Cinzia Sasso
Quello che adesso si chiama direttore delle risorse umane, una volta era il direttore del personale e in ogni azienda rappresentava il terrore: naturalmente era un uomo, vestito in giacca e cravatta, serio fino a essere lugubre. Ora i tempi sono talmente cambiati che alla San Pellegrino, gruppo Nestlé, il capo dei duemila dipendenti ha le sembianze di una diafana signora che per principio in ufficio non va con la giacca, che adora indossare vestiti colorati e che non vuole affatto nascondere quello che è, una donna. Chiara Bisconti, 40 anni, ha reso meno formale il clima in un’ azienda dove tutti si davano del lei e porta avanti con determinazione le sue convinzioni: «Crediamo nella meritocrazia, ma crediamo anche che sia il risultato di un clima aziendale positivo, fatto di fiducia reciproca e rispetto». Lei per prima applica la flessibilità dell’ orario e due pomeriggi la settimana esce presto per andare a prendere i figli all’ uscita di scuola. Un principio che naturalmente vale per tutti: «Gli impiegati di qualsiasi livello devono garantire un monteore mensile che però organizzano come vogliono. Questo significa che se devi andare dal medico o alla recita dei tuoi bambini puoi farlo con serenità e poi recuperi il tempo perduto». Vuol dire anche, per il personale femminile, superare quello che è l’ handicap più ostico: la rigida gestione degli orari. E vuol dire, per l’ azienda, poter sfruttare al meglio la capacità delle donne di far fruttare al massimo il tempo. Chiara è nata a Novara, cresciuta a Milano, il papà faceva il manager e la mamma la professoressa, ha una sorella più grande che disegna le collane colorate che lei porta sempre. Ha avuto un’ infanzia e un’ adolescenza dorate: le elementari in mezzo alla natura, il liceo linguistico alla scuola femminile «Collegio delle fanciulle». «Ed è lì dice in un ghetto di donne, che ho imparato il valore della diversità». Aveva voluto studiare lingue, ma fin da quando aveva 16 anni sapeva che il suo futuro sarebbe stato una carriera in azienda e quindi, all’ università, ha scelto Economia aziendale in Bocconi dove si è laureata con lode. Dopo un anno da consulente, il primo impiego in Nestlé, con passaggio dal marketing alle vendite. Che ricorda come il periodo più bello: «Stavo a Bologna, avevo la mia prima casa da sola, mi sentivo padrona di me, del mio tempo, dei miei risultati, l’ artefice del mio successo». Chiara dice che per lei la vita è fatta di tre parti: se stessa, i figli, il lavoro. E che stare bene vuol dire raggiungere l’ equilibrio fra queste: «Se uno dei tre aspetti sovrasta troppo gli altri, l’ equilibrio si spezza». Il lavoro, per lei, è molto importante: «Il ruolo è qualcosa che dà identità». Timida nel privato, in ufficio diventa padrona assoluta, determinata, sicura, energica, grintosa. E però, quando aveva 30 anni e ha voluto avere un figlio, ha deciso che la maternità sarebbe diventata la priorità del momento. Senza rimpianti, proprio quando era diventata responsabile di un gruppo di venditori e la difficoltà maggiore era fare i conti con il suo essere un capo giovane, ha chiesto di lasciare la prima linea e di passare al settore, meno pressante, della formazione. Due anni dopo Federico, nato nel ‘ 96, è arrivato Sebastiano e per stare con i suoi figli Chiara ha voluto maternità lunghe, lontano dallo stress di un ruolo importante e dall’ ansia della carriera. Ma nel ‘ 99 una serie di eventi negativi che ne hanno fatto il suo annus horribilis, spezza questo equilibrio. Continuare a fare il controller che era diventato il suo ruolo era diventato impossibile. Di nuovo, in quelle tre parti della sua vita, ha messo da parte il lavoro e ha scelto di fare la consulente. A Poliedros, del gruppo Tesi, ha cominciato ad affiancare le aziende nel settore delle risorse umane e da lì, quando la sua vita privata ha ritrovato un nuovo punto di mediazione, non è stato difficile rientrare in un’ impresa. E quell’ impresa è stata di nuovo il gruppo Nestlè, nella San Pellegrino. «Avevo perso tre anni, ma in quel momento ero pronta a ricominciare ed è stato come dirigente, in attesa di sostituire il capo del personale che sarebbe andato in pensione». «La nostra dice Chiara è stata la prima generazione di donne che hanno voluto tutto: i figli e il lavoro. Per questo le donne di oggi hanno una marcia in più. Io non sono mai stata ambiziosa, non ho mai puntato ad avere un posto di potere. Mi fa fatica dirlo, perché le donne fanno fatica a parlare bene di se stesse, ma vedo che in azienda sono vissuta come un agente positivo del cambiamento».