di Caterina Soffici
Scrivono forsennatamente, ad amici, amanti, famigliari. Quella degli epistolari è una scrittura più intima e meno controllata rispetto ai libri. Diventano quindi meravigliosi squarci di quotidianità, dove si parla di tutto, anche di cuoche che non si trovano, di gestione domestica, di cose apparentemente minime, ma che ci rendono più vivi i personaggi famosi. Vanessa Bell e Virginia Woolf si scrivono spessissimo, quasi tutti i giorni. Sono lettere spontanee e disinibite, che rispecchiano gli alti e bassi, gli umori dello scorrere della vita, dei rapporti con amici, famiglia e amanti, piene di giudizi e anche pettegolezzi che rompono il rigido schema puritano e bigotto dell’epoca vittoriana. A noi sono arrivate quasi quattromila lettere a testa: di queste Vanessa ne ha scritte a Virginia 373, quella di Virginia a Vanessa sono 495. In Se vedi una luce danzare sull’acqua Liliana Rampello, una delle più importanti studiose italiane della Woolf e socia fondatrice dell’Italian Virginia Woolf Society, ne ha selezionate 72 di Vanessa e 99 di Virginia, quasi tutte inedite in Italia. Una scelta “arbitraria”, come avverte la curatrice, dettata dalla volontà di rappresentare al meglio la natura della complessa relazione tra le due sorelle. Le seguiamo dalla giovinezza del primo cognome, quando ancora si chiamano entrambe Stephen (figlie di Sir Leslie) e la famiglia abita ancora al famoso indirizzo di 22 Hyde Park Gate, passando per i numerosi lutti, le prime manifestazioni dell’infermità mentale di Virginia fino al passaggio a Bloomsbury e all’altro famoso indirizzo di Gordon Square, frequentato anche da Clive Bell e Leonard Woolf, che diventeranno i rispettivi coniugi e le sorelle sbocciano nelle proprie arti: Virginia nella scrittura e Vanessa nella pittura.
Tanto è stato scritto sulle due sorelle e sulla natura del loro rapporto, ma in questa scelta si percepisce il profondo affetto che le lega e si confuta una volta per tutte l’idea di una rivalità tra artiste (l’antagonismo è un automatismo di un certo tipo di narrazione, quando si ha a che fare con due donne estrose, affascinanti e intelligenti). Piuttosto c’è una sotterranea vena di gelosia, gelosia buona come spesso accade tra sorelle. E una certa invidia di Virginia per la maternità di Vanessa, che lei rifugge ma da cui allo stesso tempo è attratta. Lei non sarà mai madre, ma sarà sempre una zia affettuosa e affezionatissima per i figli di Vanessa e la sprona a non farsi fagocitare dalla famiglia, dalle incombenze e a perseguire nella sua arte. Si scrivono molto di arte, di pittura, di scrittura, sicure entrambe della propria strada, Virginia anche del proprio successo, perché più di una volta parla di una sua biografia, che non vorrebbe mai scrivere. Intorno a loro gira il vorticoso circolo di Bloomsbury e i vari personaggi che lo hanno animato entrano ed escono nella corrispondenza con la stessa facilità di cameriere, figli, banalità, spese.
Virginia si firma Billy la Capra e soprannominerà la sorella Delfino. La prima è più estroversa, ironica, tagliente, volatile e sembra quasi innamorata della sorella, più solida, seppure donna sensuale e seduttiva, che diventa il punto di riferimento di Virginia alla morte della madre e poi del padre. Più tardi le cose si capovolgeranno quando Vanessa perde il figlio volontario nella guerra di Spagna ed è Virginia il faro a cui puntare per trovare un porto sicuro in cui rifugiarsi.
Le lettere coprono il periodo dal 1904 al 1941. Sono divise in tre sezioni: “Ragazze” (1904-1912); “Penna e pennello” (1913-1936); “Amore e morte” (1937-1941).
Già dai titoli dei capitoli si può intuire la scansione della vita. La giovinezza di ragazze privilegiate in una casa dove si respira arte e letteratura, dove l’educazione è parte della quotidianità, dove si viaggia e si studiano le lingue. Una vita felice e più o meno spensierata, almeno finché non arriveranno i lutti a creare la rottura. Poi il periodo della maturità, della fecondità artistica e di donne, ognuna con la propria personalità ma sempre legatissime, che si cercano e si raccontano tutto, Nessa (l’altro soprannome) più riservata e meno espansiva, Virginia un turbine di sensazioni, umori e sensazioni. E infine l’arrivo della guerra, altri lutti, altro grigiore che si addensa intorno alle sorelle. La vita di Vanessa è devastata dalla morte del figlio Julian, partito per combattere contro Franco in Spagna. La depressione di Virginia torna più potente che mai. Si scrivono comunque tutti i giorni, una si aggrappa alla penna l’altra ai pennelli per trovare un minimo di serenità ma nelle lettere nessuna delle due indulge nel lutto o nel dolore. Siamo comunque in quel tipo di Inghilterra e con quel tipo di educazione. Il 1941 è già cupo di distruzione, le bombe cadono su Londra, macerie ovunque, case distrutte (compresa la sua). Il finale è noto e Vanessa sopravvive altri vent’anni alla sorella, «fragile ma non sopraffatta», anche se ormai gli anni d’oro sono affondati nell’acqua insieme ai sassi con cui Virginia si è riempita le tasche.
(La Stampa – Tuttolibri, 5 ottobre 2024)