Giacomo Mambriani
Alla fine del grande seminario di Diotima (comunità di filosofe dell’Università di Verona) del 2002, dal titolo Donne e uomini: anno zero, un uomo ha proposto agli altri presenti tra il pubblico di incontrarsi separatamente, per tentare uno scambio autentico di vissuti e di esperienze (cosa che, come le donne sanno, è difficile nel mondo maschile). All’appello hanno risposto circa una decina di uomini, compreso chi scrive. E iniziato così un percorso che tuttora prosegue e di cui, su invito delle filosofe di Diotima (che curano questa rubrica), parleremo in chiusura del seminario di quest’anno, A 5 dicembre all’università di Verona.
Il formarsi di questo gruppo maschile non è un caso isolato: in varie città, già da alcuni anni, anche altri si riuniscono cercando forme diverse di comunicazione. Viene spontaneo chiedersi da dove nasca questa nuova esigenza di confronto, che è anche un interrogarsi sul proprio modo di stare al mondo. In parte è certamente un tentativo di risposta (meglio tardi che mai, si potrebbe dire) a questioni sollevate dà movimento femminista almeno trent’anni fa; ma è anche espressione di un reale disagio maschile, fino ad ora latente e assai condizionante. Si tratta di un disagio che viene da lontano e che caratterizza gran parte della storia della civiltà occidentale. Disagio che ha prodotto, e continua a produrre, molta sofferenza nella vita di uomini e donne. E’ possibile dire qualcosa di questo disagio che, letteralmente, è una mancanza di agio?
Ho cercato aiuto nel vocabolario, e ho visto che i principali significati di “agio” sono due: “comodo” (comodità) e “ampiezza o sufficienza di spazio, luogo e tempo”. Ho visto inoltre che la parola deriva dal verbo latino adiacere, che alla lettera significa “giacere presso”. Da queste informazioni ricavo che l’essere a proprio agio è la possibilità (la capacità) di sperimentare la condizione della vicinanza, in uno stato di rilassatezza e abbandono, disponendo del tempo sufficiente. Il fatto che “giacere” porti con sé anche il senso dell’unione erotica dà un’ulteriore sfumatura alla dimensione dell’agio, così fondamentale per la vita umana e così negletta nell’era globalizzata.
Come uscire dal disagio per essere finalmente a nostro agio? Oltre alla cronica mancanza di tempo che affligge gli individui nelle società moderne, l’ostacolo più grande su questa strada è la paura della trasformazione di sé, o della perdita di identità; ciò perché nel pensiero occidentale di impronta maschile l’identità si definisce soprattutto in opposizione, piuttosto che in relazione a qualcosa o a qualcuno/a. Ma l’identità è mobile e inafferrabile come un profumo, e si può percepire solo nel rapporto imprevedibile con l’altro/a nella sua irriducibile differenza, per usare un’espressione cara al pensiero delle donne.
Gli uomini cominciano ad aver voglia di intensificare il contatto: con se stessi, con gli altri uomini e con le donne. Bisognerà essere pazienti e non forzare i tempi, perché certe cose possono accadere solamente ad-agio.