di Maria Tatsos
Tutti conoscono Mozart, ma pochi sanno che il genio della musica aveva anche una sorella, Maria Anna detta Nannerl. Una bambina prodigio, virtuosa del clavicembalo, insegnante e compositrice. Non sapremo mai se fosse talentuosa tanto quanto il fratello, o magari anche di più, perché a un certo punto della sua vita si sposa – come era prescritto a tutte le donne – ed esce di scena. Un destino femminile comune, che spiega perché la storia di quest’arte sia un lungo elenco di nomi maschili con poche, recenti presenze dell’altro sesso. Dilettarsi a comporre o a suonare uno strumento era concesso, ma guai ad aspirare a una carriera professionale, almeno fino al secolo scorso.
Beatrice Venezi ne sa qualcosa: è una dei pochi direttori d’orchestra donna in Italia, un mestiere da sempre appannaggio maschile. Nel suo ultimo libro, Le sorelle di Mozart (Utet, 2020), ha voluto raccontare una storia della musica inedita, attraverso alcune delle figure femminili più significative. Compositrici, strumentiste, insegnanti, interpreti, artiste poliedriche. Donne che hanno osato e che sono state oggetto di pregiudizi e maldicenze. La maestra Venezi ci consegna un libro di facile lettura, in linea con il suo obiettivo di avvicinare il grande pubblico al mondo della musica classica. Un’impresa che fa già, con successo, sui social. «Cerco modalità di comunicazione più smart» spiega. «Se nei teatri mancano determinate fasce di età della popolazione, significa che abbiamo sbagliato qualcosa. Perché una volta che si accede, la musica classica è in grado di parlare a tutti».
Come è nata l’idea di raccontare le donne musiciste?
Negli ultimi tempi ho ricevuto molte critiche per la mia volontà di sottolineare l’aspetto femminile attraverso il vestire, o le tematiche di cui parlo. E più mi viene detto di desistere, più insisto. Per questo motivo ho deciso di scrivere di queste donne straordinarie che, sebbene dimenticate o ricordate solo come “mogli, madri o figlie di”, sono state chiavi di volta importanti nell’evoluzione della musica.
Come ha fatto a identificarle?
Ho puntato su quelle che mi erano più vicine, perché avevo incontrato le loro partiture, o perché le loro storie erano state particolarmente rivelatrici. Ciascuna di loro per una piccola parte è in me, e devo ringraziarle se oggi posso salire su un podio come direttore d’orchestra. Ovviamente non poteva mancare in questa selezione Nadia Boulanger, che è stata la prima donna a dirigere con successo.
Boulanger le è stata d’ispirazione nelle sue scelte?
Sì, certamente, ma non dal principio. Quando ho intrapreso gli studi di direzione d’orchestra, non mi ero resa conto dei pregiudizi legati all’essere donna e svolgere un lavoro che storicamente è maschile. Ho mosso i primi passi con musicisti che non mi hanno fatto notare la differenza di genere. Dopo l’ingresso in Conservatorio, ho iniziato a capire. Ma sono piuttosto testarda e ho colto la sfida.
Nel Seicento, Barbara Strozzi è un fulgido esempio di donna libera: compositrice virtuosa e madre di quattro figli, compagna di un uomo sposato. Quindi, chiacchieratissima.
Essere donna e musicista era quasi sconveniente. Da secoli gira la calunnia che per essere artista chissà quali talenti nascosti deve avere una donna. Non è che oggi vada molto meglio: forse è bene parlare del passato per renderci conto che tanti passi avanti non li abbiamo fatti. In realtà, quando si parla di donne del passato si ha spesso un atteggiamento quasi pietistico nel narrare gli ostacoli che hanno incontrato. Anch’io racconto le difficoltà, ma ci tengo a sottolineare la potenza del loro messaggio. Sono donne che, nonostante tutto, sono riuscite a imporsi, le loro sono storie di successo. Prendiamo Clara Schumann: benché ricordata come moglie di Robert, come compositrice è un punto di snodo fondamentale fra la musica del marito e quella di Brahms, e in seguito è presa da modello persino da Ciaikovskij.
Eppure Clara Schumann passa la vita all’ombra degli uomini. Perché?
È il condizionamento ambientale della società che ancora oggi, in alcuni casi, spinge a pensare che una donna debba vivere in funzione di un uomo. Non c’è niente di male ad avere un compagno e una famiglia, ovviamente, ma una donna deve vivere per se stessa. Come ha fatto Louise Farrenc. Siamo nell’Ottocento e con il futuro marito, Aristide, crea un duo e insieme girano l’Europa tenendo concerti. Poi, al rientro a Parigi lei riprende a comporre e a insegnare. Ha lottato per tutta la vita per ottenere la parità salariale e ci è riuscita. Anche Martha Argerich, la celebre pianista, rompe questo schema: tre figlie da tre compagni diversi, e il pianoforte al primo posto. Lei è un punto di riferimento per tanti giovani musicisti, come lo è stata Nadia Boulanger. Ci insegnano che la maternità non è solo biologica, è sapersi prendere cura dell’altro per farlo crescere professionalmente, nutrire il talento.
Nel titolo evidenzia Nannerl Mozart.
«Mia sorella, colei che possiede il vero talento» ha detto di lei il fratello. E se lo dice un genio come Mozart, c’è da fidarsi. Eppure, di questa compositrice eccezionale non ci è rimasta nessuna partitura. La sua vicenda è significativa della censura che si imponeva alle donne.
Dopo tante virtuose della musica classica, cosa c’entra un personaggio come Björk?
Non volevo porre limiti e barriere fra i generi musicali e ci tenevo ad arrivare fino ai giorni nostri. Björk rappresenta un unicum nella storia della musica moderna. Ha un linguaggio tutto suo, è una grande sperimentatrice. La sua capacità di stare sul palcoscenico e di comunicare anche attraverso la performance la riallaccia alla tradizione operistica. Nonostante tutte le sue contraddizioni, è un’artista che è riuscita ad autodeterminarsi, senza cedere alla paura di non essere vendibile sul mercato.
Quale storia le è rimasta più nel cuore?
Quella di Ildegarda di Bingen perché siamo nel Medioevo, un periodo in cui le donne non avevano alcun ruolo. È una figura innovativa, caratterizzata da indipendenza, libertà di pensiero e libero arbitrio. Una sorta di Leonardo ante litteram. Parla in pubblico ed è consigliera del Barbarossa. E da monaca, dice alle sue consorelle di curare la propria bellezza perché è un dono che fanno a Cristo.
Beatrice Venezi, lucchese, trent’anni, dirige l’Orchestra della Toscana e l’Orchestra Milano Classica. Lo scorso anno è uscito il suo primo album intitolato My Journey – Puccini’s Symphonic Works, dedicato al grande musicista suo conterraneo. La rivista Forbes l’ha inserita fra i 100 giovani under 30 più influenti. Attualmente è nella giuria di Sanremo Giovani ed è testimonial di Pink Union, movimento a sostegno della salute delle donne. Le sorelle di Mozart è il suo secondo libro. Il primo, sempre edito da Utet, è Allegro con fuoco. Innamorarsi della musica classica.
(Corriere della Sera-Io Donna, 13 gennaio 2021)