Luisa Muraro
Razzismo, da sempre una parola sbagliata, dopo il nazismo è diventata terribilmente pesante. Però noto che in Italia ci siamo messi a usarla con molta facilità e che l’antirazzismo è una bandiera che tutti vogliono sventolare, a destra e a sinistra. Domando: è quello il problema che abbiamo? Sarà questa la sua soluzione?
Quando Jerry Masslo fu ucciso perché nero, nel 1989, più di un milione di persone manifestò il suo sdegno. Che cosa ci è capitato da allora, dobbiamo chiederci. Io dico che un popolo non diventa razzista in così poco tempo. Quello che è capitato, da allora, non riguarda la cultura del popolo italiano, ma la storia mondiale. Ed è che da un paio di decenni continuano ad arrivare emigranti poveri da quattro continenti: Europa dell’est, Asia, America latina e Africa. Che cosa ha messo in movimento questa fiumana di bisognosi? Gli esperti e i responsabili non rispondono, perché dovrebbero parlare dei disastri dell’economia e della politica a livello globale. E dove vanno a sistemarsi? Qui la risposta è semplice: vanno dove c’è lavoro faticoso e pagato male, sconosciuti e non attesi in mezzo a una popolazione con cui spartiscono le strade, le scuole, il quartiere. E a quel punto comincia, per tutti, il difficile compito di conoscersi, di adattarsi, di trasformarsi e costituire piano piano un nuovo tipo di società.
In alcuni paesi europei i governi fanno qualcosa per aiutare questo processo, qui da noi molto viene lasciato alla buona volontà della popolazione. Che c’è ma qualche volta finisce o non basta, e scoppiano incidenti. Lo chiamate razzismo? Comodo, per quelli che hanno la coda di paglia. Ma stupido, se quello che vi sta a cuore è arrivare a una pacifica convivenza, perché quella parola troppo pesante porta rabbia, sospetti, sensi di colpa, che rischiano di restare come sassi sulla strada delle persone di buona volontà.