di Silvia Baratella
Quando un’idea è radicata nella propria verità soggettiva offre un guadagno a tutte. Ne ho avuto conferma una volta di più leggendo da femminista eterosessuale Noi le lesbiche – Preferenza femminile e critica al transfemminismo [autrici varie, ed. Il dito e la luna. 93 pagine, 12 euro].
Fedeli alla loro esperienza, le cinque autrici – Flavia Franceschini, Lucia Giansiracusa, Cristina Gramolini, Stella Zaltieri Pirola, Sabina Zenobi, tutte attiviste di Arcilesbica Zami – prendono parola per darne conto, a partire da sé e dalla preferenza per le donne. «La parola che secondo noi ci definisce e definisce tutte le donne che amano le donne e che preferiscono le donne è “lesbica”» (Prefazione). La scelta del verbo “preferire” mi ha colpita. Amare non esaurisce tutto, “preferire” è qualcosa di più, c’è un’assunzione di responsabilità verso i propri sentimenti, c’è un’intenzione politica. “Preferire” rimanda al piacere della scelta, alla soddisfazione di averla fatta, al riconoscimento della forza che ci è voluta per farla.
«Cos’hanno dunque in comune le lesbiche? Siamo nate femmine e abbiamo tutte saputo immaginare l’impensabile amore con un’altra donna; tutte abbiamo saputo disobbedire al divieto e fatto esperienza di un rapporto bello e imprevisto, quello della preferenza amorosa tra due donne, tutte singolarmente abbiamo avuto una grande forza.» (cap. 2.1 – Esseri umani di sesso femminile)
La preferenza vissuta per un’altra donna smentisce l’irrilevanza del sesso cosiddetto “biologico” e non si lascia includere in altre esperienze. Marca un’irriducibile asimmetria e ne fa fonte di libertà:
«Siamo esterne al campo del desiderio maschile, mentre non lo sono gay, trans, bisessuali, gender fluid ed eterosessuali. […] Non essendo accessibili al godimento maschile, […] osiamo smascherare le pretese maschili. Non siamo al servizio di piani altrui, il senso della vita di una donna non è essere al servizio di piani altrui – il senso di nessuno è di essere al servizio di piani altrui.»
Da qui un punto di vista autonomo messo liberamente in gioco, a partire da una felice consapevolezza di sé, che si inscrive nella genealogia femminile: «Siamo esseri umani, il nostro sesso è femminile, come quello della madre che ci ha fatto nascere. Siamo diventate lesbiche e abbiamo scelto di accettarlo […]» (cap. 2.1). Una scelta vissuta con una gioia che anima anche la polemica delle autrici contro certi imperativi di “fluidità” che vorrebbero liberare tutti e tutte dagli schemi tradizionali, ma al contrario rischiano di produrre ancor più norme e normalizzazione.
Alla parte più teorica si intrecciano narrazioni e considerazioni personali (vd. cap. 5 – Il senso attuale della politica lesbica) e il libro si conclude con un respiro di prospettiva (cap. 6 – Le ragazze continuano a innamorarsi e 7 – Cosa vogliamo?), che abbraccia il mondo e non resta confinato al confezionamento di “diritti” su misura.
La scrittura è attenta a chi non conosce la storia e le parole affrontate nel libro: nulla è dato per scontato e tutto è definito con precisione. Leggere Noi le lesbiche è un piacere, come per le autrici è un piacere preferire le donne.
(www.libreriadelledonne.it, 14 ottobre 2021)