(iN) europa
Luglio 2010
L'emancipazione
delle donne tra il '68 e il femminismo I
ricordi di Laura Minguzzi, presidente del Circolo della Rosa di Milano (tgr)
Il '68 è stato l'inizio, le donne hanno fatto il resto. Quando scoppia
la contestazione nelle piazze, il femminismo comincia quel lungo processo di autocoscienza
che si afferma, come movimento autonomo, durante tutto il decennio successivo.
"Ricordo quando, nel 1969, occupammo la Cà Foscari a Venezia -
ci racconta Laura Minguzzi, presidente del Circolo della Rosa di Milano - in quel
periodo il movimento di contestazione vedeva un vasto appoggio femminile. Poi
qualcosa cambiò, noi ragazze sentivamo il bisogno di trovare una nostra
strada, di ripensare a una nostra identità. Ricordo che lottavamo per
uscire la sera, per stare in gruppo solo tra donne, per ricavare un posto tutto
nostro in cui parlare e capire chi eravamo davvero. Questo fu l'inizio di un percorso
lungo e per certi versi doloroso che vide l'allontanamento di molte di noi da
fidanzati, padri e fratelli, che provocò rotture profonde". Era
l'inizio di quel percorso di autocoscienza femminista che avrebbe traghettato
il movimento alle manifestazioni di piazza, alla legge sull'aborto e all'affermazione dei
diritti delle donne. "Io stessa per molto tempo sono stata da sola, non
ho avuto un fidanzato, né rapporti sessuali - prosegue Minguzzi - E' stato
come un momento di separazione totale, di pulizia da quello che era "il dover
essere": dover essere figlia, poi moglie, poi madre in un percorso già
segnato dalla società, con un destino già previsto. Partimmo dal
concetto di sé, ascoltando i desideri e le aspettative della propria interiorità,
della propria vita". Una separazione trasversale da tutto ciò
che rappresentava la tradizione, da quel che era stato imposto. "Nessuna
voleva più fare figli, né pensare al matrimonio; tanto che numerosi
negozi di abiti da sposa fallirono in pochi anni". Una discussione a tutto
tondo sulla società patriarcale, sino alla coscienza del desiderio femminile.
"Si analizzò per la prima volta il piacere sessuale anche grazie a
testi come "La donna clitoridea e la donna vaginale" di Carla Lonzi.
Questo tema in particolare mandò in crisi l'uomo che non riusciva a concepire
che anche la donna fosse protagonista del sesso". Un tema delicato su
cui le femministe giunsero a una vittoria a metà fu la legge sull'aborto
per la quale chiesero la depenalizzazione del reato. In Italia, infatti, il Codice
penale di origine fascista vietava l'aborto come "delitto contro l'integrità
e la sanità della stirpe". "La posizione femminista è
stata a volte confusa con quella radicale - spiega Laura Minguzzi - La nostra
idea partiva proprio dal concetto che la donna e la sua sessualità andavano
oltre ciò che la legge poteva regolamentare. Approvare una legge sull'aborto
voleva dire ammettere che la procreazione era ancora sottoposta allo Stato e non
alla donna". Proprio per questo alcune femministe definirono la legge sull'aborto
"il più violento mezzo di controllo delle nascite". CHI
E' (tgr) Laura Minguzzi nasce a Ravenna nel 1949. Studia a Venezia, a Mosca
e a Varsavia. Si laurea alla Cà Foscari con una tesi sui Movimenti femminili
e femministi nella Russia della seconda metà dell'800. Dal 1977 insegna
Lingua e letteratura russa in varie città italiane, tra cui Bologna, Parma
e Milano. Oggi insegna Lingua e letteratura francese, come passione seconda, dopo
il crollo del sogno comunista. A Milano, al liceo Virgilio ha organizzato nel
1999-2000 un Seminario di autoaggiornamento sulla "Sapienza femminile e la
didattica della relazione autoriale: una pratica e i suoi testi". Collabora
con la Libreria delle donne di Milano e dal 1991 è presidente del Circolo
della Rosa. Collabora alla rivista della Libreria delle donne, Via Dogana, che
ha inizio nel 1996.
|