di Silvia Motta
«La cura delle donne». È il titolo di un articolo uscito ieri [12 novembre 2020, NdR] su Il foglio che mi ha incuriosito per cui ho comprato un quotidiano che non mi è abituale.
Facendo riferimento alla ricerca condotta da Sharon Bell, una famosa analista di Goldman Sachs, racconta come oggi le donne non solo sono ai vertici di importanti istituzioni e governi in tutto il mondo (per citarne solo alcune Merkel, Jacinda Ardern, Ursula von der Leyen, Christine Lagarde fino ad arrivare a Kamala Harris), ma in maniera ancora più sorprendente sono alla guida delle aziende “più performanti”, cioè che vanno meglio e che realizzano più utili. A cosa si deve questo successo? si domanda l’articolista. Ecco, è sulla risposta che incomincio a dissentire. Per l’autore del Foglio la ragione del successo sta nel fatto che le donne che guidano queste aziende sono capaci di premiare il merito. Ci sarà anche questo aspetto, ma io penso che la ragione di fondo sia un’altra. Per le donne “la cura”, cioè il “prendersi cura” è una forma mentis relazionale, una capacità che deriva da una “sapienza” accumulata nei secoli, seppure nella sottomissione. E questa sapienza nasce dalla consapevolezza che nasciamo, cresciamo, viviamo “in relazione”. Le aziende sono fatte di persone. È l’attenzione alle persone che fa bene alle aziende.
(Facebook, 13 novembre 2020)