di Jacopo Ricca
La giudice ha imposto all’azienda di reintegrarla nel precedente posto: spostate l’autore delle molestie
Trasferire la lavoratrice che
denuncia le molestie sul luogo di lavoro è discriminatorio. I
giudici di Torino hanno stabilito un importante precedente che
potrebbe dare forza e convincere altre donne a non subire più abusi
e comportamenti scorretti da parte dei capi, né avere timore a
denunciarlo, non solo alle forze dell’ordine, ma anche solo
all’azienda. «L’impresa non è riuscita a provare in giudizio che
il trasferimento della ricorrente fosse l’unico modo per sottrarla
– doverosamente – al contatto con il molestatore, dato che analogo
risultato poteva essere ottenuto trasferendo ad altra unità
produttiva il superiore gerarchico autore delle condotte moleste»
spiega nella sentenza del 7 maggio la giudice del lavoro, Lucia
Mancinelli.
La donna, impiegata in una impresa di pulizie,
organizzata in cooperativa, che ha diversi appalti a Torino anche per
enti pubblici e che, ovviamente, per ragioni di riservatezza ha
ottenuto di restare anonima, aveva segnalato che a fine 2019,
nell’arco di un mese, era stata vittima di due gravi episodi di
“molestie sessuali e altri episodi vessatori” da parte del suo
capo squadra. Per cercare aiuto si era anche rivolta a uno studio
legale ed è proprio da una lettera dell’avvocata Francesca
Guarnieri che è partita la vertenza. Quando i padroni dell’impresa
di pulizie sono venuti a conoscenza del caso, anziché allontanare
l’uomo o licenziarlo, hanno deciso di trasferire la donna: «In
questo modo lei ha subito un danno perché è stata spostata di
sede e anche il suo orario di lavoro è mutato – racconta l’avvocata
-. Si tratta di un peggioramento delle condizioni di lavoro ingiusto
e immotivato, visto che lei ha solo cercato di porre fine ad
abusi».
Il 5 dicembre era partita la segnalazione e dopo appena
due settimane è arrivato il trasferimento: «Con la presente le
comunichiamo che, in conseguenza del fatto che lei tramite i suoi
legali ha lamentato situazioni di incompatibilità con il
responsabile dell’impianto in cui attualmente opera, con decorrenza
dal 27 dicembre 2019 disponiamo la sua assegnazione ad un’altra
unità produttiva» si legge nella missiva inviata dalla coop il 20
dicembre.
Il riferimento alle molestie denunciate è chiaro,
insomma: «Non è mai stato in discussione l’accertamento degli
episodi, anche se l’azienda a un certo punto ha cercato di fare
riferimento alla circostanza se i casi fossero stati o meno
denunciati all’autorità giudiziaria» continua Guarnieri.
L’azienda «si è limitata ad affermare l’impossibilità del
trasferimento del capocantiere ad altra unità produttiva, senza
tuttavia produrre documentazione idonea a dimostrare l’affermata
insostituibilità dello stesso» scrive la giudice Mancinelli. Per
questo la sentenza ha annullato il provvedimento di trasferimento e
dalla prossima settimana la donna potrà tornare al suo posto e
sarà il suo capo a dover cambiare sede e turno: «È un
provvedimento importante perché riconosce che i trattamenti
sfavorevoli assunti dal datore di lavoro costituiscono una reazione
alla denuncia da parte della lavoratrice dei comportamenti molesti
subiti dalla stessa e quindi hanno natura discriminatoria» conferma
l’avvocata.
(la Repubblica, 9 maggio 2020)