In 40 mila contro la riforma della scuola. Genitori e insegnanti: il tempo pieno non si tocca. Chitarre, megafoni e striscioni lungo il percorso «Siamo senza leader e senza sigle»
Sacchi Annachiara
La «Rete» ha funzionato: 40 mila mamme, papà, maestre, bambini e ragazzi hanno aderito all’ appello diffuso via Internet oltre un mese fa e invaso, ieri pomeriggio, le strade del centro per difendere il tempo pieno. Due fiumi di persone con chitarre, megafoni, striscioni, fischietti, maschere, sono partiti alle 15 da piazza Sant’ Eustorgio e Porta Venezia con i loro bambini. Uomini e donne di tutti gli schieramenti politici, nonne, i ragazzi dei collettivi studenteschi (gli stessi che ieri mattina hanno manifestato da largo Cairoli), precari, bidelli, signore in pelliccia, ex sessantottini, maestre in pensione, personaggi dello spettacolo (da Claudio Bisio a Michele Mozzati), insegnanti di sostegno («che ne sarà dei piccoli disabili?», si domandava Ornella Gandini, docente all’ elementare Clericetti), consiglieri comunali Ds. «Siamo senza leader e senza sigla – spiegavano ieri i rappresentanti del movimento per il tempo pieno, organizzati nel sito Retescuole.net -, ci unisce solo l’ amore per la nostra scuola». Una lunga passeggiata (mentre i primi raggiungevano la piazza, gli ultimi partiti erano ancora in via Palestro), e poi tutti in piazza Duomo, dove la protesta – gioiosa e colorata – è esplosa. Primi ad arrivare, gli insegnanti delle scuole medie a indirizzo musicale che hanno aperto la manifestazione con l’ aria del Nabucco, e poi via, con gli slogan e decine di striscioni colorati preparati dai bambini durate l’ occupazione di venerdì. Tutti pronti a dare una mano: il camioncino dei collettivi con le canzoni per i bimbi (non i soliti Inti Illimani ma «Per fare un albero ci vuole il fiore» e altre filastrocche), le mamme munite di scotch che appendevano ovunque biglietti di San Valentino (da «Io amo la scuola pubblica» a «Le mie maestre vogliono continuare a lavorare insieme»), i genitori delle scuole della zona 8 che trascinavano un enorme Pinocchio («sono le bugie della Moratti»), i papà della Bacone che vendevano le spille gialle «antiMoratti» per finanziare la Rete, i bambini della Bacone (con un dragone di cartapesta a guidare la delegazione) che distribuivano volantini informativi («il tempo pieno non si tocca»), neonati in carrozzina con la scritta (sulla coperta) «sono qua per imparare cos’ è la democrazia». «Grazie, ministro Moratti – gridava dal megafono Antonella Lo Consolo, mamma della scuola elementare Cesari – per averci fatto scoprire quanti siamo, e come siamo determinati a combattere la nuova scuola». Poi i girotondi attorno alla direzione scolastica regionale, in piazza Diaz, l’ abbraccio della scuola e la gioia per il risultato ottenuto. «Siamo almeno in 40 mila – commentava Michele Corsi, uno dei promotori – e dire che ci siamo dovuti organizzare con il passaparola. Ma finalmente la gente si è resa conto di essere stata truffata». Ancora: «Il ministro deve tener conto di manifestazioni come la nostra, spontanea e trasversale, non può continuare a dire che gli italiani vogliono la riforma della scuola». E la protesta non si ferma: per sabato prossimo è prevista una nuova assemblea del forum («vogliamo coinvolgere di più i ragazzi delle superiori e andare oltre Milano, raccogliendo adesioni da altre città italiane»), in vista della manifestazione di Roma del 28 febbraio (indetto da Cgil, Cisl e Uil) e di quella dei Cobas del primo marzo. Annachiara Sacchi 100 LE SCUOLE di Milano e dell’ hinterland che hanno partecipato alla manifestazione di ieri pomeriggio 40.000 I MANIFESTANTI che ieri hanno partecipato al corteo per il tempo pieno (20 mila secondo la questura) GLI SLOGAN Quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due van contro la Moratti in fila per sei col resto di due O mangio con la maestra, o mi butto dalla finestra. Le mie maestre vogliono continuare a lavorare insieme Le bugie hanno le gambe corte, la scuola il tempo pieno. Cara Letizia, 27 + 3 + 10 non è = a 40 Scelgo la scuola a tempo pieno e all’ improvviso non si può più. Una ministra italiana con la sua legge la butta giù Caro Dutto, lo sai che nella mia scuola l’ inglese lo facciamo già da tanti anni? Io amo la scuola pubblica!