Mafi Acerbis delegata della Santi Confezioni di Brescia e Oriella Savoldi sindacalista Filtea di Brescia
Alla Santi, dove lavora Mafi, esiste (ed è molto ben _pagato) il quality man che, 15 secondo l’azienda, garantisce la qualità della giacca. In realtà, la qualità della giacca è permessa dall’abilità, della sensibilità, dall’esperienza, dall’autonomia e dal livello di responsabilità che Mafi e, le sue compagne in produzione mettono in campo nel lavoro che fanno. Si tratta, dunque, di fare ordine. Come? Non certo mettendosi sullo stesso piano di chi svalorizza il lavoro delle donne con l’affannarsi a dimostrare che, invece, esso ha un valore. Per dare valore al lavoro (come a ogni altra cosa), la prima cosa da fare è dargli un nome, imparare a parlarne, capire che rapporto hai con quello che fai. lo, che lavoro nel sindacato a tempo pieno, non sento mai nominare il lavoro così come, concretamente, si svolge. Fatto paradossale, per un’organizzazione che vorrebbe rappresentare chi lavora. Con Mafi, operaia, abbiamo cercato di riconoscere le cose che lei fa in fabbrica. All’inizio di questa ricerca, le attività che lei aveva individuato erano solo 8. Mafi, infatti, era così attraversata dall’idea che il suo fosse un lavoro banale che non riusciva nemmeno a vederne tutte le fasi. Alla fine, le attività nominate erano 27, e tutte molto complesse. Un ventaglio di operazioni. Aprendolo, comincia a venire in luce cos’è questo tipo di lavoro: è valutare e decidere, rapidamente e in relazione. E’ questa la qualità del lavoro: lotta per il senso di quello che una fa. “Oggi – dice Mafi l’azienda sa che deve fare i conti con noi: è un passo che mi fa uscire dalla condizione di numero a cui mi vorrebbe ridotta l’azienda”.
Oriella Savoldi
Entro in fabbrica mattina. Ecco le prime cose che faccio: 1. accensione della macchina; 2. verifica del suo funzionamento; 3. alimentazione delle spalline; 4. verifica di corrispondenza del tipo di spallina in lavorazione; 5. alimentazione giacche all’imbastitura; 6. rilevazione quantità e aggiornamento delle spalline in lavorazione; 7. separazione del numero di spalline imbastite per commessa; 8. verifica della correttezza della cucitura, della rifinitura del piastrone, dell’intacco di posizionamento delle spalline sul piastrone; 9. segnalazione della rifinitura non corretta del piastrone e dell’intacco o della sua assenza e attribuzione dei compiti di affrancatura del piastrone sulla cucitura della spalla e di rimozione del difetto di rifilatura del piastrone; 10. affrancatura del piastrone sulla cucitura della spalla; 11. rimozione difetto di rifilatura del piastrone; 12. individuazione e rimozione del difetto di intacco: a) predisposizione dell’intacco; b) riposizionamento corretto dell’intacco. La verifica e il controllo non rientrano nella valutazione aziendale. Perciò, le attività elencate vengono svolte prima di iniziare quello che l’azienda definisce “lavoro di imbastitura”. Passiamo ora a quelle attività che, invece, sono riconosciute. Sono 15, 12 delle quali (dalla 13 alla 24) vengono svolte in 54 secondi e ripetute 480 volte al giorno. 13. posizionamento della spallina sul piastrone; 14. posizionamento convesso di piastrone e spallina per l’imbastitura a triangolo; 15. imbastitura della spallina sul piastrone; 16. controllo presenza di difetti sul tessuto e della cucitura in prossimità della spalla e del giro manica sul davanti e sul dietro della giacca; 17. valutazione del difetto ed eventuale rimozione della giacca fallata; 18. rimozione o rimando della giacca con presenza di buchini; 19. posizionamento del davanti giromanica per l’imbastitura-inglassatura del piastrone della spallina e dei tessuti giromanica; 20. imbastitura-inglassatura della prima parte del giromanica; 21. posizionamento del davanti giromanica e imbastitura inglassatura della seconda parte del giromanica; 22. posizionamento, pulitura del lento e spezzature, imbastitura-inglassatura della quarta parte del giromanica; 23. controllo finale dell’imbastitura-inglassatura della quarta parte del giromanica; 24. controllo finale