Andrea Gangemi
All’indomani del doppio colpo di mano del governo sulla riforma scolastica (prima il ricorso d’urgenza al decreto, poi l’introduzione del maestro unico alle elementari nel testo pubblicato sulla gazzetta ufficiale) le prime a muoversi sono proprio le scuole primarie, per le quali la misura significa il taglio di centomila posti di lavoro e la fine del tempo pieno. A Trieste il comitato contro la restaurazione del maestro unico ha indetto un sit-in alle 18 in piazza Borsa, mentre a Roma un’assemblea aperta di insegnanti e genitori è prevista alle 9 presso l’istituto “Iqbal Masih”. Il centro studi per la scuola pubblica (Cesp) di Bologna ha lanciato invece, insieme al coordinamento nazionale in difesa del tempo libero e prolungato, una campagna nazionale con una raccolta di firme da inviare al ministero dell’Istruzione. Sempre il Cesp sta preparando un ingresso “in ritardo” per l’apertura dell’anno scolastico, il 15 settembre, e una manifestazione il 27 a piazza Maggiore a Bologna. E una mobilitazione unitaria delle principali sigle sindacali è prevista per il 10 settembre ad Ancona. In questa prima fase, secondo Volfango Pirelli, della Flc-Cgil “occorre estendere le informazioni sulla discussione, o c’è il rischio di isolare le elementari dalle altre scuole”. “Non cerchi il ministro improbabili legittimazioni pseudopedagogiche” dice invece Francesco Scrima, segretario generale Cisl scuola. “E’ chiaro – spiega – che questo provvedimento ha una sola fonte “pedagogica”: il ministero dell’Economia”. E per il leader della Uil scuola, Massimo Di Menna “gli interventi vanno fatti con il bisturi, non con l’accetta, razionalizzando dove necessario ma senza strattonare la scuola pubblica italiana come prevede questa misura”. In Calabria, dove i tagli delle cattedre superano abbondantemente le seicento unità, si schiera contro il decreto Gelmini anche il vicepresidente della Regione con delega alla pubblica istruzione, Domenico Cersosimo. “Dietro c’è solo la necessità di risparmiare – dice – a prescindere dai contenuti”. E pure i vescovi bocciano la ministra: “Il lavoro d’equipe può garantire maggiore apprendimento per i bambini – afferma l’esperto di scuola della Cei Alberto Campoleoni – allora perché cambiare?”.