di Barbara Bonomi Romagnoli
Prostituzione e dintorni: il “piano” (sempre rimandato) del governo, una chiacchierata con Pia Covre e gli appuntamenti del 30 aprile a Roma
Il dibattito su prostituzione e dintorni è acceso, fuori e dentro il Parlamento, e la politica non manca di fare annunci. Come quello fatto il 16 aprile scorso da Giovanna Martelli, consigliera del presidente del Consiglio per le Pari Opportunità che in una nota stampa afferma: «Il Governo presto emanerà il Piano nazionale di contrasto alla tratta e alla prostituzione. Ma si apra una riflessione anche sugli utilizzatori finali». E aggiunge: «È precisa intenzione del governo licenziare in breve tempo il Piano Nazionale di contrasto al fenomeno della tratta. Questo è un passaggio fondamentale senza il quale non possiamo pensare di affrontare la forma peggiore di sfruttamento umano, quella che vede i corpi di donne e uomini venduti e comprati come puri strumenti, “produzione di valore”, da impiegare nel mercato, come mano d’opera a basso costo, come corpi da smembrare per l’espianto di organi, come corpi da offrire come oggetti di piacere». Alla richiesta di maggiori dettagli, informazioni su tempi e contenuti del “Piano” in questione, e se sono state contattate le dirette interessate, la consigliera Martelli non risponde.
Peccato. Allora rivolgo la domanda alle Lucciole di Pordenone, ossia il Comitato per i diritti civili delle prostitute (Cdcp) da decenni in prima linea con un prezioso lavoro culturale e politico per migliorare la condizione di chi si prostituisce, ma soprattutto per ribadire che qualunque sia la propria posizione non può venire meno il rispetto della dignità e dei diritti delle/dei sex workers. Non è una questione da poco considerando che anche nei movimenti delle donne e femministi ci sono posizioni oltranziste, guai a dire «Sex work is work».
Il Cdcp fa parte fra l’altro anche della «Piattaforma anti tratta» [vedi piattaformaantitratta.blogspot.it] una rete nazionale che lavora nei progetti di integrazione delle donne che sfuggono alla violenza e allo sfruttamento coatto. E a proposito di violenza, manca ancora il rifinanziamento del Piano nazionale, nonostante la Convenzione di Istanbul e le tante raccomandazioni Cedaw-Onu.
Spiega Pia Covre: «Come Piattaforma dovremmo incontrare a Roma entro fine aprile Giovanna Martelli e avere anche noi maggiori informazioni sul Piano nazionale anti tratta che continua a essere rimandato e che dovrebbe prevedere una regia interministeriale. Siamo preoccupate perché arrivano spesso informazioni contraddittorie in termini di temi, tappe e contenuti (a esempio sul tema “regionalizzazione del sistema”, che cosa vuol dire?). Abbiamo la percezione che vogliano “scaricare” i progetti e disimpegnarsi, un esempio su tutti: è dal 2012 che non esce il bando del Dpo [Dipartimento Pari Opportunità] e continuano a fare proroghe di sei mesi».
Il piano nazionale lo esige l’Europa, per dirla con uno slogan, e nel documento europeo si chiede di ridurre la domanda di prostituzione, aspetto che viene molto apprezzato a esempio dal femminismo svedese che preme per punire i clienti.
Qui in Italia nelle ultime settimane si è tornato a parlare di zoning, come quello che da vent’anni viene sperimentato a Mestre e che prevede l’assistenza in strada, la tutela e i servizi sanitari per chi si prostituisce con la messa in campo di operatori e mediatori culturali.
«Se ora pensano di poter fare l’uno e l’altro cioè regolamentare il fenomeno e punire la clientela sarebbe una posizione che ben rappresenterebbe la tipica schizofrenia delle politiche italiane su questo tema»: così sintetizza Pia Covre che insieme al Codacons e all’associazione Radicale Certi Diritti il 30 aprile a Roma presenterà un progetto di legge in risposta a quella firmata in maniera trasversale da 70 parlamentari [link a http://27esimaora.corriere.it/articolo/prostituzione-nuove-norme-limportante-e-debellare-le-reti-criminali-che-controllano-lindustria-del-sesso/] e che è in discussione in aula. L’appuntamento è doppio: alle 15.30 nella sede dei Radicali Italiani (via di Torre Argentina 76) per un confronto aperto e libero da pregiudizi e poi alle 22 flashmob ai Fori imperiali.
