Riflessioni per un intervento alla Scuola di scrittura pensante di Luisa Muraro
di Sara Gandini
Lo scambio, la scrittura via Internet ha rappresentato nella mia vita una grande possibilità per fare politica in relazione. Io sono arrivata alla Libreria delle donne di Milano, il luogo a cui dedico la mia passione politica da 10 anni, grazie a poche sapienti parole di una professoressa che ha saputo incuriosirmi, spiazzarmi, mettere in discussione le mie certezze riguardo al femminismo e, da sapiente ragna, attirarmi nella rete della Libreria.
Poche parole lucenti, da parte di una donna autorevole, mi hanno messo in moto. E qui subito esce la questione: lo scambio via internet necessita una comunicazione veloce e bisogna imparare a scegliere con cura le parole. Ma anche ad usare “i silenzi”: quando e se rispondere, come dare valore alla non-risposta, alla sottrazione, come esserci con autorevolezza… Il contesto era quello della Rete civica di Milano che si basava su conferenze, scritte, pubbliche.
Nei social network la scrittura pubblica si intreccia con quella via mail. Uno degli aspetti che più mi ha attirato della scrittura per mail è quello della comunicazione in una relazione duale, caratterizzata da uno spazio intimo.
Si tratta di un linguaggio meno formale e più vicino ad un flusso di pensieri, di associazioni. Si tratta di una comunicazione spesso molto personale. Il fatto che la comunicazione dipenda dallo schiacciare un pulsante permette un’immediatezza difficile in altri ambiti.
La velocità dello scambio via mail e avere di fronte un video, e non l’altra persona, comportano la possibilità di essere più impulsivi, di prendere coraggio per vincere timidezze e paure, di scambiare a livello profondo, di abbassare le difese e conoscere le persone in una dimensione quasi magica, con una modalità che raramente si vive di persona.
La tensione a scrivere per l’altro, avendo di fronte un video, è segnato dalla possibilità di lasciarsi trasportare dallo sguardo dentro di sé e di mostrarsi con meno remore.
Alcuni di questi scambi sono stati per me grandi occasioni di conoscenza di me stessa, prima di tutto, per esplorare le mie contraddizioni, per mettermi in discussione.
In questo tipo di scrittura molte regole della lingua scritta saltano, come l’uso delle maiuscole ad esempio, e si comincia anche ad inventare modi più creativi di usarle. Per esempio urlare usando solo maiuscole.
Internet può portare anche a disimparare a scrivere perché si usano frasi brevi, spesso vicine al parlato, ma nella mia esperienza la necessità di dover comunicare, e farlo al meglio, mi ha spinto a mettere molte energie nella scrittura, a porre attenzione a quali modalità risultavano più aggressive, più comunicative, più efficaci.
L’urgenza di comunicare, di entrare in relazione è stato un in sé un impulso non da poco.
Per essere efficaci le nuove realtà di internet come Facebook permettono di intersecare strettamente il linguaggio scritto con immagini, video, musica. Le immagini interagiscono molto di più con la scrittura, che quindi può diventare più essenziale. L’esigenza di comunicare le emozioni, gli stati d’animo ha portato ad usare sempre più gli smileys: faccette disegnate attraverso la punteggiatura che rappresentano un modo per far entrare il corpo nella comunicazione. Oramai usare smiley è diventato essenziale per interpretare correttamente, perchè il linguaggio è molto vicino a quello parlato, ma senza l’aiuto della voce, della tonalità.
L’assenza del corpo pone la questione del neutro, di come segnare la differenza sessuale. Nei social network si adottano una serie di parole come amministratore, fondatore, responsabile, tradotte dall’inglese e solo al maschile, che fanno problema per chi vuole segnare il mondo con il taglio della differenza sessuale. E qui ci vogliono invenzioni, neologismi come il nostro WebMater per il sito della libreria delle donne.
È importante inventare dei modi per rinominare, per segnare, per significare… senza fare battaglie inutili con i vari amministratori come quelli della grande macchina di Facebook (FB). Nel gruppo Libreria delle donne che ho creato su FB ad esempio ho deciso di aggiungere io, al nome della amica con cui gestisco il gruppo, una specifica “fondatrice e amministratrice” che spicca vicino alla specifica di FB tutta al maschile, e segna simbolicamente molto di più di qualsiasi battaglia formale sulle regole.
