29 Marzo 2025
il manifesto

Trieste, la rotta balcanica e quella linea abissale

di Laura Marzi


Per un comunismo della cura di Gian Andrea Franchi edito da DeriveApprodi (pp. 192, euro 18) è un testo fondamentale per chi voglia riflettere sul presente, il recente passato e avere una visione del futuro in cui i fenomeni migratori, per ragioni climatiche e scenari di guerra, sono destinati ad aumentare drasticamente. Franchi è uno dei fondatori di Linea d’Ombra, un’organizzazione di volontariato nata a Trieste nel 2019 che riunisce gli attivisti che accolgono i profughi della rotta balcanica, diretti soprattutto verso il nord Europa, nella piazza antistante la stazione di Trieste, ribattezzata Piazza del Mondo.

Si tratta di un’esperienza che nasce da un’azione spontanea di Lorena Fornasir che di fronte allo scenario di uomini e donne coi piedi martoriati dal cammino lungo e difficoltoso, decide di occuparsi di quelle ferite, per aiutarli a proseguire nel loro percorso. Del resto, scrive Franchi, «la cura si esprime efficacemente nel contatto fra i corpi».

La cura, come indica il titolo, è uno dei temi fondamentali di questo testo così denso e allo stesso tempo lucido: «la cura è politica o non è cura» chiarisce però Franchi. In un contesto quale quello neoliberista in cui viviamo, la cura viene rimossa perché non è funzionale al sistema capitalista che è, come già Marx indicava, mortifero più che votato alla salvaguardia della vita.

Del resto, come viene chiarito qui, quando a dominare è la produzione e quindi il tempo deve essere interamente votato al profitto, «il lavoro di riproduzione», cioè la cura, viene declassato o reso invisibile, nonostante sia ciò che garantisce la vita della specie umana, risaputamente vulnerabile. Gian Andrea Franchi sottolinea, poi, come la tanto millantata sicurezza, parola entrata nel discorso pubblico ormai da tempo e che sembra essere diventata l’unico obiettivo dei governi occidentali, abbia la sua etimologia nell’assenza di cura, derivando proprio da sine cura. C’è nel modo in cui l’autore descrive l’esperienza nella Piazza del Mondo qualcosa di miracoloso, non tanto per il valore etico evidente di quello che vi accade, ma per la lucidità con la quale analizza il posizionamento di Linea d’Ombra.

Significativamente in diversi punti del testo Franchi chiarisce che occuparsi degli altri significa prendersi cura di sé: «Chiunque si occupi, in qualsiasi chiave, umanitaria o politica di singoli, gruppi o popolazioni che subiscono gli effetti di situazioni tragiche, lo fa, prima di tutto, perché ne riceve senso per la sua esistenza». Linea d’Ombra affronta appunto la cura degli «esuli» scrive Franchi, utilizzando un’espressione che ha rimandi ben diversi da migranti o profughi: gli esuli sono persone che non possono più vivere nel loro paese per ragioni politiche, a loro volta conseguenze delle azioni colonialiste dei governi occidentali.

Per questo, nominandone la complessità e talvolta i risvolti fallimentari, definisce gli incontri con gli esuli un «furto di senso». Esiste, infatti, quella che Franchi chiama «la linea abissale» che separa noi discendenti dai colonizzatori da loro vittime del colonialismo, una differenza che descrive ulteriormente distinguendo la nostra condizione di «avere un corpo» da quella degli esuli di «essere un corpo». «Avere un corpo» comporta che il sistema capitalista lo voglia ingabbiare e controllare, «essere un corpo» impone di aderire al senso dell’esistenza che presuppone la morte, ma non in termini di castrazione estrema, bensì come parte della vita.
Non c’è un punto in questo testo in cui Franchi definisca il sistema neoliberista migliore o auspicabile rispetto al «game» dell’esilio e la sua visione sorge da un’osservazione diretta, dal «farne esperienza».

Nell’epoca contemporanea prevale, però, l’impedimento dell’esperienza, scrive Franchi, a causa di «quel radicale conformismo» dominante, cioè la normalizzazione imposta dal sistema capitalista. È da qui che deriva secondo lui l’indifferenza dilagante che è a sua volta origine del razzismo. Per un comunismo della cura è un testo in cui coesistono riflessioni a partire dall’esperienza, appunto, nella Piazza del Mondo, ma anche maturate dallo studio costante della filosofia, da Marx a Judith Butler. Infatti, Franchi non solo puntualizza come «l’inferiorizzazione razziale delle donne sia stata la prima e più radicale forma di razzismo», ma ribadisce spesso che il femminismo è l’espressione più efficace della politica di Re-esistenza che lui si auspica. «La tenacia nella durata è un’arte assai difficile» scrive ancora Franchi che la pratica nel suo impegno quotidiano con gli esuli a Trieste, nei suoi studi e nel tentativo indefesso e delicato di comprendere la realtà che ci circonda e che spesso ci curiamo di rimuovere.


(il manifesto, 29 marzo 2025, Trieste, la rotta balcanica e quella linea abissale | il manifesto)

Print Friendly, PDF & Email