29 Novembre 2013

La temperatura scende. Subito scatta il piano romless.

 di Ernesto Rossi

 

Sono passati pochi giorni dalla Giornata Mondiale dei Diritti dell’infanzia. Il Comune ha rischiato di ripetere l’impresa di Moioli-Decorato: lei a celebrarla coi discorsi, lui con lo sgombero di Rubattino. Occasione persa. Ma lo sgombero rimane: in via Brunetti e via Montefeltro si prepara quello di circa 1.500 rom romeni, metà bambini, che si sono lasciati “accumulare”… anzi, vi si è contribuito con tutti gli altri sgomberi diffusi sul territorio milanese di piccoli gruppi che venivano ad aggiungersi qui, non avendo dove rifugiarsi. Così ora si procede, con un unico intervento spettacolare. Una ripulitura generale della città, perché si presenti al meglio in vista dell’EXPO 2015.

Ma dove andranno, visto che i posti in emergenza che sono stati predisposti (via Barzaghi, via Lombroso, via Novara) non sembrano superare le duecento unità? E perché, proprio adesso che arriva il gelo di Attila, mettere per la strada centinaia di persone senza riparo, e di bambini?

È “l’Europa che ce lo chiede”? Non pare. A Natale del 2011 venne a Palazzo Marino il signor Schokkenbroek, inviato appositamente dal Consiglio d’Europa. Incontrò a porte chiuse il sindaco e gli assessori Granelli e Majorino: neppure un comunicato stampa, per una visita così importante, ma la materia era… delicata: si chiedeva al Comune di Milano di cessare gli sgomberi o comunque di adeguarli alle prescrizioni dell’UE: preavviso, assistenza, destinazione alternativa garantita.

Sono anni che si parla di prevenzione. Per la salute, ma vale anche nel sociale. Costa meno, evita sofferenze. Serve a tutelare i diritti fondamentali delle persone. Boh.

Insomma, per tutte queste ragioni (!) lunedì mattina si sgombera. Manteniamo le tradizioni.

Sono nomadi? e noi li aiutiamo.

 

 

Caritas su sgombero rom

 

CARITAS: «Lo sgombero è una sconfitta per tutti». Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas ambrosiana, commenta così su Incrocinews.it la maxioperazione nei due campi rom attigui al quartiere Musocco-Certosa, a nord della città. «Si era proposto alla Prefettura di soprassedere allo sgombero, di non procedere – sottolinea Gualzetti – perché non provocava altro che la dispersione sul territorio delle persone. Però non siamo stati ascoltati. Adesso non è possibile trovare una soluzione immediata».

«Si libera certamente un quartiere esasperato da questa presenza, e non gli si può dare torto – afferma Gualzetti -. Il punto è non arrivare lì: perché se c’è un centro con oltre 600 persone vuol dire che si è costruito nel tempo. Questi problemi sono grandi, di difficile gestione e soluzione, nessuno ha la bacchetta magica e quindi vanno gestiti quotidianamente, senza lasciarli andare fino ad assumere dimensioni di questo tipo, perché poi diventano ingestibili se non con interventi di rottura come questi». Gualzetti offre il contributo della Caritas per affrontare l’emergenza: «Massima disponibilità a collaborare, però con questo stile di partecipazione e di accompagnamento che deve essere quotidiano, che prevede tempi lunghi, che non può sopportare queste accelerazioni che poi rischiano di far tornare indietro o di esasperare le situazioni che sono di difficile gestione. L’esperienza che abbiamo fatto in questi anni ci ha insegnato molto». In concreto la Caritas, attraverso la Cooperativa Farsi prossimo gestisce il centro di accoglienza temporanea (60-120 giorni) in via Lombroso dove ci sono 60 posti liberi. Ma pur aggiungendo quelli messi a disposizione dal Comune in via Barzaghi, tuttavia non sono sufficienti ad accogliere tutti. «Siamo sempre stati disponibili a dialogare, e a partecipare alla costruzione di soluzioni. Lo sgombero di oggi è una sconfitta per tutti – conclude Gualzetti -. Speriamo che ci insegni a collaborare di più, mantenendo e incrementando i tavoli di confronto su queste vicende».

 

e da UPRE Roma (http://www.upreroma.it/index.php/chisiamo)
Via Montefeltro-Brunetti: un altro sgombero di massa alla vigilia dell’inverno.

 

Danni certi, soluzioni incerte nonostante le grandi somme investite

Oggi 25 novembre è stato sgomberato il “fortino” di via Montefeltro-Brunetti occupato da circa 700 rom rumeni, risultato della fallimentare chiusura del campo regolare di via Triboniano e degli ultimi sgomberi di questa amministrazione. 240 persone hanno accettato la proposta del Comune di essere accolti nei centri di accoglienza, per gli altri – oltre 400 tra uomini donne e soprattutto bambini – c’è solo la ricerca di un altro ricovero di fortuna in attesa del prossimo sgombero.

Tutto si è svolto con ordine, quindi cosa c’è che non va?

Prima di tutto si rendono più gravi situazioni già difficili vista l’arrivo dell’emergenza freddo. Come ogni anno tutte le associazioni laiche, religiose, di rom hanno chiesto una moratoria di queste operazioni per l’inverno, perché le condizioni di queste comunità non diventino tragiche. Ma invano.

In secondo luogo è necessario riflettere sulla scelta di un meccanismo che è destinato a non portare risultati nonostante il costo elevato – sono previsti 4 milioni di euro in due anni – perché, ribadiamo, gli sgomberi senza soluzioni alternative non hanno risolto il problema con De Corato e non lo risolvono ora. I rom degli insediamenti spontanei sono più di 2000, i posti nei centri di accoglienza sono 120 in via Barzaghi e 148 nel nuovo centro di via Lombroso. In questi centri si può stare fino a 200 giorni durante i quali dovrebbero nelle intenzioni dell’amministrazione, essere avviati percorsi di inserimento abitativo, lavorativo e scolastico. Ma trascorsi i 200 giorni quelli di via Barzaghi vanno in via Novara (centro per rifugiati) per lasciare posto ai nuovi sgomberati in attesa che scadano i termini per quelli di via Lombroso, che a loro volta lasceranno il posto ad altri sgomberati in un carosello di gente che gira dal campo a un centro poi a un altro centro per tornare alla fine del giro al campo e magari ricominciare tutto da capo perché nonostante i numeri esigui non ci sono risultati per quanto riguarda casa e lavoro. Di fatto, oltre alla generale difficoltà per la crisi, se non si ha un lavoro certo (95% la percentuale di disoccupazione tra i rom) non si trova una casa e se non si ha una casa, cioè una residenza, non si trova lavoro.

Un altro carosello infernale che non si può alleviare con l’assistenza temporanea offerta, senza dimenticare il peso determinante che gioca la discriminazione e il pregiudizio nei confronti dei rom che li esclude a priori dal ricevere offerte di lavoro.

Ci vogliono quindi politiche diverse, strumenti diversi, sui quali convogliare le risorse disponibili ed è questo l’invito che la Consulta Rom e Sinti di Milano rivolge con urgenza all’amministrazione della nostra città.

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