Il film di Ozon è ispirato alla vita di Marie Correlli autrice di fine ´800 poi dimenticata
Jane Austen diventa un personaggio privo delle doti per cui è diventata famosa
Mariolina Venezia
In questi giorni escono nelle sale a distanza di una settimana due film incentrati sul personaggio di due scrittrici: Angel, di François Ozon, ispirato all´inglese Marie Correlli, e Becoming Jane-Una donna contro, di Julian Jarrod, su Jane Austen, nei cinema da domani.
Raccontano entrambi gli inizi, le scelte esistenziali, le occasioni, che portano due ragazze qualunque, alla fine del Settecento Jane Austen, agli inizi del Novecento la Correlli, alias Angel, a diventare una un monumento della letteratura, l´altra una scrittrice molto famosa in vita, ma presto dimenticata.
Due donne molto diverse, schiva e riservata una, sfrontata l´altra, ma con qualcosa in comune: la letteratura, per entrambe, supplisce alla vita. La rimpiazza, la completa e a volte la fagocita. In un´epoca di realtà virtuale l´argomento è, se non nuovo, attuale. I due film lo trattano con diversa sensibilità.
“Qualora una donna sia dotata di fine intelletto, di spirito e di arguzia, dovrà custodire queste doti come un segreto”, viene detto alla giovane Jane Austen nel film di Jarrold. Ma a far tesoro dell´avvertimento sembra soprattutto il film, nel quale il personaggio della scrittrice è descritto senza che si ritrovi molto delle doti suddette, della leggiadra ironia e dell´allegra impertinenza di cui brillano i suoi romanzi. Sembrerebbe che il cinema, arte della superficie, sia poco adatto a descrivere i “paesaggi interiori misteriosi”, cui pure nel film si fa accenno, e se in The Hours la raffinata Virginia Woolf viene descritta come una sciattona col nasone, qui, per mostrare sullo schermo la libertà mentale di Jane Austen, si sente il bisogno di farle maneggiare come un maschio il bastone da cricket, o prendere l´iniziativa di baciare un uomo, chiedendogli poi per giunta se è stata brava. Proprio la scrittrice di “Orgoglio e pregiudizio” che nei suoi romanzi ha esplorato le superfici con elusiva grandezza, qui rischia di essere banalizzata nella sua scelta esistenziale. Non volendo scendere a patti con la vita, e accettare che “l´affetto è desiderabile, i soldi indispensabili”, votandosi allo zitellaggio, sintetizza così la sua nascente filosofia: “E´ la verità, ma va presa con un sorriso”.
Alla verità la scrittrice Angel, raccontata da Ozon, non è interessata. Preferisce ciò che è bello. “Odio Norley” – dice, riferendosi al suo paese – La gente lì è tutta cattiva e stupida”. E poi, parlando di sé: “Niente di quanto dico mi sembra reale, e forse un giorno smetterò io stessa di crederci”. Realizza, scrivendo, tutti i suoi sogni, e alla fine si rende conto di non aver vissuto. Ma l´affettuosa perfidia in technicolor con cui Ozon descrive il suo personaggio odioso e tenero, furbo e ingenuo, arrivista e puro, carnefice ma soprattutto vittima, con la sua sfacciata fragilità, mi sembra avere molto più a che fare con i paradossali e crudeli territori della letteratura, dove le cose si rovesciano e non sono mai come sembrano. “Non è forte come crediamo noi”, dice il marito Esmé nell´affidare Angel alla sorella prima di partire per la guerra. Quel marito pittore che forse non l´ha amata, ma l´ha capita più di chiunque, e sa darle l´unica verità di un amplesso anche brutale, che si contrappone alle sue romanticherie.
Angel diventa scandalosa, non perché prende anche lei l´iniziativa di baciare un uomo, ma perché ha il coraggio di dire che è fiera del suo romanzo, di credere caparbiamente nei suoi sogni e in ciò che scrive, a torto o a ragione, di spiattellare il suo sentimentalismo, ma anche il suo pacifismo. Niente è meno controllabile di una donna che ha il coraggio di sbagliare.
Che sia una libertine come Colette, o una grande zitella come Jane Austen, Emily Bronte, Emily Dickinson, capaci nel chiuso delle loro stanze di infinite audacie stilistiche e sentimentali, di fondamentalismi e libertà, ci sono state in tutte le epoche donne irriducibili, forse proprio perché abituate ad avere a che fare col materiale illimitato dell´immaginazione. La letteratura è territorio del diavolo, diceva Flannery O´Connor. Capace di consolare, di compensare, di ammortizzare l´attrito con la vita, ma anche di comprenderla meglio, a patto di non allontanarsene troppo, per poi scoprire di non aver vissuto. Questo lo sa, e se non lo sa lo scopre, chiunque ci abbia a che fare.