Società. Oggi gli uomini fanno autocoscienza. Più fragili e introspettivi cercano maggior complicità con le donne. E a loro è dedicata una nuova serie tv.
Carlotta Mismetti Capua e Alessandra Baduel
-Si mettono in discussione, si confidano fra loro, si emozionano in gruppo, alla ricerca di una virilità che non sia violenta, un modo diverso di essere, amare, avere rapporti. In Italia i gruppi di autocoscienza maschile esistono da oltre un decennio e sono nati dalla politica, dagli studi sul gender o dalle pratiche evangeliche.
Non si fanno pubblicità: questi signori si vedono quasi di nascosto, non troppo convinti di poter essere capiti. Pochi mesi fa però hanno organizzato un incontro aperto a tutti, a Roma, per prendere posizione contro la violenza sulle donne.
Quella giornata ha dato i suoi frutti, creando contatti e aprendo nuovi scambi sulle tematiche che già stavano collegando i vari gruppi sparsi per l’Italia. Fra insegnanti, sociologi, disoccupati, valdesi, cristiani di base, compagni di ex femministe, questi uomini sono qualche centinaio. Puntano tutti alla consapevolezza. Dunque al cambiamento.
Per Marco Deriu, di Parma, il passaggio più importante è stato capire quanto sia difficile parlare “da uomini”. << Siamo abituati a pensare in maniera neutra >>, riflette, << in termini universali, generali: siamo educati a essere l’unico genere, quello dominante, e abbiamo fatto un grande sforzo solo per capire che siamo un genere tra i generi>>. Questa prima consapevolezza porta gli uomini diritti verso i bisogni, i desideri, che – scoprono – sono diversi tra uomo e donna e tra uomo e uomo. Deriu si sente migliorato. << Ma nel tempo>>, spiega, <<lentamente. Tutti noi del gruppo avevamo avuto esperienze di coppia conflittuali, delusioni. Io cercavo una qualità delle relazioni, l’ho trovata. Ho imparato che bisogna anche sentire e accettare il mistero dell’altro. Invece noi, gli uomini, siamo educati a penetrare, a violare l’intimità>>.
Per Lele Galbiati, del gruppo di Seveso, in provincia di Milano, il passaggio più difficile è stato quello sulla violenza.
<<Riconoscevo un istinto di genere >>, racconta, <<è un segnale magari flebile, ma che c’è sempre negli uomini: una volta rotto quel muro, una volta cambiata quella modalità violenta di comunicare, che porta anche alla competizione, ho scoperto negli altri dei complici, degli alleati. E la libertà di chiamare un amico, se ti senti giù di morale. Un gesto che per noi non è una cosa scontata>>.
Enzo, 45 anni, insegnante di Viterbo, è entusiasta dello slogan usato all’incontro di Roma: “Uomini, la liberazione più difficile”. Commenta: <<Forse perchè riguarda una confessione, quella della debolezza. E agli uomini manca il coraggio, ma soprattutto manca la grammatica delle emozioni>>.
Stefano Vinti, lavorando nel “Cerchi degli uomini” di Torino, ha imparato a partire da sé. E subito precisa: <<Parlare di noi dal di dentro, come fanno le donne, non ci viene naturale. Con nessun argomento, nemmeno se parliamo di filosofia o di amore. Farlo in maniera personale, non astratta né superficiale, non è facile. I cambiamenti arriveranno, ma tra un paio di generazioni. Noi siamo i pionieri, quelli che sono stati educati da un padre maschilista e che devono imparare per primi un modo nuovo di essere padri e compagni per poi insegnarlo ai figli. Il cambiamento culturale c’è già stato, ma quello che passa dentro, che resta nella testa, nei cuori è una cosa che va più piano: c’è ancora da lavorare tanto >>.
