Marisa Guarneri*
Siamo a novembre e mi sembra l’8 marzo, mi arrivano avvisi di miriadi di iniziative e di richieste di interventi e di presenza da tutta Italia e da tutti gli ambiti. Altri omicidi efferati di donne rendono questo novembre più acceso, la violenza contro le donne pare interessare tutti, il senso di insicurezza e rischio è diffuso. La convocazione a Roma della manifestazione nazionale indetta da gruppi di giovani donne sembra rispondere a questo bisogno di dire basta e di mostrare forza femminile. Ma il fatto che sia stata riservata solo alle donne rende perplessa me e con me molte altre donne di Milano e di altre città.
Nella rete dei centri antiviolenza, rete nazionale forte ed importante, c’è stata discussione e dissenso rispetto a questa scelta, ma prevale il desiderio di far riuscire la manifestazione. Io rispetto questa scelta, ma mi preoccupa il quadro entro cui matura.
Da qualche tempo gruppi di uomini hanno preso parola contro la violenza alle donne, non per spirito solidale o per fare la loro parte, ma perchè la libertà delle donne crea vantaggio e libertà anche per loro. La riflessione sulla relazione d’amore e di potere con le donne aiuta ad allargare la possibilità di azioni contro la violenza. Alla casa delle donne maltrattate di Milano telefonano e vengono sempre più uomini che chiedono informazioni e sostegno per donne a loro care: amiche, fidanzate, sorelle, madri. Vengono senza problemi e vengono ascoltati senza problemi. Il sostegno riguarda le donne in disagio, ma anche la loro rete affettiva ed amicale, figure maschili positive sono importanti per progetti di donne che escono dalla violenza.
Questa scoperta di relazioni possibili cambia il segno di un conflitto sanguinoso, di una guerra diffusa e sempre più cruenta fatta da uomini che non accettano libertà ed autonomia delle donne, che non sopportano di essere lasciati, che rivendicano dominio e controllo su donne che sempre più si allontanano.
Sento il pericolo di un nuovo recinto simbolico che tiene fuori il male ma anche il bene. La violenza è sicuramente violenza di uomini contro donne e questo dato è indiscutibile. Ma sono altri uomini che la debbono sanzionare, isolare, rendere inaccettabile, riportare alla miseria che esprime, combatterla anche solo nel desiderio o nella tentazione, nella fragilità e nella confusione. Violare, maltrattare ricostruisce certezze antiche, ma con il senso dell’oggi, nascondendosi e confondendosi dietro violenze simili o parallele, e facendo un gioco nuovo: la violenza è diagnosticata come un fatto sociale, e questa diagnosi copre la violenza sessuata che si nasconde nel privato e in famiglia.
Ogni giorno la forza femminile si incrocia con il dolore e la sofferenza e spesso nella stessa donna con un intreccio ed una lotta che altre donne riconoscono come propria e contribuiscono a sciogliere.
Presidente della Casa delle donne maltrattate di MilanoSiamo a novembre e mi sembra l’8 marzo, mi arrivano avvisi di miriadi di iniziative e di richieste di interventi e di presenza da tutta Italia e da tutti gli ambiti. Altri omicidi efferati di donne rendono questo novembre più acceso, la violenza contro le donne pare interessare tutti, il senso di insicurezza e rischio è diffuso. La convocazione a Roma della manifestazione nazionale indetta da gruppi di giovani donne sembra rispondere a questo bisogno di dire basta e di mostrare forza femminile. Ma il fatto che sia stata riservata solo alle donne rende perplessa me e con me molte altre donne di Milano e di altre città.
Nella rete dei centri antiviolenza, rete nazionale forte ed importante, c’è stata discussione e dissenso rispetto a questa scelta, ma prevale il desiderio di far riuscire la manifestazione. Io rispetto questa scelta, ma mi preoccupa il quadro entro cui matura.
Da qualche tempo gruppi di uomini hanno preso parola contro la violenza alle donne, non per spirito solidale o per fare la loro parte, ma perchè la libertà delle donne crea vantaggio e libertà anche per loro. La riflessione sulla relazione d’amore e di potere con le donne aiuta ad allargare la possibilità di azioni contro la violenza. Alla casa delle donne maltrattate di Milano telefonano e vengono sempre più uomini che chiedono informazioni e sostegno per donne a loro care: amiche, fidanzate, sorelle, madri. Vengono senza problemi e vengono ascoltati senza problemi. Il sostegno riguarda le donne in disagio, ma anche la loro rete affettiva ed amicale, figure maschili positive sono importanti per progetti di donne che escono dalla violenza.
Questa scoperta di relazioni possibili cambia il segno di un conflitto sanguinoso, di una guerra diffusa e sempre più cruenta fatta da uomini che non accettano libertà ed autonomia delle donne, che non sopportano di essere lasciati, che rivendicano dominio e controllo su donne che sempre più si allontanano.
Sento il pericolo di un nuovo recinto simbolico che tiene fuori il male ma anche il bene. La violenza è sicuramente violenza di uomini contro donne e questo dato è indiscutibile. Ma sono altri uomini che la debbono sanzionare, isolare, rendere inaccettabile, riportare alla miseria che esprime, combatterla anche solo nel desiderio o nella tentazione, nella fragilità e nella confusione. Violare, maltrattare ricostruisce certezze antiche, ma con il senso dell’oggi, nascondendosi e confondendosi dietro violenze simili o parallele, e facendo un gioco nuovo: la violenza è diagnosticata come un fatto sociale, e questa diagnosi copre la violenza sessuata che si nasconde nel privato e in famiglia.
Ogni giorno la forza femminile si incrocia con il dolore e la sofferenza e spesso nella stessa donna con un intreccio ed una lotta che altre donne riconoscono come propria e contribuiscono a sciogliere.
*Presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano