Luisa Muraro
Il giorno 19 giugno di quest’anno (1993 n.d.r.) la giornalista Antonella Baccaro ha conquistato la prima pagina del Corriere della sera con la notizia di un accordo sindacato-azienda che interessa la Zanussi (elettrodomestici) di Susegana (Treviso). Fatto quanto mai sorprendente, considerando che l’accordo riguarda poche centinaia di persone appartenenti ad una categoria umana, gli operai, che per fare notizia devono seppellirsi vivi o darsi in pasto ai leoni e cose del genere. C’è una spiegazione? Sì, se guardiamo i titoli della notizia: ALLA ZANUSSI AUTOGOVERNO FEMMINILE E NUMERO VERDE CONTRO LE MOLESTIE SESSUALI. RIVOLUZIONE IN FABBRICA, LA DONNA SI SCEGLIE L’ORARIO. La prima cosa evidente è che si tratta non di operai ma di operaie, cioè di donne. In effetti, alla Zanussi di Susegana le donne sono in stragrande maggioranza, l’ottantacinque per cento. Si tratta di donne e di orario di lavoro, che diventa “flessibile”. La parola è importante: la “flessibilità del mercato del lavoro” è “al primo posto”, ha detto Ciampi, il nostro capo del governo, commentando le decisioni del Consiglio europeo di Copenaghen per superare la crisi. Dunque, orario di lavoro flessibile. E autogestito: si tratta cioè di donne e di autonomia femminile. In pratica, funziona così: ogni unità lavorativa, composta da tre persone, deve assicurare diciotto ore di lavoro al giorno, che le tre si suddividono tra loro come credono meglio. La giornalista spiega il concetto in maniera semplice e graziosa, pare di leggere la vispa Teresa: “Tre donne (così inizia l’articolo) davanti un frigorifero. Potrebbero programmare una dieta, invece inventano il loro orario di lavoro. Marina deve andare dal parrucchiere? Allora entra a mezzogiorno. Enza deve accompagnare il bambino in piscina? Ha il pomeriggio libero. Rita invece vuole mettere da parte un po’ di denaro: allora farà due turni”. Una favola, è il commento della vispa Teresa (si fa per dire: in realtà è un’abile giornalista). “E le novità non finiscono qui” aggiunge con entusiasmo crescente, e cita le parole di un dirigente Zanussi: “Nella nostra fabbrica vogliamo sperimentare un autogoverno femminile al cento per cento, perciò faremo in modo che tutti i capisquadra siano dorme”. E gli uomini? domanda la vispa Teresa. “Per una volta staranno a guardare”, risponde il dirigente che ha nome, guarda caso, Maurizio Castro. Fine dell’articolo. Maurizio Castro, occorre sapere, è il direttore delle relazioni industriali, altra parola chiave. Ciampi, commentando Copenaghen, si è soffermato in maniera significativa su questo punto: “pensate quale sarebbe l’effetto, in termini di credibilità e di fiducia per l’Italia sul piano internazionale, se questo nostro Paese in difficoltà fosse il primo a proporre una soluzione accettabile al problema che angoscia tutti: la definizione di un nuovo modello di relazioni industriali” (Corriere della sera, 23 giugno). Adesso abbiamo tutti i pezzi del puzzle: Ciampi, l’Italia, l’Europa, la competizione economica, la Zanussi, il responsabile delle relazioni industriali, gli operai che in realtà sono operaie. E, non dimentichiamo, la giornalista che conquista la prima pagina con un articolo scritto nel tipico linguaggio dei rotocalchi femminili. Cosa risulta? Risulta che il capitale fa politica femminile e che sa farla in grande. Per i suoi scopi, certo, che molti giudicano tutt’altro che grandi. E’ il profitto, sappiamo. Però dovremmo anche sapere, come insegna Simone Weil, che, diversamente dall’antico detto, sono i mezzi che giustificano il fine. E il mezzo, nel caso in questione, è veramente grande: è l’amore femminile della libertà. Strumentalizzato, fuorviato, ingannato? Probabilmente sì, però almeno tenuto presente, chiamato in causa a proprio rischio e pericolo. Rischio e pericolo che, mi dispiace dire, non sono grandi per il capitale in un contesto come quello attuale di politiche femminili modeste, automoderate, decisamente contrarie ad ogni ipotesi di grandezza femminile. Un segno di questa modestia viene dalle sindacaliste che, sul tavolo delle trattative che cosa hanno portato? una richiesta di tutela aziendale delle lavoratrici dalle molestie sessuali dei lavoratori. L’azienda ha acconsentito: la Zanussi di Susegana ha infatti attivato una linea telefonica per la denuncia delle suddette molestie. Cosa ridicola: non sono capaci, quell’ottantacinque per cento di donne, di tenere al suo posto il quindici per cento maschile? Se non sono minoranza, cosa sono: minorenni, minorate? Ma così vuole la politica femminile dei sindacato, in linea con la tradizione della sinistra che ha sempre interpretato la differenza femminile in termini di bisogno e di tutela. Il capitale, invece, per i suoi scopi, oggi fa leva sull’amore femminile della libertà. Non è difficile prevedere chi vincerà.