Ma qualcuno, come Michele Lanubile, intorno a queste tematiche sta già lavorando alacremente: lasciato dalla moglie, si è messo a scrivere e a prodotto uno sceneggiato in stile Sex & the City, raccontando le storie di quattro giovani uomini italiani partendo dalla crisi di uno di loro, Claudio, abbandonato (guarda caso) dalla compagna. Michele Lanubile ha affrontato così la sua crisi esistenziale, comportandosi come molti scrittori ma anche applicando di fatto la regola numero uno del femminismo anni settanta, in cui proliferava l’autocoscienza delle donne: ” Il personale è politico”. Ovvero è vita pubblica. Così non appena “Maschi in trincea” troverà un produttore – sembra molto presto – l’esperienza personale dello sceneggiatore diventerà spunto di riflessione collettiva. Con tanto di sedute della Cam, la Compagnia di Autocoscienza Maschile in cui si riuniscono i quattro personaggi principali. Quello però non è uno spunto autobiografico. Mentre lo è, di nuovo, un altro personaggio, Chiara, che con Claudio avrà un ruolo cruciale. Negli anni Settanta Michele Lanubile era al liceo, al fianco di ragazze che in quei tempi in Italia scoprivano il femminismo. <<Ogni incontro con la fidanzata >>, ricorda, <<nascondeva un’incognita: dopo aver parlato con lei, come mi avrebbero guardato le sue amiche a scuola? Era una grande, permanente esame del mio essere maschile. Io, non avendo ancora un mio modello, cercavo di aderire al loro>>. Quel modello è tornato utile allo sceneggiatore quando, separato, si è trovato davanti un’altra trincea, le trentenni. << Mentre gli uomini devono ancora fare tutto il percorso >>, spiega, <<le nuove donne che ho incontrato sono in una fase successiva alla prima, di sviluppo della loro femminilità. E mi chiedevano di essere consapevolmente diverso. Ma io non lo ero affatto>>, Deciso ad affrontare il problema, si è concentrato nella ricerca di una propria identità di genere. Memore, anche qui, delle compagne di scuola e del loro libro di culto, Noi e il nostro corpo (da poco riedito negli Stati Uniti) è partito dalla fisiologia maschile per arrivare poi all’incapacità di vedere i bisogni, di gestire le emozioni, << che gli uomini ignorano, e invece sono un prodotto di ormoni e neurotrasmettitori: se non le vedi, esplodono>>, In “Maschi in trincea” Lanubile ha usato il suo percorso per creare il “politicamente scorretto” Aurelio, il “mammone romantico” Massimo, e Tullio, “il gentiluomo delicato”. Tutti in crisi con le donne e riuniti spesso a parlare con Claudio, che però trova una sua via nell’amicizia amorosa con Chiara, donna “non belligerante” disposta ad aiutare.
La mappa dell’identità di genere
ROMA – Maschile Plurale. E’ un gruppo storico, che si incontra ogni settimana. Il contatto è Stefano Ciccone, tel. 0672594896
MILANO – Un “unione” appena nata. Il contatto è Umberto Varischio tel. 0238001299
TORINO – Uomini di Torino lavora su empatia e comunicazione personale. Stefano Vinti è il contatto, tel. 339.3092856
Uomini di Agape – include etero e gay e organizza un seminario nazionale. Contatto: Daniele Bouchard, www.agapecentroecumenico.org
BOLOGNA – Maschile Plurale. Lavorano con il metodo autobiografico. Per ulteriori informazioni rivolgersi a Sandro Bellassai, tel. 051377288
PARMA – Il Circolo della differenza è un insieme misto di uomini e di donne. Referente: Marco Deriu, tel. 3385243829
VERONA – Gruppo che lavora su testi, notizie di giornali e politica. Il referente è Giacomo Mambriani, tel. 333-2752706
SEVESO – Sono amici legati da comuni esperienze politiche e impegnati nel volontariato. Si incontrano in case private, Il referente è Lele Galbiati tel. 0362500891
PAVIA – Legati all’associazione Diogene, sono “guidati” Cesare Del Frate, tel. 349.4201349