Come cambiano i rapporti di potere nel nucleo familiare. Le recenti polemiche sulle coppie di fatto rilanciano la discussione.
Chiara Saraceno
Le vicende familiari, i modi di fare famiglia, possono essere visti sotto l´aspetto della lunga durata ed invece del mutamento radicale. Sembra che non cambino mai, e invece che siano sottoposti a cambiamenti tali da diventare irriconoscibili. Goran Therborn, un importante studioso svedese, in una recente bella e documentatissima ricerca sui cambiamenti della famiglia nel mondo negli ultimi secoli (Between Sex and Power, 2004), scrive che l´organizzazione familiare, sia dal punto di vista normativo che dei comportamenti pratici, rappresenta sempre un equilibrio storicamente e socialmente situato tra rapporti di sesso e generazione, che sono anche rapporti di potere. È un equilibrio che si costituisce in risposta a bisogni “interni” (accudimento, riproduzione, sostegno), ma anche a circostanze esterne: situazione economica, demografica, politica. In altri termini, non vi è nulla di naturale nella famiglia, che è una istituzione eminentemente sociale, perciò diversificata nello spazio e nel tempo. Anche se gli equilibri di volta in volta stabiliti – inclusi i rapporti di potere tra i sessi e le generazioni e tra le famiglie e le altre istituzioni sociali – incidono fortemente sul modo in cui i cambiamenti sociali provocano o non provocano mutamenti negli equilibri familiari esistenti. Non vi sono tendenze lineari e universali nella storia (o meglio storie) della famiglia.
Se restringiamo lo sguardo al nostro paese, le più importanti trasformazioni nei modi di fare famiglia non dipendono certo dalla domanda di riconoscimento che proviene dalle coppie omosessuali e neppure dalla domanda di riproduzione assistita: i due fenomeni che hanno predominato nel dibattito pubblico sulla famiglia nell´ultimo anno e che da taluni sono denunciati come attacco alla famiglia intesa come data per scontata, immutabile, naturale. I cambiamenti più importanti sono avvenuti all´interno della famiglia “normale”, nei rapporti eterosessuali e di generazione.
Innanzitutto, la famiglia è oggi basata non solo legalmente ma anche culturalmente su un modello di uguaglianza tra i sessi e le generazioni. Al punto che la stessa parola “potere” associata alla famiglia sembra impropria, nonostante nella pratica questo continui spesso ad essere esercitato nei fatti: si pensi alla persistente divisione del lavoro e delle responsabilità tra uomo e donna e alla lunga dipendenza dei figli dalla famiglia di origine. Tuttavia, il venir meno di un modello gerarchico, tra i sessi e le generazioni, condiviso ed anche legalmente sostenuto, costringe non solo a negoziazioni, ma a ridefinizioni delle motivazioni e dei rapporti, quindi degli equilibri che reggevano il modo di fare famiglia nel nostro passato recente.
In secondo luogo, anche nel nostro paese, nonostante la modalità prevalente di vita di coppia sia tuttora costituita dal matrimonio, le relazioni sessuali non sono più legate esclusivamente al matrimonio, non solo per gli uomini, ma anche per le donne. Analogamente, la sessualità è divenuta sempre più scollegata dalla riproduzione. Non tanto perché, tramite la fecondazione assistita, si può procreare anche senza avere rapporti sessuali, ma soprattutto perché si possono avere rapporti sessuali senza scopi ed esiti riproduttivi. A meno che non pensiamo che la bassissima fecondità italiana sia il risultato di una ondata massiccia di castità. Allo stesso tempo, anche se in misura molto più ridotta che in altri paesi, anche la fecondità inizia ad essere scollegata dal matrimonio, per scelta e non per accidente, in rapporti di convivenza di coppia che si percepiscono e si comportano come famiglia non diversamente da chi si sposa. La riduzione della fecondità, inoltre, ha modificato profondamente i rapporti genitori e figli e l´esperienza di essere genitori ed essere figli.
Il nesso tra matrimonio e genitorialità è stato cambiato anche dalla crescente (pur se in misura minore che nella maggioranza dei paesi occidentali) fragilità dei rapporti di coppia. Si può essere (e sempre più si chiede di essere) co-genitori senza più essere una coppia. Allo stesso tempo, la rottura e reversibilità dei rapporti di coppia scompiglia i confini delle famiglie, con i figli che transitano da una famiglia all´altra e appartengono a più di una famiglia. Modifica anche le relazioni di parentela, a volte indebolendo i rapporti di sangue, a volte includendo forti rapporti elettivi: “padri” e “madri” acquisiti che assumono responsabilità genitoriali verso i figli di una compagna/o, nonni/e e zii/e acquisiti che “adottano” i figli della nuova compagna/o del figlio/a e così via.
Infine, il miglioramento della speranza di vita, ha reso normale nel panorama familiare la coesistenza (anche se non sotto lo stesso tetto) di più generazioni e la presenza di figure come i bisnonni/e. Di più, è più facile che un bambino che nasce oggi abbia almeno una bisnonna che un fratello o una sorella. L´allungamento della vita fa anche sì che vi sia sovrapposizione, piuttosto che avvicendamento, di ruoli e responsabilità come genitori e come figli, anche con il sovraccarico, e i conflitti di lealtà, che ciò può comportare. Si è contemporaneamente nonne, madri e figlie. E si può diventare “madri delle proprie madri” , invertendo le responsabilità di cura e sostegno. Si potrebbe dire che se i rapporti di coppia si sono indeboliti, quelli di generazione si sono rafforzati e sono divenuti insieme più articolati e più lunghi.
Questi sono i grandi mutamenti nei modi di fare e sperimentare la famiglia, ben più diffusi e altrettanto, ancorché diversamente, radicali della entrata nella scena pubblica delle coppie omosessuali o della fecondazione cosiddetta eterologa. A fronte di questi grandi mutamenti, alla diversità di relazioni che la famiglia oggi più di un tempo comprende, continuare a rivendicare una unica, monodimensionale, definizione di famiglia (la famiglia fondata sul matrimonio) risulta restrittivo anche per chi è eterosessuale e si sposa. Viceversa, potremmo dire che la domanda di riconoscimento che proviene da omosessuali e anche eterosessuali conviventi senza essere sposati, lungi dal distruggere la famiglia, ne segnala la forza simbolica – la lunga durata – come istituzione deputata alla solidarietà e reciprocità. E´ infatti la solidarietà che si crea in quei rapporti che chiede di essere riconosciuta ed anche valorizzata come bene non solo individuale, ma sociale. E non si vede proprio che danno ciò possa fare.