25 Novembre 2005
Liberazione

I centri antiviolenza,un oblò sul lato oscuro delle nostre società

Emanuela Moroli

Maschi, perché uccidete le donne?” Non c’è domanda di più stretta attualità.

Tra ieri e l’altro ieri ne hanno uccise altre tre e in modo brutale, con odio, con furia. Non è una novità.

 

Chi affronta dall’interno l’universo della violenza maschile perché ha scelto di operare nei Centriantiviolenza (in Italia ce ne sono più di cento un vero movimento di donne che non accettano l’inevitabilità della sopraffazione) guarda il mondo da un oblò che si affaccia sul lato nascosto e oscuro delle nostre società, è un oblò sull’universo culturale degli uomini, dei tanti uomini che ancora ritengono di avere avuto mandato dalla Storia per addomesticare, segregare, sopraffare, le donne che a vario titolo entrano nella loro vita.

 

E’ un oblò straordinario e terrorizzante. Vi si scorge l’inferno di famiglie costruite sulla minaccia e la paura; ci si rende conto che ovunque si volga lo sguardo, nelle piccole comunità come nelle metropoli, nelle ville dei benestanti come nelle case popolari, nelle città italiane come nei villaggi del Magreb o nei territori del Medio oriente, lo scenario è simile: mariti, conviventi, padri, fratelli, parenti che con la violenza deturpano l’esistenza di donne che, a loro volta, ritengono di essere predestinate dalla propria condizione femminile al ruolo di vittime.

 

Cerine Ebadi, l’avvocata iraniana premio Nobel per i diritti umani ripete che le donne «sono un solo popolo, sparso ovunque nel mondo e hanno un problema che le accomuna e le collega le una alle altre, questo problema è la violenza che devono affrontare». La prima ragione di morte per le donne dai 16 ai 44 anni – ci comunica la ricerca del Consiglio d’Europa – non è il cancro, non sono gli incidenti, è la violenza dei famigliari più prossimi. Chi opera nei Centri antiviolenza conosce da oltre 10 anni questo dato e lo va ripetendo da convegno a tavola rotonda, da seminario a workshop e a tutti appare un dato ininfluente, da non inserire nella agenda politica, sul quale non soffermarsi. Poi un giorno per l’ennesima volta il dato emerge da una ricerca della Commissione europea e come in un corto circuito, improvvisamente questa realtà terribile e in penombra si illumina di un lampo e uomini di buona volontà si impegnano a scrivere qualcosa di intelligente, di civile, di emozionale su questo genocidio tollerato. Poi, inevitabilmente, torna il buio e gli uomini di buona volontà riprendono le loro attività convinti di aver fatto il proprio dovere di maschio evoluto.

 

E la palla torna alle donne, per fortuna che hanno imparato a giocare. Ogni epoca – secondo Heidegger, ha una sola cosa cui pensare. Una soltanto. La differenza sessuale – aggiunge Luce Irigaray – è quella del nostro tempo. Era 18 anni fa quando lo scriveva, ma era il ’900, il secolo delle donne. Oggi è in corso una controffensiva micidiale, ogni giorno un nuovo più preoccupante segnale: è di ieri “l’innovazione” dei militanti del movimento per la vita sguinzagliati nei consultori per tormentare donne già colpite da una scelta che è sempre lacerante.

 

E’ in corso una marcia per la riappropriazione del corpo delle donne, quel corpo che ha imparato a sottrarsi e a dire basta. Chi pensava di aver superato per sempre i confini della segregazione e dell’arbitrio oggi si ritrova a dover fare conti con una violenza che torna ad insinuarsi in ogni piega della propria esistenza, perché è violenza la Commissione parlamentare d’inchiesta che vuole indagare sul dolore delle donne attraverso la vivisezione della legge 194, è violenza la campagna scatenata contro la procreazione assistita, è violenza l’ostracismo dichiarato contro la presenza delle donne in politica, è violenza il tetto di vetro che non si riesce a sfondare; e queste violenze le incontriamo sulla stessa strada sulla quale via via incontriamo i datori di lavoro che molestano, i clienti delle prostitute, i padri stupratori, i fratelli segreganti, e gli assassini.

