Cent’anni fa veniva assassinata a Berlino Rosa Luxemburg durante la repressione della rivolta spartachista del gennaio 1919.
Maria Concetta Sala, nel centenario della morte, le dedica un testo appassionato che attraversa il vasto epistolario che lei ci ha lasciato. A qualcuno la sua grandezza ha evocato l’immagine dell’aquila, a noi, ancora più preziosa, Maria Concetta Sala regala la scoperta che Rosa Luxemburg è donna per il nostro tempo, guida per il pensiero, l’azione, il linguaggio, una guida che vola altissima e che possiamo provare a seguire.
Segnaliamo due testi di recente pubblicazione:
– Rosa Luxemburg, Lettere di lotta e disperato amore, a cura di F. Tych e L. Basso, trad. it. di Br. Norton, UE Feltrinelli, 2019
– Rosa Luxemburg, Dappertutto è la felicità, trad. it. di E. Trabucchi, L’orma editore, 2019.
Riportiamo un estratto dell’articolo di M.C. Sala. In fondo, il link al sito in cui potrete leggere per intero il testo di Sala, completo di note e ricco di ulteriori racconti, citazioni e riferimenti ai due testi recenti sopra segnalati e ai molti volumi dell’epistolario di Rosa Luxemburg già pubblicati.
Paola Mammani (della redazione del sito della Libreria delle donne)
La militante protesa verso «tutto il mondo ridente dei fenomeni»
di Maria Concetta Sala
«Al contrario di tanti capi del movimento operaio, e soprattutto dei bolscevichi, in particolare Lenin, Rosa non ha ristretto la propria vita entro i limiti dell’attività politica. Fu un essere completo, aperto a ogni cosa, e al quale non era estraneo alcunché di umano. La sua azione politica era solo una delle espressioni della sua natura generosa. Da questa differenza tra lei e i bolscevichi riguardo all’atteggiamento interiore del militante nei confronti dell’azione rivoluzionaria derivarono anche i grandi disaccordi politici che nacquero tra loro, e forse, se Rosa fosse vissuta, il tempo non avrebbe fatto altro che acuirli. È grazie al carattere profondamente umano di Rosa che la sua corrispondenza conserverà sempre un interesse attuale, qualunque cosa apporti il corso della storia». Così leggiamo in una stringata recensione che la filosofa Simone Weil scrisse subito dopo aver letto la traduzione francese di una raccolta di lettere dalla prigione della rivoluzionaria polacca. Ed è proprio in virtù dell’umanità intrinseca al temperamento di una delle grandi personalità della tradizione marxista che sarebbe quanto mai necessario, a cento anni di distanza dal suo assassinio durante la repressione del moto spartachista (gennaio del 1919), leggerne e rileggerne le raccolte epistolari, giacché lo esigono questi nostri tempi, in cui siamo legni vieppiù storti. Una lettura che non può condursi se non riconoscendo la soggettività sessuata di chi scrive e di chi legge, soggettività sessuata che è una faccenda inerente non all’ontologia ma alla materia di cui siamo fatti, al nostro essere corpi sessuati dotati di cuore e di mente. […]
Dalle lettere emerge non solo il suo legame «da ogni parte, con sottili fili diretti, a mille creature grandi e piccole», con le quali vibra intimamente, ma anche la sua risolutezza a vivere la propria vita secondo una visione che evoca nel suo aspetto più profondo quella di una Simone Weil o di una Etty Hillesum. Lo si può costatare nelle parole con cui Rosa Luxemburg risponde alla questione «Perché è tutto così?» postale da Sophie Liebknecht: «Bambina mia, “così” la vita lo è da sempre, vi rientra tutto: dolore e distacco e ansia. Bisogna sempre prenderla con tutto ciò che comporta, e bisogna trovare tutto bello e buono. Io almeno faccio così per mia natura. Io sento istintivamente che questa è l’unica maniera giusta di prendere la vita, e perciò mi sento veramente felice in ogni situazione. Neppure vorrei essere privata di niente della mia vita, né vorrei avere nient’altro da quello che questa è stata ed è». […] Si respira in molti luoghi della vasta corrispondenza l’incrollabile fiducia che Rosa Luxemburg ha nel valore dell’umano, ovvero nel saper «rimanere saldi e sereni» e, quando è necessario, nel «gettare con gioia la propria vita “sulla grande bilancia del destino”», anche se dichiara di non poter trasmettere alcuna «ricetta per essere umani» e di sapere «soltanto come si è umani». […] Dalla lettura delle sue lettere e nel contempo dei suoi scritti teorici emerge con evidenza che non c’è, da una parte, la donna singolare più o meno fragile e stoica e, dall’altra, la militante rivoluzionaria più o meno rigorosa e inflessibile che riversa nella politica, nella palestra della pluralità, il proprio desiderio di vita. Il suo modo di occuparsi delle questioni dell’epoca e di schierarsi contro le ingiustizie a favore della costruzione di un ordine sociale totalmente nuovo attraverso una rivoluzione di lunga lena è il riflesso di un’attitudine interiore pervasa da un’intima gioia che si effonde nell’amore per la vita e gli esseri umani e che ineluttabilmente la porta a gettarsi nella mischia. […] La ricerca di uno stile espressivo consonante con il proprio sentire e con quello altrui balza evidente allorché Rosa, dopo aver spedito le bozze dell’opuscolo Sozialreform oder Revolution?, scrive a Leo che è posseduta dal bisogno di una forma dello scrivere incurante delle regole e degli stereotipi «in virtù della forza del pensiero e della convinzione», e che avverte l’esigenza di uno stile che incida «sulla gente come un fulmine», non con i mezzi della retorica «ma con l’ampiezza delle idee, con la forza della convinzione e con la forza dell’espressione». […]
Vissuta in un contesto di delitti e idiozie enormi, in tempi da lei tuttavia giudicati «meravigliosi» perché ponevano «problemi giganteschi» che stimolavano i pensieri, risvegliavano «la critica, l’ironia e la ricerca di un significato più profondo», Rosa Luxemburg ebbe coscienza del «crollo gigantesco del vecchio mondo» a cui stava assistendo, al contrario della maggior parte dei suoi contemporanei convinti «di continuare a camminare sulla terraferma». […] Eppure sappiamo che non dalle speranze dimostratesi fallaci nel gennaio del 1919 Rosa Luxemburg «attingeva la sua gioia e il suo amore compassionevole nei confronti della vita e del mondo». Lei li attinse dal suo esserci tutt’intera nelle condizioni di esistenza che le toccarono in sorte, dal suo fare assegnamento sull’autonoma capacità di giudizio di ciascuno/a, dal suo aderire a una concezione della libertà come sorgente vitale necessaria al risanamento di tutte le istituzioni sociali. La sua «inesauribile letizia interiore» si è tradotta in amore per il mondo che è di per sé politica, una politica rivoluzionaria che si radica nelle condizioni materiali e simboliche delle e dei singoli e dei contesti. È questa l’eredità che raccogliamo dalla sua vita e dalla sua opera e che la colloca nel novero delle donne a cui dobbiamo una re-visione delle categorie della conoscenza non disgiunta dalla percezione e dall’azione; i suoi scritti teorici appartengono alla storia della critica dell’economia politica e alla storia del pensiero politico europeo, è indubbio, ma il dato più rilevante concerne quel suo come continuare a essere umani, dispensato in modo semplice e grandioso ai destinatari e alle destinatarie delle sue lettere e a noi lettrici e lettori di oggi.
(https://noteblockrivista.blogspot.com/, luglio 2019)