partecipazione
e consenso del movimento femminile borghese e laico.
Commenta Lucetta Scaraffia: <<La Pieroni Bortolotti (N.d.R. Franca
Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892,
Einaudi, 1963, reprint, 1975) aveva visto la ragione di questo ripiegamento
(N.d.R. del femminismo laico moderato) nella sconfitta del 1907, quando
era stato negato il voto alle donne; invece è molto probabile che
un peso uguale, se non maggiore, l'abbia avuto l'atteggiamento ostile
verso il cattolicesimo rivelato dal voto sull'insegnamento della religione.
Da questo momento infatti la Chiesa decise di combattere una vera e propria
battaglia contro un femminismo che si caratterizzava decisamente ostile
al punto di vista cattolico, creando associazioni alternative che riconoscevano
infine alle donne un ruolo positivo all'interno della società cattolica.
>>(pag. 111)
In sede congressuale
avviene la spaccatura fra i 35 gruppi appartenenti all'ambito femminile,
i 32 all'assistenza e beneficenza e i 7 cattolici. Motivo di più
forte conflitto è la piega anticristiana che sta prendendo il femminismo
laico. Le socialiste portano al convegno un emendamento per l'abolizione
dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari, le laiche propongono
un insegnamento comparato, ispirato alla filosofia e al programma teosofico,
le cattoliche, anche se moderniste erano d'accordo per mantenerlo.
La Chiesa che in La Civiltà cattolica aveva affrontato già
il tema del rapporto delle cattoliche con il femminismo, adesso si trova
davanti due nemici che minacciano l'unità, l'ateismo delle socialiste
e <<la concorrenza della teosofia>>.
Con sguardo
attento e anche critico, Anna Maria Isastia racconta invece la storia
dei clubs Soroptimist, estendendo la narrazione su vicende specifiche
e testimonianze italiane. Al Convegno del club di Roma del 1999 è
proprio lei la Presidente.
Soroptimist è un'associazione apolitica e vi si entra sottoscrivendo
principi che si richiamano all'amicizia, al servizio e alla pace. Allo
stesso tempo il tema del Convegno del 1999 è Le donne nelle forze
armate italiane. Diritto o dovere? E' un impegno contraddittorio verso
questa speranza di pace, anche perché - come ci tiene a dire la
studiosa, esperta di storia militare - questo convegno si è svolto
<<in piena collaborazione con il Ministero della difesa e ha sicuramente
contribuito a imprimere una spinta finale all'approvazione della legge
[
] per l'istituzione del servizio militare volontario femminile,
attesa da decenni da migliaia di giovani donne italiane>>. Ricordo
che invece le iscrizioni ai corsi per le ufficiali sono così scarse
che sono in forse i corsi nei prossimi anni. Comunque Soroptimist esordisce
con grandi speranze nel progresso mondiale. <<L'ottimismo che costituisce
l'atteggiamento base delle socie ben rappresenta questa speranza di migliorare
il mondo attraverso una serie di azioni positive ma anche di esempi di
vita>> (pag. 122). La nascita avviene in California nel 1921, fondatrice
Adelaide Goddard (con l'inventore del Rotary club Stuart Morrow che vendeva
il brevetto del club 'di servizio').
Figura rappresentativa di questi anni è Violet Richardson.
La struttura portante dell'associazione internazionale è la rete
dei clubs; collettivi che si differenziano con i movimenti femminili e
femministi, quindi, anche perché fanno capo a organismi direttivi
e figure dirigenziali ufficiali e elette.
Il logo che le identifica è in stile liberty, ancora in uso. L'autrice
è Helena Gamble, realizzazione di Anita Houtz Thompson nel 1928.
Nel disegno vediamo <<una giovane donna in peplo con le braccia
alzate a mostrare la scritta Soroptimist. Alle sue spalle i raggi del
sole, a destra un serto d'alloro, a sinistra una ghirlanda di quercia.>>
(pag.153).
Alda Rossi de Rios fonda nel 1928 il club Soroptimist di Milano, il primo
d'Italia, e ne è anche la presidente. Ormai settantenne, nel 1948,
rifonda il club milanese sempre in compagnia di Suzanne Noel, la storica
presidente della Federazione Europea, una figura interessante, fra le
prime chirurghe plastiche, attiva già negli anni '20.
