Vittorio Longhi
Partirà in primavera la nuova campagna globale contro gli abusi della Coca-cola. La rete internazionale di associazioni che da anni denunciano i crimini della compagnia ha scelto il mese di aprile per avviare manifestazioni, eventi e azioni di boicottaggio. Proprio negli Stati uniti, con il sostegno dei metalmeccanici di Uswa, è prevista una serie di conferenze “Speaking tour” sulla politica antisindacale in Colombia e sui danni ambientali in India. «Sarà un anno difficile per la Coca-cola» annuncia Amit Srivastava, dell’India Resource Center. «Hanno avuto molto tempo per adottare un comportamento diverso, etico – aggiunge – ma finora si sono limitati a fare pubbliche relazioni, tentando di nascondere i problemi». Dalle conferenze che toccheranno le prestigiose New York university e il Massachusetts institute of technology, si arriverà a una grande manifestazione di protesta, il 19 a Wilmington, nel Delaware, dove è prevista la riunione annuale degli azionisti Coca-cola. Il coinvolgimento delle università americane è forse la novità più importante dell’azione globale di boicottaggio, soprattutto dopo che alcuni movimenti studenteschi, analogamente a quanto sta avvenendo in Italia, sono riusciti a bandire dai distributori automatici e dai caffè le bevande del gruppo, tra cui – lo ricordiamo – ci sono anche Fanta, Sprite, Nestea, Bonaqua, Kinley, Beverly, Minute Maid, Powerade, Ice Lemon. È successo nel campus dello Union theological seminary di Manhattan e alla Rutgers university con l’adesione alla campagna di oltre 50 mila studenti. Lo stesso giro di conferenze attraverserà gli atenei britannici e, anche in questo caso, il coinvolgimento del sindacato è determinante: la maggiore sigla del pubblico impiego, Unison, ha già annunciato un’intera settimana di iniziative.
Il consenso alla lotta contro le violazioni di diritti umani si estende anche grazie all’azione delle organizzazioni del nord e dei movimenti nel sud del mondo. Negli stessi giorni dello Speaking tour, infatti, si celebrerà in India la vittoria della piccola comunità di Plachimada, nel distretto di Palaghat, nel Kerala, che un anno fa è riuscita a far bloccare dalla Corte suprema l’estrazione di acqua in uno dei 52 stabilimenti del gigante americano. La mobilitazione di aprile farà eco alle proteste che le donne di Plachimada tengono da tempo contro il prosciugamento delle falde acquifere e che questa settimana sono state rinnovate per la giornata mondiale dell’acqua. É nei paesi come l’India che i gravi danni ambientali si sommano e si intrecciano più direttamente a quelli sociali: l’attività degli stabilimenti che pompano acqua dalle falde, infatti, sottrae quantità enormi di prezioso “oro blu” ai più poveri, visto che per fare un litro di Coca-cola sono necessari ben nove litri di acqua potabile. Inoltre, secondo gli ecologisti, i rifiuti tossici prodotti verrebbero dispersi nell’ambiente o rivenduti ai contadini come fertilizzante, senza parlare della qualità delle bevande che conterrebbero livelli di pesticidi 30 volte superiori a quelli permessi in Europa. Ma gli abusi più impressionanti restano quelli della Colombia. Da lì sono partite la rete e la campagna globale antiCoca-cola per le denunce dei sindacalisti del Sinaltrainal, da sempre vittima di intimidazioni, rapimenti, torture e omicidi commissionati ai gruppi paramilitari. Tuttavia, dopo anni di impunità sotto il governo Uribe, sembra che il Sinaltrainal si stia finalmente prendendo qualche rivincita. Alla fine di novembre i giudici colombiani hanno riconosciuto la libertà di organizzazione e lo statuto del sindacato, nonostante la Coca-cola ne avesse presentato richiesta di revoca. Con la complicità del ministero del Lavoro quella revoca era stata concessa, negando alla sigla anche il diritto di appello. «Questa sentenza dimostra che non è facile annientarci, nonostante la prepotenza della Coca-cola e del governo – ha commentato il leader sindacale Luis Suarez – e che la solidarietà internazionale ci rende più forti».