(a proposito del film dei Dardenne)
di Giordana Masotto
Lei si chiama Sandra. Un corpo magro, un viso intenso che non può permettersi sorrisi. Sta uscendo da una brutta depressione. Anzi, possiamo immaginare che proprio la sua malattia l’abbia trasformata nella candidata ideale al licenziamento. Si vede che è insieme molto fragile e molto forte, come capita spesso alle donne. Deve stare concentrata su di sé per non perdersi, perché il momento è terribile. Le voci dei suoi bambini le arrivano a fatica. Più vicino arriva la voce del marito, carica di intelligenza amorosa: lui sostiene e lascia andare. Ed è quello che ci vuole.
Sandra ha un sabato/domenica di tempo per convincere compagni/e di lavoro: nella votazione del lunedì si deciderà la sua sorte. Su tutti aleggia ambiguo e potente il ricatto: o la borsa (il bonus per chi resta) o la vita (il posto di lavoro per lei).
Noi guardiamo il film e camminiamo con Sandra, impaurite e decise, aggrappate alla nostra tracolla, suoniamo campanelli, irrompiamo nelle vite degli altri, parliamo e ascoltiamo, dosiamo parole e silenzi, camminiamo ancora, moriamo e speriamo con lei. Non vogliamo chiedere, ricattare, convincere. Vogliamo solo poter dire: io ci sono.
Poi arriva lunedì e la votazione. La realtà è lì sotto gli occhi e non è bella di questi tempi.
Eppure, ora che tutto è finito, tutto incomincia. Qualcosa è cambiato: il passo di Sandra che va, è ancora deciso ma si è fatto solare, sorride perfino. Ora Sandra è forte, tanto da dire no a un ennesimo odiosissimo ricatto.
Commentando questo film tutti parlano di solidarietà perduta e ritrovata. Da riscoprire oggi per ricominciare ad agire politica. Mi pare stretta questa parola, astratta.
Sandra diventa forte – e quindi anche solidale – perché si è messa in gioco per due giorni e una notte, l’ha fatto di persona senza delegare, correndo rischi gravi (e infatti cade anche rovinosamente). Ha scoperto le persone in carne e ossa che sono i colleghi, si è misurata con la loro irriducibile singolarità. Ha immaginato di poter agire politica in prima persona e l’ha fatto. Fragile com’è, ha immaginato di poter cambiare il mondo. È questo che l’ha trasformata. La politica e la vita son tutte qua.