In Italia, nel 1934, erano stati sciolti i clubs. Il Testo Unico delle
leggi di Pubblica Sicurezza del 1931 vietava con l'art. 211 di promuovere,
costituire, organizzare o dirigere associazioni di carattere internazionale
senza l'autorizzazione del Ministro degli Interni.
Oggi la tradizionale e puntigliosa affermazione di apoliticità
dell'organizzazione è stata corretta. La presidente mondiale Jane
Zimmerman ha recentemente domandato alle socie di tradurre le parole in
azioni positive <<Allora nel XXI secolo lanciamoci nella politica>>
(pag.172)
E' all'ONU dove la Soroptimist, che annovera oggi circa 98.000 socie in
tutto il mondo, ha un posto stabile di consulenza. Ammessa all' Unesco
nel 1948 con potere consultivo, entrò successivamente a far parte
di tutte le agenzie delle Nazioni Unite. Nel 1979 fece domanda al Consiglio
economico e sociale dell'ONU per il passaggio alla 1a categoria con status
consultivo, la posizione più elevata per un organismo non governativo
E' interessante scoprire la diversità fra le italiane e le americane.
Per farsene un'idea sono citate nel libro la promessa che le soroptimiste
recitano in Arizona e una di quelle che gira fra le italiane. Quella delle
italiane fa pensare a una preghiera correttiva dell'altruismo delle americane.
Cito qualche passo: <<Prometto di aderire agli ideali del Soroptimist
ed in particolare ai principi dell'amicizia fra le socie, dell'etica nell'operare,
del servizio in favore del prossimo>>(pag. 235) dicono le italiane:
<<Signore, preservami dalla fatale abitudine di credere che su tutto
e in tutte le occasioni abbia io qualcosa da dire. Liberami dal desiderio
ossessionante di mettere ordine negli affari altrui.>> (pag. 236)
I clubs fino al 1972 sono isole non coinvolte nella vita civile italiana.
Mentre infuriava la polemica sulla legge del divorzio fra il 1968 e il
1972, il Comitato invita le sorelle ottimiste a <<studiare il turismo
nei suoi aspetti meno appariscenti, ma più intimamente connessi
alle finalità soroptimiste>> (pag.212) Nello stesso tempo
si percepisce, nelle testimonianze che il libro raccoglie, l'emozione
di queste donne che si ritrovavano negli anni '50. Marcella Masoero, come
altre, dice che <<hanno il ricordo vivissimo della voglia di "fare"
di allora, dell'ottimismo di quel periodo, della calda amicizia che legava
quelle donne>> (pag. 221).
Nel 1972 Firenze ospita il 50° consiglio nazionale delle delegate
Renata Malaguzzi Valeri la nuova presidente nazionale impone una svolta.
Assessora all'assistenza, poi giudice onorario presso il Tribunale dei
minori di Bari, commissaria prefettizia all'Opera Nazionale maternità
e infanzia, aveva dedicato la sua vita ai giovani. Vediamo così
che le soroptimist mentre si formano le Regioni entreranno a fare parte
delle Consulte femminili nelle varie città e intanto nel 1972 si
impegnano sulla riforma del diritto di famiglia presentando due modifiche
in Parlamento per favorire la parità fra moglie e marito.
Tuttavia veniamo a sapere che una crisi forse irreversibile dei clubs
italiani inizia negli anni '70 a Milano e si estende agli altri centri.
E' una crisi generazionale, percepibile dove alla voce finanziamento la
disponibilità delle nuove socie pare piuttosto bassa. La 'fiamma
sacra' della generazione degli anni '50 e '60 si concretizzava anche in
impegno a sborsare di tasca propria per aiutare i clubs a eccellere.
Questa indagine
mi porta a fare qualche considerazione. L' 'aspetto più rivoluzionario
di queste associazioni, è stato - a mio parere - il patto di solidarietà
fra donne, nelle professioni e nei settori pubblici della vita sociale.
