Pierangela Fiorani
Hanno fatto il loro valigino, ci hanno messo spazzolino, dentifricio, sacco a pelo. E un pigiama che ora è diventato un simbolo. Il simbolo della lotta contro la riforma Moratti. C´erano anche i professori l´altra notte nelle scuole di Milano che sono state occupate. Per i docenti è stato un po´ come tornare sui banchi. E gli studenti, per una volta, non si sono sentiti i disobbedienti che il giorno dopo sarebbero stati chiamati nell´ufficio del preside. E pazienza se stavolta saranno prof e capi d´istituto a dover dare a loro volta spiegazioni al provveditore Dutto. Ne avranno di cose da dire gli insegnanti al rappresentante del ministro. Le stesse che hanno raccontato l´altra sera durante quelle insolite lezioni notturne, quando erano proprio loro i protagonisti della lunga assemblea, non più sulla parte opposta della barricata, ma seduti accanto agli allievi, a bordo della stessa barca che sentono malferma. Fragili docenti accanto a fragili discenti. Ai loro ragazzi hanno confessato che è sempre più difficile fare il mestiere di professore. Hanno parlato delle speranze e delle loro delusioni che, per qualche ora, sono sembrate perfino un po´ più lievi da rievocare. Si era tra amici. Fuori dagli orari dei compiti in classe e delle interrogazioni. Gli uni con i capelli fatti grigi in attesa di un posto fisso, gli altri con i berretti calcati in testa anche al momento di stendere a terra il sacco a pelo. I ragazzi sono diventati un po´ più adulti l´altra notte. Non si è parlato di latino, né di matematica, è vero. Si è parlato della vita, e della fatica quotidiana di insegnanti che sono stati studenti e che sono a loro volta genitori. Si è parlato di insegnanti-padri e di insegnanti-madri che hanno a che fare con una scuola che, dalle materne all´università, denuncia molte cose che non vanno. Gli studenti hanno protestato contro una scuola che sforna diplomati e laureati che si guardano smarriti intorno in cerca di un posto di lavoro. I professori hanno detto le loro difficoltà nel combattere con le supplenze mai garantite, delle corse a fine quadrimestre per recuperare programmi che, in loro assenza, non vanno avanti, del tempo pieno che non ci sarà più nelle elementari dei loro figli. Hanno anche, con qualche pudore, fatto capire come è sempre più difficile tirare la fine del mese con gli stipendi da impiegati statali. Tutti hanno ripetuto che la scuola è in crisi. Ma tutti, nel mettersi in gioco, hanno dimostrato che la scuola è viva.