Marisa Guarnieri, Milano
Carissima Clara, vorrei ritornare sulla questione del lavoro di cura e dello Stato sociale.
Le mie valutazioni si basano sull’esperienza che da molti anni vivo nella progettazione e poi nella realizzazione della Casa di Accoglienza delle donne maltrattate di Milano. In questo lavoro il rapporto con i Servizi sociali, una delle forme in cui si è realizzato lo “Stato sociale” – è diventato costante. In un primo tempo vissuti soltanto come strutture ostili alle donne, in un secondo tempo come possibili risorse da utilizzare a vantaggio delle donne. In questo senso il ragionamento sui lavori sociali e in particolare sul lavoro di cura mi interessa. Il problema è valorizzare, ma cosa? E’ difficile valorizzare l’oggetto, cioè i lavori, è piú utile valorizzare il soggetto. Nel nostro caso il “servizio offerto” (l’accoglienza in caso di maltrattamento e violenza) è la conseguenza non della solidarietà con il bisogno o la sofferenza, ma del valore che si dà alle donne in difficoltà, anche nel massimo della loro difficoltà. Nella pratica quotidiana della Casa, il servizio segue o accompagna la relazione con ogni singola donna.
Questo “prendersi cura”, o meglio dare occasioni per potersi prendere cura di se stesse, entra nel “pubblico” nel momento in cui si inserisce nella ragnatela dei Servizi sociali e modifica regole, regolamenti, procedure. lo credo che non ci debbano essere corsie privilegiate in cui di volta in volta sono piú importanti gli anziani, i bambini, i tossicodipendenti, le donne maltrattate, ecc.
Ma i soldi, le strutture per consolidare queste esperienze di privatosociale? E’ stata lunga la trattativa che abbiamo condotto con l’Assessorato ai Servizi sociali per finanziare attività che sono sicuramente “servizi di vantaggio sociale”: il Centro di Accoglienza e la Casa segreta di ospitalità. Le fasi della trattativa hanno seguito canali “normali”, cioè non con la mediazione di Commissioni pari opportunità o del Centro Azione Milano Donne, ma con il sostegno politico di molte donne, anche nelle istituzioni. Era evidentissimo l’imbarazzo e la difficoltà dei funzionari a discutere a partire dai soggetti e non dai bisogni codificati. 1 risultati sono stati buoni (anche se migliorabili dal punto di vista economico) e hanno creato un precedente utile. Nel momento in cui si definiscono accordi, convenzioni, delibere, si determinano conseguenze economiche e normative che già modificano le regole del settore in cui si opera. Ciò che abbiamo realizzato acquista valore per tutti.
Da questa esperienza io traggo gli elementi per giudicare le proposte di legge nazionali o regionali su questioni che riguardano specificamente problemi delle donne. Legiferare sul corpo delle donne, sia che si tratti di aborto o di violenza, si è dimostrato simbolicamente pericoloso. E’ invece possibile trovare forme e modi di finanziamento che utilizzino quanto di generale esiste nel settore che ci interessa e lo finalizzino al vantaggio delle donne e dei loro progetti.
Marisa Guarnieri, Milano