Edizione dell’Arco (luglio 2010)
Il Sudan, un paese dilaniato dalla guerra, raccontato attraverso persone, colori, emozioni, suggestioni. Così Sara Bellettato, autrice di Sudan – Fiori nel deserto, narra di questo luogo speciale e non privo di contraddizioni.
Storie di donne, bambini, uomini, gente comune, povera che vive a stenti tra un caldo insopportabile e la polvere che imperversa in ogni luogo, ma anche storie di privilegiate, privilegiati che riescono a sfuggire alla povertà.
Sara racconta la quotidianità delle persone e dei luoghi attraverso i suoi occhi, occhi di una narratrice che osserva e trasmette senza giudicare, lasciando al lettore la libertà di farsi le sue idee e opinioni a riguardo. Il libro è ricco di particolari e descrizioni dei luoghi e delle persone, come per esempio le piante e l’abbigliamento. Tutte suggestioni capaci di trasmettere un’emozione di realtà. Leggendo, sembra infatti di trovarsi proprio lì, nelle situazioni descritte dall’autrice: sembra di vedere i colori, di sentire gli odori delle piante e dei cibi. Sara ci parla anche delle ONG e delle persone che ci lavorano. Narra del divario che separa le loro vite da quelle della gente locale. Racconta inoltre dei potenti: situazioni di abbondanza e sfarzo assolutamente in contraddizione con le condizioni di povertà e miseria cui è costretta a vivere la gente comune.
Sara parla anche delle donne. Racconta le loro storie. Qualcuna è ricca, altre sono povere, altre ancora segnate da un destino crudele. Mi colpisce la storia di due ragazze, due mogli, in particolare una ufficiale e una futura, di un giovane, avvolte nei loro colorati thop (un’ampia stoffa leggera e colorata con cui le donne si avvolgono fin sopra la testa lasciando scoperto il viso per motivi religiosi e per ripararsi dal sole e dalla polvere) di una azzurro e dell’altra rosa con una fantasia a piccoli fiori. Sara ci racconta di loro mentre sono al fiume assieme al marito durante un giro in macchina. Leggo di Mama, una cuoca, di Amani, segretaria di una ONG e figlia di possidenti che organizza una grande festa per la circoncisione dei due nipoti, party a cui partecipa una moltitudine di gente privilegiata che fa parte di una fortunata élite di persone che hanno la possibilità di sfuggire alla povertà. E ancora Fatma, che incontriamo avvolta in un thop rosa, una cleaner impiegata in una ONG, una ragazza povera ma piena di vita e di iniziativa. Molto toccante anche la storia di una madre di due ragazze giovani, palestinese ma bianca e così le figlie, il cui marito è militante di Hamas. Per questo e per il loro colore della pelle rischiano la vita. Sara racconta ancora della figlia del guardiano o della giovane ragazza, sfuggita alle milizie dello Spla -People Liberation’s Army del Sudan che le hanno ucciso il padre e portato via il fratello, che viene abusata dal padrone da cui va a lavorare come inserviente ad El Obeid.
Ma Sara ci parla anche di uomini. Racconta di Tarik,il pilota, di Jean Luc Racine, militare canadese veterano delle operazioni di PeaceKeaping che ha assistito impotente al genocidio quando era osservatore internazionale in Rowanda. Oppure la vicenda di Mohammed, ingegnere, originario del Darfur che vive una storia d’amore molto romantica che racconta il Darfur come una terra da sogno.
L’epilogo narra di una drammatica storia di immigrazione in Italia. Una fuga dal Sudan da parte di un padre di famiglia non priva di dolorose e lunghe separazioni dalla moglie e dai figli. Complice della sua sofferenza l’attuale legge sull’immigrazione in Italia.
Persone, storie, emozioni, colori. E’ il Sudan raccontato da Sara.
L’AUTRICE SARA BELLETTATO
Viaggi intorno al mondo, diversificate esperienze nei vari Paesi, la conoscenza di culture e popolazioni diverse caratterizza il curriculum di tutto rispetto della giovane autrice Sara Bellettato, che attualmente è impegnata a Milano dove lavora con Caritas Ambrosiana occupandosi di un progetto rivolto ai cittadini stranieri senza permesso di soggiorno trattenuti nel Cie di Via Corelli. Per l’autrice questo è il suo primo libro ” …pensa che il giorno che è andato in tipografia con le edizioni dell’Arco mi ha chiamato la EMI (editrice missionaria italiana) che lo volevano pubblicare. Ma ormai era tardi… sarà per il prossimo! – scherza Sara.
Ma da cosa nasce il desiderio di scrivere questo testo?
“La voglia di raccontare è nata dal desiderio di far conoscere questo Paese e la sua gente – racconta Sara – ma in primis come segno di riconoscenza e di rispetto per tutte le persone che ho incontrato e che sono state la mia guida e la mia chiave di lettura per il Sudan, il Darfur e l’intrico di etnie che lo compongono”.
La conoscenza di quei luoghi di cui ha reso così bene le persone, le sensazioni, le emozioni parte dalla sua professione “Ho lavorato per 4 mesi come cooperante di una piccola ONG italiana in Darfur, nel 2005 – spiega Sara-. Mi spostavo tra Khartoum, la capitale del Sudan, Nyala, la capitale del Sud Darfur, e El Daein, un paesino a 60 km da Nyala, ma raggiungibile solo con i voli delle nazioni unite, perché la strada era troppo pericolosa”
L’incontro con la popolazione del posto è avvenuta sempre grazie al suo lavoro “Ho avuto attorno tanti colleghi sudanesi bravissimi, che sono stati la mia guida – ha raccontato -. Grazie a loro, ho potuto capire meglio il Sudan, le sue tradizioni e contraddizioni, la grande ricchezza culturale e le risorse naturali. Ho conosciuto il grande cuore delle persone, e questo non si può dimenticare”.