Lea Vergine
Trisha Brown l’ho vista per la prima volta nel 1973 alla galleria milanese di Franco Toselli. Si trattava di un’azione senza alcun tipo di accompagnamento sonoro se non quello delle rincorse, dei salti, della frizione dei corpi, direi tonfi sordi più che suoni… era il periodo in cui la Brown raccontava: «…negli ultimi cinque anni sono stata associata all’interpretazione di sistemi tecnici che permettessero agli esseri umani di camminare sulle pareti, di scendere da una costruzione di sette piani, di sembrare liberi di cadere oppure di essere sospesi nello spazio neutrale, opere in cui le preoccupazioni principali sono l’anti-gravità e il movimento che si registra in circostanze straordinarie. La mia opera corrente – Accumulazione– comprende esclusivamente movimenti, non frasi, non musica. La struttura dell’opera è rigida, il movimento predeterminato…». >