Sulla prostituzione apriamo il confronto
di Lia Cigarini
L’Italia ha una buona legge sulla prostituzione, la legge Merlin (20 febbraio 1958). Dico buona perché con questa legge la prostituzione in quanto tale per lo Stato non esiste, non è regolamentata. Sono invece puniti il favoreggiamento, lo sfruttamento e la “tratta” equiparata al sequestro di persona. Il principio infatti, che aveva orientato la senatrice Merlin nel lontano1958 è che sulla sessualità di donne e uomini lo Stato non legifera e non lucra.
Insieme a tante donne del femminismo condivido questo principio. Non a caso negli anni settanta abbiamo sostenuto la depenalizzazione dell’aborto, non la sua regolamentazione.
Invece, oggi, la senatrice del P.d. Maria Spilabotte vuole, mediante decreto (!) legge, regolamentare la prostituzione e riscuotere le tasse. Fa un omaggio formale all’attuale legge ma nel contempo sostiene che Lina Merlin, con troppo ottimismo, pensava di eliminare la prostituzione. Secondo Spilabotte però il risultato è stato maggiore sfruttamento, riduzione in schiavitù, tratta ecc.
Questa affermazione non corrisponde alla verità: prima della globalizzazione con conseguente traumatico spostamento in Europa di milioni di immigrati/e, la prostituzione in Italia diminuiva sensibilmente. E soprattutto diminuiva il numero degli sfruttatori (vedi ricerche e dati di Roberta Tatafiore). Questo dimostra che le donne che si prostituiscono avevano acquisito maggiore autonomia. Anche, io penso, a causa della presa di coscienza e della rivolta delle donne degli anni settanta.
In sintesi il progetto Spilabotte detta: divieto di prostituzione in luogo pubblico (art. 3); obbligo di conseguire un patentino rilasciato dalla Camera di Commercio per l’esercizio previa presentazione del certificato di idoneità psicologica (art. 5); pagamento delle tasse per l’esercizio.
La conseguenza è che la prostituzione in luogo pubblico diventa reato; che tra le donne che si prostituiscono, le sole “legali” saranno quelle selezionate da psichiatri e psicologi; che i proprietari di immobili trarranno grandi profitti dalla prostituzione, ecc.
Per tutte queste ragioni vorrei un confronto serio sulla questione della prostituzione a partire da qualche domanda alla senatrice Spilabotte e alle altre firmatarie del decreto: 1. non pensate voi che la forma del decreto sia incompatibile con la complessità della materia? 2. non pensate voi sia indispensabile ascoltare il maggior numero di donne che si prostituiscono per capire i loro reali interessi? 3. non pensate voi sia utile promuovere una estesa discussione politica sulla prostituzione — che è un nodo ineludibile nel conflitto tra i sessi e per la libertà femminile — con l’associazionismo delle donne che da quarant’anni ragiona sul tema? 4. siete veramente sicure che rinchiudere le donne che si prostituiscono nelle case private o nei quartieri del sesso diminuisca lo sfruttamento e la tratta invece che favorirla? 5. infine, secondo voi, che ne sarà di quelle donne che comunque rimarranno nelle strade, andranno in prigione?
(PAUSA LAVORO, Via Dogana n. 109, giugno 2014)