Umberto Varischio
Caro Giacomo,
ho letto con molta attenzione sia il tuo intervento sia la risposta di Elisabetta, Laura C., Laura M. e Sara.
Provo a risponderti dopo aver discusso, animatamente e a lungo, con loro e con Luciano ed essermi, non voglio nascondertelo, arrabbiato con alcune tue affermazioni. Per me, di certo, il tuo intervento non è passato senza lasciare traccia.
Voglio premetterti che sarei molto contento di confrontarmi di persona con te e con altri uomini del tuo gruppo perchè penso che questo scambio “epistolare” sia certo interessante ma che abbia ormai raggiunto un suo limite interno e che oltre alle parole abbiamo bisogno anche della corporeità di coloro con cui cerchiamo di entrare in relazione.
Mi presento; ho 49 anni ed ho incontrato il pensiero delle donne, come diversi della mia generazione, ormai molti anni fa, da quando avevo 20 anni. Con il loro pensiero in generale ho avuto sempre un atteggiamento ambivalente; forte attrazione e interesse unita a paura e a distanza.
Le mie amiche del gruppo di donne e di uomini dicono, anche con ragione, che questo atteggiamento è tipicamente maschile; non lasciarsi coinvolgere dalle cose e mantenere sempre, con le grandi passioni un atteggiamento di distacco e mai di pieno e profondo coinvolgimento. Sino farle arrivare a una similitudine tra questo atteggiamento in generale e quello degli uomini incapaci di lasciarsi andare completamente nell’amore.
Forse hanno ragione, ma una riflessione di anni sulla mia storia personale mi fa venire diversi dubbi sull’origine di questa distanza e sulla adeguatezza di questa spiegazione.
Penso invece, riprendendo una immagine di un filosofo da me amato (E. Bloch) che mi piace molto, “sotto il faro non ci sia luce” cioè che stare troppo a lungo e troppo sotto il faro del pensiero delle donne (in questo caso del pensiero della differenza) sia indubbiamente un’esperienza di trasformazione indimenticabile ma diventi per un uomo un limite, un essere in ombra, un non vedere bene la differenza in azione e in relazione.
Per esserne illuminati bisogna staccarsene, prendere una distanza per arrivare sino al punto di vedere il faro ma anche di essere illuminati dal fascio di luce.
Questa è stata la storia del mio rapporto con il pensiero delle donne: prima inconsciamente e via sempre più cosciente anche grazie alle donne e agli uomini che in questo percorso mi hanno accompagnato. Non ultime/i le donne e gli uomini che mi hanno accompagnato e quelle/i che mi accompagnano nel percorso che stiamo facendo nel gruppo.
In altro punto del tuo intervento sostieni di non fidarti della tua storia di uomo anzi di non sapere neppure che cosa è: le motivazioni che porti per giustificare questa sfiducia mi lasciano molto perplesso. Non pensi che anche le donne, all’inizio del loro percorso di ricerca si siano trovate nella stessa situazione anzi in una peggiore, dato che per loro molto più oppressivi erano i “condizionamenti esterni”?
Le mie amiche hanno ragione, quando dicono che questi condizionamenti sono stati superati fondamentalmente alla relazione che le donne hanno saputo stabilire tra di loro.
Il lavoro che stai facendo su di te e con gli altri uomini da questo punto di vista è molto importante, perchè va nella stessa direzione e fonda sulla relazione un progetto di un diverso futuro anche per noi uomini.
Allora perchè non fidarsi, perchè rinunciare a priori alla nostra storia; la mia storia di uomo va non rifiutata a favore delle relazioni (qui e ora) ma accettata, esplorata e criticata a partire da tali relazioni. Come dice Luciano forse questo rifiuto è un segnale di quanto non riusciamo a volerci bene. Forse anche tu dici la stessa cosa in altro punto.
Io non voglio rifiutare la mia storia di maschio perchè questa mi ha costruito come sono; se devo rifiutare qualcosa sono gli elementi della società patriarcale di cui è intessuta tale storia.
Tu chiedi alle donne di avere fiducia in te e nel tuo percorso, nel tuo corpo maschile e nei tuoi modi maschili di muoverti nelle relazioni: la fiducia è certo importante e senza fiducia non si va da nessuna parte. La fiducia è un mezzo per, una condizione che permette di, non una risposta alle domande che ci fanno.
Avere un corpo maschile e dei modi d’essere maschili non mi bastano per connotare (anche se solo per adesso) e dire la nostra differenza. Queste sono solo delle condizioni preliminari, ma non bastano, a me non bastano . La differenza maschile non può essere solo questo e per questo le amiche ci stimolano, ci arringano perchè a loro non basta solo questo, vogliono un di più a cui io, te e altri uomini che si sono posti e hanno vissuto questi problemi, ritengono siamo in grado di dare delle risposte mettendoci in condizione di restituire e non solo ricevere.
Elisabetta, Laura C., Laura M. e Sara citano Chiara Zamboni che ci chiede quali legami ci siano tra la nostra storia e la civiltà maschile toccano un punto che sento mi riguardi da vicino e che mi stimola a cercare “il legame tra quello che conosciamo di noi stessi e questa civiltà”. Non a caso è usato il termine “civiltà maschile”; in una “civiltà” non tutto è da gettare anzi!
D’altronde anche tu ritieni che nella storia maschile vi sia molto di più che superficialità e prevaricazione e se tu, come Giano, dal punto a cui se arrivato vuoi riconsiderare il passato e vedere il futuro io, con la mia storia di uomo, dal mio passato sono anch’io proteso a praticare un presente e un futuro nelle intenzioni molto simile al tuo. Come chi, con lo sguardo verso il passato, è impetuosamente spinto verso il futuro da una tempesta che da esso origina.
Un futuro da costruire, come dici tu, sulla base di relazioni, più ricche e varie anche tra uomini e uomini: su questo ritengo che tu e gli altri uomini che fanno con te la vostra esperienza vi siate spinti molto più avanti di quanto abbia avuto il coraggio di fare io.
Non per mancanza di desiderio ma perchè tale desiderio di avere relazioni significative tra uomini non è stato abbastanza forte sinora da superare le indubbie difficoltà.
Ripenso all’affermazione “…E’ sterile e non mi spiega nulla l’atteggiamento di quegli uomini che si tolgono fuori dalla civiltà maschile …né mi aiutano quelli che seguono il modello di agire delle donne assumendolo su di se senza una trasformazione che li impegni rispetto al proprio mondo maschile”.
Non ritieni che questo sia un forte stimolo a distanziarci da questo ombrello protettivo, da cui certo abbiamo imparato e impariamo tanto per riuscire a dire da dove viene e dove ci porta la nostra differenza maschile?
Non senti che sarà una bella sfida su cui impegnarsi ed a cui rispondere senza reticenze (anche se ti confesso che la cosa spaventa molto anche me) e buttarsi nella mischia senza il timore di sbagliare…perchè già tante volte abbiamo sbagliato e sbaglieremo …ma questa volta almeno ne varrà la pena!
E non sarà questa dell’accettare sfide alte, di esplorare territori nuovi forse uno degli elementi della civiltà maschile che ci sono venuti a mancare e hanno determinato le cause di ” come si è fermata e diventata così pericolosa”?