Facebook è un social network che si basa sul mettere al centro del mondo la propria soggettivita’ (libro di facce), sull’idea di mettere la foto del proprio viso come firma su ogni cosa che si scrive. Altro aspetto cu sui si fonda basa è l’amplificazione all’infinito di “amicizie” che in realtà sono semplici contatti con persone sconosciute.
Quindi, in realtà, si tratta di un soggetto che parla di sé a sconosciuti, al mondo, con il rischio, la tentazione che attira molti, dell’esaltazione dell’ego e allo stesso tempo della dispersione nel nulla, negli infiniti modi che propone per annullare la mente in giochini alienanti, in test sciocchi su chi si è o su chi si vorrebbe essere, su quale animale o personaggio storico ci rappresenti.
Nascono ogni giorno mille cause da sostenere, mille appelli sui più svariati problemi socio-ecologico-politici, ideali per mettere a posto la coscienza di chiunque senza approfondire nulla. E così l’essere qualcuno o qualcosa, l’importanza di un evento, di una causa, dipende dal numero di firme: il numero di facce che sottoscrivono.
Il rischio è che l’aderire alle mie cause, fan club, gruppi diventi il proprio logo (vedi No logo della Klein), che la propria esistenza simbolica dipenda dal mettere la propria firma ad una certa causa gruppo: NoTAV, No Berlusconi…, per cui sei qualcuno in quanto appartieni sostieni determinati gruppi.
Inoltre c’è il rischio di semplificare il mondo stravolgendolo, così ad esempio la lotta contro la violenza maschile si trasforma in “eviriamo tutti i pedofili”…
Per partecipare a questi social network ci si deve iscrivere ma in realtà nessuno controlla e le persone hanno cominciato a giocare con le identità, iscrivendosi con altri nomi, mettendo qualsiasi tipo di immagine al posto della foto del proprio viso…
Scegliere chi si vuole essere, poter creare personalmente mille gruppi, test, cause, poter pubblicare tutto quello che si vuole implica che Internet sia un luogo libero come può sembrare? No.
Questa enorme macchina, con milioni di utenti, ha certamente aspetti inquietanti. Infatti può addirittura capitare che cancellino il proprio profilo da un momento all’altro per delazione di un qualche utente, senza che si possa fare nulla.
A me è capitato che mi cancellassero una foto di Francesca Woodman, perché infastidiva una donna che l’ha segnalata.
Si trattava di una foto di una donna incastrata tra le radici di un albero, la scusa è che si vedeva il seno di questa donna, in realtà è una foto inquietante e deve avere infastidito.
Così senza discutere è stata cancellata, nonostante ci fosse un gruppo su Facebook dedicato a questa fotografa in cui ci fossero mille altre foto sue con lei nuda.
Ho tentato di discutere con i gestori di Facebook e mi è sembrato di discutere con un qualcuno senza forma, che rispondeva con frasi standard, seguendo regole insensate, desideroso solo di evitare discussioni. Così ho deciso di ribellarmi a mio modo e ho rimesso la foto e non è più successo nulla.
Perché rimango in FB nonostante questi aspetti così inquietanti?
Perché ho conosciuto un sacco di donne, e alcuni uomini, che non avrei mai incontrato senza Facebook e con cui ci scambiamo documenti, poesie, articoli e filmati.
Donne e uomini interessanti che magari non incontrerò mai fisicamente nella mia vita, perché abitano lontano, perché fanno altre vite, ma da cui imparo e con cui sento affinità, un filone di ricerca simile. FB permette di scambiarsi materiali, informazioni e non dover dipendere dai media classici, permette di fare cultura e da la possibilità di sentirsi soggettivi vivi e creativi.
Ricordo ad esempio gli scambi partiti da un poesia della Cvetaeva, della Szymborska o le discussioni nate dai testi della Lonzi: che senso hanno le loro parole al giorno d’oggi? ci parlano ancora? ha senso parlare di uomini o donne, di differenza sessuale? Un mondo di riflessioni, di scambi che nasceva da parole lontane che ritornavano a significare.
Ovviamente la mia identità, la mia vita sociale, la mia politica non dipende da Facebook ma se si impara ad usare questi mezzi (che non sono solo mezzi) con intelligenza forse un’altra politica è possibile 😉