Elisabetta Marano
Per me la questione non è se la politica con gli uomini è una strada percorribile o meno. Quello che io vedo come fatto politico è la possibilità di far accadere il conflitto fra i sessi. Cioè riuscire a dire e agire il mio dissenso rispetto ad una serie di decisioni, scelte e valori maschili che non mi stanno bene. Io vedo tre possibili strade quando donna e uomo arrivano allo scontro:
1. Contrapposizione
2. Espulsione del maschile e rifugio nel separatismo
3. Adattamento femminile alle dinamiche maschili.
Tutte queste tre ipotesi mi lasciano l’amaro in bocca. Quindi penso che l’unica pratica attualmente utile per me è la risignificazione costruttiva del conflitto passando per la relazione tra uomo e donna (luogo di un’alterità fortissima).
Quindi io non ambisco tanto a fare politica con gli uomini tout court, o almeno a progettare necessariamente un’azione politica comune. Questo secondo me lo faceva Emily, e altre associazioni di questo tipo che non pensano ad un mondo altro rispetto al mondo maschile. Io che amo la possibilità di mondo che mi è stata offerta da donne che hanno messo al centro la loro libertà, sto cercando altro. Altro difficile da dire perché accade poco per volta, e forse ci metteremo anni per dirlo compiutamente.
Quindi per me il problema è riuscire a mettere in scena il conflitto fra i sessi. E’ un ordine del discorso diverso, spero di averlo reso chiaro.
In questo è fondamentale partire dalla quotidianità delle relazioni, ed Umberto e Luciano (questi sono i nomi degli uomini del nostro gruppo) mi sono preziosi, e lo diventeranno sempre di più man mano mi diranno, liberi dai sensi di colpa, la loro libertà, il loro desiderio, il loro essere non aderenti a quello che io dico.
Mi è piaciuto e perciò segnalo volentieri un brano tratto da un articolo di Maria Grazia Campari “Conflitti di sesso, conflitti nel sesso”, reperibile nella sua versione integrale sul sito www.universitadelledonne.it:
“Le dissonanze devono poter essere produttive di valori , ovviamente diversificati, dai quali derivino le regole del contesto, sempre modificabili e rinegoziabili sulla base dell’esperienza dello stare insieme e del darsi reciproco riconoscimento in spazi sociali condivisi .
Questo significa, anche, condurre un conflitto finalizzato a sostituire alla politica dell’uno/assoluto che relega l’altro nella periferia dell’umanità e può, quindi, trattarlo bellicosamente, la politica della relazione e della mediazione plurima, la costruzione del soggetto politico complesso, agente del cambiamento a partire dalla trasformazione del quotidiano.”
Sottolineo inoltre il punto sulla trasformazione del quotidiano perché nella mia esperienza avere delle relazioni di fiducia con gli uomini del gruppo mi ha permesso di essere diversa nel mio rapporto con il mio capo, ad esempio. L’apertura di credito che poco per volta, quasi senza accorgermene, ho operato nei loro confronti mi ha aiutato ad avere una relazione col maschile meno rabbiosa, a relativizzare le tensioni sul lavoro, ad essere più strategica, più mediatrice e propositiva “al rialzo”. E’ una mia modificazione interiore, e non pretendo che sia così per tutte, però i cambiamenti di posizione nel quotidiano credo siano poi produttivi su scene più ampie.