Giuliana Cecconi
Care tutte,
il vostro intervento mi ha molto interessata e, da subito, fatto pensare.
Avevo risposto di getto poi, come ho imparato che è sempre più saggio fare, ho voluto rifletterci più a lungo, ma le mie perplessità sono rimaste le stesse e quindi ecco che in queste poche righe ve ne faccio partecipi.
Non capisco perché dobbiamo porci il problema del percorso di trasformazione degli uomini.
Certo che non è proibito restituire ma siamo sicure che abbiamo il tempo, la voglia, la pazienza e l’energia per indicare loro come?
Io personalmente non ce l’ho.
La “sicurezza nel portare avanti i progetti” e la “baldanza realizzatrice” la cerco e la voglio dalle donne, e molto spesso la trovo. E quando questo non accade, o quando io stessa vivo pericolosi momenti nei quali mi sarebbe tanto più facile e, spesso, anche più conveniente, (per esempio sul lavoro), lasciarmi trainare dalla naturale e insita consapevolezza di potere e di azione di un uomo, allora sì che mi spendo, e lo faccio strenuamente, per riscoprire, ritrovare, ricreare queste sicurezze e questo coraggio in me e nelle altre donne.
Io non sono certa che siamo già al punto in cui chiedersi che cosa gli uomini possano o debbano recuperare della loro storia.
Ma se è così, allora non vedo comunque perché dobbiamo aver paura della “coincidenza”.
Perché la vedete e la vivete come un rischio?
Perché vi spaventa annullare la distanza?
Per relazioni “utili e interessanti politicamente” la distanza non è un sine qua non.
Tra le donne che io frequento si muovono passioni, e nascono e vivono ricchissimi intrecci, e scambi, e parole che aprono squarci di storia e di storie, e silenzi che accolgono, comprendono e rassicurano, e non c’è bisogno della differenza di sesso per vivere le nostre relazioni, come voi dite, in libertà.