Il fatto che queste associazioni si siano fondate sul separatismo - per
quanto morbido - dichiara preferenza verso il proprio sesso, per quanto
in clima di ostentata amicizia femminile e non femminista. A chi come
me si chiede, di conseguenza, quale patto circolasse fra le soroptimiste
risponde Irene Brin. La grande giornalista che si firmava anche con lo
pseudonimo di Contessa Clara, all'inizio degli anni Cinquanta delineò
il clima dell'associazione:<<Un'ora basta alle Ottime Milanesi Ottimiste,
e hanno sistemato insieme affari e amicizia. Massoneria? E' una grossa
parola per definire un aiuto sottile, discreto basato piuttosto sulla
solidarietà morale che non sulla complicità materiale. Tutte,
è certo, correranno ad applaudire l'attrice Ottima e Ottimista.
Ma nessuna, è altrettanto certo, chiederà alla Ottima e
Ottimista Miliardaria di accordarle un prestito o una garanzia. >>(pag.
194)
Premi, borse di studio, aiuti e solidarietà durante la guerra,
ben prima che si muovessero le relazioni internazionali fra stati, lo
scambio di ospitalità sono i risultati concreti delle relazioni
associative, su un arco di tempo di più di ottantanni. Costante
è stato l'impegno sociale come la campagna che si conclude nel
2003 contro le mine antiuomo.
Poco sappiamo, però, sui patti concreti e anche professionali fra
le donne stesse. Il libro ci dice che è sul piano simbolico-esistenziale
dove è più riconoscibile la storia della Soroptimist. <<L'impianto
in Italia di una associazione che aveva tra gli scopi statutari l'amicizia
tra le socie rappresentava una novità di grande significato. Non
doveva essere la religione o la politica o l'attività di volontariato
o lo spirito di emancipazione il collante che legava tra loro un gruppo
di donne, ma una personale predisposizione dell'una verso l'altra, l'affetto,
lo stabilire valori e norme di comportamento comuni per libera scelta.
>> (pag. 185)
Le modificazioni delle vita delle donne passa quindi attraverso la relazionalità
femminile. Nonostante la premessa, è la stessa autrice a considerare
queste pratiche: emancipazione. Gli incontri della Soroptimist sono quasi
sempre avvenuti nelle sale degli alberghi e nei ristoranti. <<Entrare
e uscire da sole da un ristorante non era usuale per delle signore nell'Italia
benpensante dei primi anni cinquanta. [...] Eppure si trattava di una
scelta importante e significativa. le donne si sono sempre riunite, in
tutte le epoche e in tutte le culture, ma in luoghi chiusi, separati,
privati, si trattasse di veglie contadine o di salotti borghesi. [...]
Anche le sedi in cui si incontravano le iscritte al CIF o all'UDI costituivano
in un certo senso uno spazio separato e protetto>> (pag. 192-193)
<<La storia della Soroptimist è stata anche, e forse soprattutto,
la storia della progressiva emancipazione di tante donne della provincia
italiana, dal nord al sud alle isole, appartenenti non più a grandi
e blasonate famiglie, ma a nuclei piccolo-borghesi. Per loro la cooptazione
nella grande associazione internazionale, l'incontro con donne importanti,
la possibilità di viaggiare con impegni associativi, l'opportunità
di venire a contatto con personaggi pubblici di primo piano, attraverso
e grazie al Soroptimist, ha rappresentato un momento di crescita tutt'altro
che irrilevante. In provincia l'associazione si è diffusa in strati
sociali meno elitari assumendo, non di rado, il ruolo di mediatore tra
le donne, la società, lo stato. >>(pag. 216)
Mi farebbe piacere e penso sia necessario leggere un'altra storia - mi
auguro altrettanto gradevole - che raggiunga gli 'archivi' interiori delle
donne nelle associazioni borghesi. Il giudizio delle storiche ci porta
fino a qui: a considerare l'emancipazione femminile. Tuttavia rimane il
dato di fatto che le donne si scambiano pratiche, non a senso unico, che
vanno dal centro alla periferia e viceversa, fra donne di ceti diversi
e con l'altro sesso. Questa è però un'altra storia non ancora
scritta e che tiene in secondo piano, come un fatto scontato, l'emancipazione.
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