di Benedetta Guerriero
«In una scuola come questa non puoi permetterti di proporre sempre gli stessi argomenti, qui la situazione è in divenire: bisogna continuamente ricercare e aggiornarsi, altrimenti prevale la frustrazione». Sono passati quasi trent’anni da quando Tiziana Franziani ha cominciato a lavorare alle elementari di via Sardegna a Cinisello Balsamo, hinterland milanese, in un piccolo edificio del quartiere Crocetta che accoglie soprattutto famiglie straniere. In questa struttura, incuneata tra viale Fulvio Testi e l’ingresso dell’autostrada A4, separata anche geograficamente dal resto della città, Tiziana è arrivata agli inizi degli anni Ottanta, dopo aver insegnato a Buccinasco, Baggio e nelle scuole serali di Londra.
«Quando sono rientrata dall’Inghilterra, c’era posto alle elementari di via Sardegna, cercavano una maestra di inglese e mi sono fermata», spiega. Dopo l’ondata migratoria dal Sud Italia, a Cinisello giungono albanesi, sudamericani, arabi, romeni, ucraini, senegalesi. Nel quartiere Crocetta i bimbi extracomunitari sono sempre più numerosi e Tiziana diventa un punto di riferimento per i loro genitori. «La nostra scuola è stata una delle prime a inserire la figura del facilitatore di apprendimento per gli alunni », dice con fierezza, mentre ricorda col sorriso la proposta dell’ex ministro Mariastella Gelmini di limitare al 30% la presenza straniera nelle aule, costringendo la preside a chiedere una deroga per l’istituto di via Sardegna, in cui la soglia era nettamente superiore. «Allora i bambini extracomunitari raggiungevano il 43%, ora sono il 90%, ma le tensioni restano sconosciute», spiega Paola Vaia, maestra di matematica. A soli 18 anni, terminate le magistrali, vince il concorso, a 19 diventa di ruolo e a 21 anni comincia l’avventura nella struttura di Cinisello.
L’intesa tra la maestra di inglese e quella di matematica è immediata, entrambe decidono di rimanere in quella scuola che, soprattutto negli anni passati, ha messo in fuga diversi insegnanti, spaventati dalla sfida dell’intercultura. Una sfida difficile che richiede dedizione, autorevolezza e spirito di adattamento. Nel corso dell’anno i bambini partono e arrivano da un momento all’altro e bisogna essere pronti a inserirli, creando occasioni di scambio e accettazione. Non è dunque un caso che prima di iniziare le lezioni gli alunni si dispongano in cerchio. «È il cerchio dell’accoglienza — dice Paola — . I bambini attendono che arrivi nelle loro mani la palla per poter prendere la parola». Quello che accade nel mondo e le loro vite sono gli argomenti principali di discussione. «Il nostro compito è destrutturare le chiusure di partenza per favorire il dialogo », afferma Silvia Galli, che in via Sardegna è approdata dopo l’esordio, a 19 anni, in una struttura privata. La complicità con le colleghe, il desiderio di scoprire nuovi metodi capaci di facilitare l’apprendimento dei bambini, l’ha fatta fermare. Insegna italiano e non nasconde gli sforzi che quotidianamente si affrontano per aiutare gli alunni non solo a trovare nella scuola un contesto dove potersi esprimere, ma anche un luogo in cui apprendere. La didattica, inutile nasconderlo, ne risente, i tagli hanno polverizzato le risorse destinate all’istruzione pubblica e anche le elementari, fiore all’occhiello del sistema scolastico italiano, ne pagano le conseguenze. «Quest’anno non sono partiti i laboratori di italiano — racconta Tiziana — . Almeno c’è ancora la figura del mediatore culturale, fondamentale quando si presentano problemi con i nuclei di origine dei nostri studenti». Famiglie complesse che la crisi ha messo a dura prova. Molti bimbi hanno madri che lavorano come badanti o sono impiegate in imprese di pulizia che le impegnano anche la sera, costringendoli a diventare grandi in fretta. «Siamo orgogliose del rapporto che abbiamo coi genitori — dichiarano — . È scattata quell’empatia che ha permesso loro di fidarsi, hanno rispetto per il nostro ruolo, diversamente da quanto ormai accade altrove». E qualche alunno che ha mosso i primi passi nelle elementari del quartiere Crocetta è arrivato lontano, si è iscritto all’università, diventando, per la soddisfazione delle maestre, proprio mediatore culturale. Paola, Silvia e Tiziana non hanno dubbi: dalla scuola di via Sardegna escono bambini portati all’accoglienza e capaci di interpretare con maggiore naturalezza la società multietnica.
27 Aprile 2013
la Repubblica