 

Ma non prendiamocela con loro. Sono solo i terminali di una società organizzata per minimizzare, occultare, segregare la violenza contro le donne. Ogni anno in Italia vengono uccise dalle 90 alle 100 donne per mano di un famigliare. Tutte ma proprio tutte, prima di essere uccise si sono rivolte a polizia, carabinieri, assistenti sociali, tribunali; ma le loro parole non hanno peso, le loro denunce vengono archiviate, si minimizza, si incoraggia la vittima a tornare dal carnefice, a sopportare, a “capire”. E muoiono. E i titoli dei quotidiani del giorno dopo si interrogano sul perché non è stata fermata in tempo la mano dell’assassino. E’ un copione senza senso che si ripete come in un incubo.

 

Oggi, 25 novembre è stata dichiarata la giornata mondiale contro la violenza nei confronti delle donne. E’ importante. Si alza il sipario su uno scenario di solito avvolto dal buio. Uomini perché uccidete le donne? Chi incontra ogni giorno le vittime sopravvissute ad anni di violenze, al rischio di perdere la vita, e si confronta con loro, può rispondere riassumendo: perché è la massima espressione della libido del dominio su un altro essere umano, perché è un dominio facile da raggiungere poiché di fronte non hai il nemico, ma una donna che accoglie, che è dialogante, che spera. Ma è una risposta insufficiente, non può bastare. Serve uno sguardo che guarda insieme al futuro e al passato.

 

Le donne come soggetto dotato di corpo, pensiero e diritti loro propri per millenni non sono esistite: lo hanno decretato i Codici, da Hamurabi al ’900. Unico protagonista della Storia il genere maschile, che ha creato Il linguaggio, il pensiero, la cultura che lo rappresenta e che ha definito universale. Così si dice: gli uomini sono tutti uguali e si sottintende anche le donne, che in questa affermazione vengono inglobate. Le donne con le loro specificità e differenza di genere non sono tenute presenti, sono semplicemente inserite in un universale neutro, che però non le descrive.

 

La Politica, la Religione, le Leggi sono rivolte alle persone intese come neutro universale: ma se c’è qualcosa di assolutamente falso è proprio la persona neutra, quella che non ha sesso. In realtà Politica, Religione, Leggi un sesso ce l’hanno, è quello maschile che le ha concepite e modellate su i propri bisogni e immaginari. L’esclusione dal mondo della cultura/ culture ha fatto delle donne vittime predestinate dell’arbitrio maschile che si è manifestato a volte con immagini d’amore a volte con la lama dell’assassino.

 

Ma sempre di più le donne che hanno attraversato il ’900, e che si sono dotate di una propria ottica, rifiutano di farsi raccontare dal pensiero e dal linguaggio degli uomini che hanno riservato loro solo ruoli nati dai propri personali bisogni. Ci sarà da attraversare il tempo di una recrudescenza di delitti di genere, perché le donne hanno imparato a rifiutarsi con determinazione ai ruoli imposti, a queste gabbie anguste e preconfezionate dentro le quale non intendono restare oltre.

 

Oggi 25 novembre, giornata per sanzionare la violenza contro le donne, ma anche giornata di sciopero generale, le donne, quelle ammazzate, quelle a rischio, quelle che dicono basta, quelle che lottano contro, quelle che hanno gli strumenti per non essere mai più vittime, tutte avrebbero molto gradito che fra i contenuti dello sciopero ci fosse anche una presa d’atto e una promessa di lotta contro questo genocidio diffuso. La sinistra avrebbe detto qualcosa di Sinistra. Peccato.

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