di Cristina Lacava
Meno tecnicismi, più passione. Meno azienda, più racconto di sé. Meno burocrazia, più relazioni. Altro che Buona Scuola! Secondo Vita Cosentino, autrice di Scuola. Sembra ieri, è già domani. L’autoriforma come trasformazione della vita pubblica (Moretti & Vitali editore), la scuola è davvero buona solo se gli insegnanti tornano ad avere fiducia in se stessi, nelle proprie capacità, nell’entusiasmo. Se puntano su se stessi, e non su riforme calate dall’alto (le peggiori: Moratti e Gelmini) e scritte da chi, del lavoro nella scuola, sa poco o nulla. Un messaggio che non vale solo per i docenti ma per tutti.
Ma che cos’è questo movimento di autoriforma? Me lo spiega l’autrice, per 35 anni insegnante alle medie, che nel suo lavoro ha tradotto anche l’esperienza del movimento femminista. Tenendo conto che la categoria è composta prevalentemente da donne (per non parlare delle maestre, addirittura il 98 per cento). “Autoriforma significa partire da sé, dalle buone pratiche nel rapporto con gli alunni, dalle trasformazioni” dice l’autrice. “Faccio un esempio. negli anni Cinquanta, quando ho iniziato a scrivere, la scrittura era racconto di finzione. Quando però mi sono trovata a insegnare, ho cambiato prospettiva: non più finzione ma valorizzazione di sé e delle proprie esperienze. Partire dal proprio vissuto e dalla parola, secondo la lezione del movimento delle donne. Ed è questo il messaggio che ho trasmesso ai miei ragazzi e alle mie ragazze”.
La parola, dunque. Una grande ricchezza. Altro che Lim o test a crocette. “Non sono state tutte rose e fiori” ricorda. “Una volta, un mio alunno problematico durante la lettura in classe dei temi lesse un suo componimento che era un atto d’accusa. Nel giorno del suo compleanno aveva invitato tutti i compagni nella comunità d’accoglienza dove viveva, e non si era presentato nessuno. Fu un momento durissimo. Eppure, poi, quel ragazzo capì che la scrittura poteva aiutarlo non solo a capire qualcosa di sé ma anche a costruire delle relazioni: da allora, infatti, i rapporti con i compagni si sciolsero. E lui si dedicò con sempre maggior passione alla scrittura”.
Secondo Vita Cosentino, gli insegnanti dovrebbero ritrovare in se stessi quelle motivazioni e quell’entusiasmo che in passato hanno dimostrato: “Ricordo quando per la prima volta le scuole si aprirono ai disabili. E poi, quando nella scuola media partì il tempo prolungato: quante idee, quanto entusiasmo nei colleghi e nelle colleghe! La soluzione dei problemi non può essere delegata, riprendiamoci noi il nostro lavoro”.
Quel che serve alla scuola dunque è riprendere la lezione del movimento femminsita: meno regole asfissianti (e mortificanti), e più fiducia nelle relazioni personali. Come le donne sanno fare, e l’hanno sempre dimostrato. Per i governanti, il messaggio è chiaro: “C’è tanta esperienza in chi insegna, soprattutto nelle donne. Eppure questa ricchezza non viene riconosciuta. Anzi, gli insegnanti vengono umiliati. Eppure una riforma dovrebbe favorire, non inceppare il lavoro”.
(Blog Io donna, 7 giugno 2016)