dell’imbastitura-inglassatura della spallina; 25. rilevazione quantità di produzione; 26. cambio spola; 27. spegnimento macchine. Analizziamone due, di queste attività. La prima è la numero 5: “alimentazione giacche all’imbastitura”. Qui l’imbastitrice (io) vede che sul carrello disposto al lato destro della macchina non sono disponibili giacche. Può fare almeno tre cose: a) chiamare la stiratrice che opera nelle vicinanze, la quale interrompe la stiratura, prende le giacche di cui ha già stirato il giromanica e le dispone sul carrello al lato destro della macchina; b) rivolgersi alla caporeparto, se è nelle vicinanze, affinché prelevi dalle “manicaie” (nel caso si tratti di tessuti che non richiedono stiratura) le giacche e le disponga sul carrello di alimentazione all’imbastitura; e) alzarsi (può succedere se la capo reparto non è presente e la stiratrice sta svolgendo altri compiti), prelevare dalle “manicaie” (o dalla zona stiratura) le giacche disponibili e predisporle sul carrello. Il tempo impiegato è circa 30 secondi e l’operazione può ripetersi per 2 o 3 volte al giorno. Sta a me decidere la cosa più opportuna da fare. E la necessità di decidere richiede un grado alto di coinvolgimento. Che consiste, in questa attività, nell’evitare la perdita di tempo causata dall’assenza di giacche da imbastire, nell’interrompere la monotonia, attenuando il disagio della postura fissa e evitando, al tempo stesso, la possibilità di essere richiamata: in fabbrica esistono prescrizioni molto rigide che vietano alle operatrici di linea di alzarsi. Dunque, oltre alle caratteristiche delle giacche, io devo sapere dove andare a prenderle e conoscere i compiti attribuiti alla caporeparto e alla stiratrice, nonché le prescrizioni che attengono alla mia collocazione. In più, devo fare attenzione ai rapporti che ho con le donne collocate in ruoli diversi dal mio: se la stiratrice è pressata, per esempio, il mio intervento la può danneggiare. Tutto questo lo devo valutare, per prendere poi la mia decisione, in tempi brevi. Brevissimi: 30secondi. La seconda attività che propongo di analizzare è la numero 18: “rimozione e rimando della giacca con buchini”. La presenza di buchini viene causata da colei che attacca la manica, la manicaia, magari nel rifare la cucitura. La giacca arriva a me, io rilevo il buchino. Non posso mandare avanti una giacca con un difetto. Anche qui devo decidere che fare. Posso: a) appoggiare la giacca sul bordo del carrello situato sul lato destro, in attesa che passi nelle vicinanze la capo reparto e, intanto, procedere con un’altra giacca. In questo caso, la caporeparto prende visione del difetto e la rimanda alla manicaia; b) dopo aver individuato il difetto, individuare anche la manicaia che lo ha prodotto (è possibile farlo dal colore del filo usato e dal tipo di tessuto) e tirarle la giacca. 0 alzarmi a portargliela, se è lontana. Il tutto avviene in circa 10 secondi. Il coinvolgimento, in questa attività, consiste nell’attenzione a non lasciar passare il difetto, evitando, così, la perdita di tempo che comporterebbe l’eventuale reimbastitura della giacca dopo che il difetto fosse stato individuato in una fase successiva di lavorazione. La scelta non è semplice. Se mandi giù una giacca con buchini e viene individuata al controllo finale, a quel punto devi riaggiustarla e, quindi, perdi un sacco di tempo. Se, però, mando indietro una giacca alla manicaia, e, magari, quel giorno lei è di cattivo umore, si crea un problema tra noi. Se, infine, ricorro alla caporeparto, può essere lei a riprendere la manicaia e anche questo crea problemi. Quelli che ho descritto sono solo due esempi volti a mostrare come il lavoro che svolgo sia tutt’altro che banale. La ripetizione esiste nel mio lavoro, come negarlo? Ma in fabbrica io non svolgo solo funzioni ripetitive: devo pensare, scegliere; devo possedere, cioè, una forte dose di autonomia e di responsabilità, una notevole capacità di decisione, una tensione continua a fare bene il lavoro.
Mafi Acerbis
Interventi al seminario “Saperi di donne” organizzato dal sindacato a Bergamo.