Nel loro invito a partecipare alla loro conferenza le/i sexworkers scrivono:
«Vengano, parlamentari e sindaci, e ascoltino le nostre proposte. Le ragionevoli proposte delle/i sex workers.
Sex worker, escort, gigolò devono essere ascoltate perché niente può essere fatto senza la partecipazione delle/i interessate/i.
Le proposte presentate in Parlamento non sono soddisfacenti. Molte contengono norme che sono contro i diritti e la libertà dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso. Da tempo siamo impegnati su queste tematiche e abbiamo elaborato proposte che nascono dalla realtà osservata e vissuta e non campate su fantasie teoriche inappliccabili. Invitiamo tutta la società civile, le associazioni, i movimenti e i parlamentari a un pomeriggio di confronto per contribuire a una buona legge.
In attesa di un 1 Maggio che includa anche le lotte delle/i lavoratrici/ori del sesso invitiamo anche i rappresentanti dei sindacati a partecipare alla Conferenza perché il lavoro sessuale è lavoro. Lavoro informale e totalmente ignorato, abbandonato ai margini della società e spesso in mani criminali».
Covre, cosa non vi convince delle proposte che sono al momento in discussione in Aula?
«In quasi tutte le proposte di legge viene affrontato il punto delicato della prevenzione sanitaria alla diffusione delle infezioni sessualmente trasmesse chiedendo l’applicazione di controlli sanitari obbligatori. Tesserini e certificazioni ottenibili dalle Asl, con obbligo di esibirli a clienti e a tutti quelli che lo chiedono. Ora su questo tema esistono linee guida precise fatte dall’Organizazione Mondiale della Sanità e anche dalle Nazioni Unite contro l’Aids. Non si migliora la salute pubblica con gli accertamenti e i trattamenti coatti ma con adeguate campagne di informazione e educazione alla prevenzione e con la disponibilità di servizi sanitari di buona qualità accessibili a tutte/i. Spesso le politiche sanitarie non rispondono ai bisogni della cittadinanza, troppe persone vengono discriminate e restano escluse. Un esempio molto concreto: le persone che provengono dalla Romania attualmente in Italia non hanno diritto al servizio sanitario pubblico, ma noi vediamo che ci sono centinaia di donne e anche uomini provenienti da quel Paese che si prostituiscono. Se vogliamo abbattere il rischio della diffusione di malattie è indispensabile che abbiano accesso al servizio sanitario nazionale. Fra l’altro, l’orientamento dei Paesi neo-regolamentaristi (Germania, Olanda, ma anche Nuova Zelanda ecc) è stato di abolire l’obbligo dei controlli sanitari proprio quando hanno fatto le nuove leggi.
Un altro aspetto delicato è la tutela della privacy. Non si possono fare regolamenti con tanta leggerezza chiedendo a chi intende fare questo lavoro di registrarsi qua e là in vari uffici pubblici (anche tre in alcune leggi proposte) e usare il proprio nome nell’esibire il tesserino a ogni richiesta di presunti clienti ecc. Sappiamo che nella pratica è davvero difficile tutelare la privacy, soprattutto per chi è stigmatizzato dai pregiudizi sociali.
Poi c’è il capitolo della tassazione che in queste proposte è affrontato fantasiosamente o con eccessivo rigore, mentre credo che se non ci si rapporta con la realtà qualunque modello di tassazione avrà come risultato un fallimento. Anche perché saremmo l’unica categoria sociale a subire una eccessiva criminalizzazione in caso di violazione delle regole e sanzioni esagerate. Insomma lo stile è “Ci date i vostri soldi, avrete diritto a quello che è rimasto del welfare, potete considerarvi lavoratori/trici ma guardate bene la lista dei divieti e degli obblighi, non allargatevi troppo perché abbiamo il bastone pronto!”».
Resta il nodo della discussione: la maggior parte delle persone crede che la prostituzione non possa essere una libera scelta, ogni giorno escono post e articoli su questo. Un recente articolo sul sito della libreria delle donne di Milano [http://www.libreriadelledonne.it/la-controversa-liberta-di-prostituirsi/] parla di controversa libertà di prostituirsi e l’autrice desidera “un mondo in cui nessuna donna abbia un rapporto sessuale che non sia per il proprio piacere. Dunque un mondo senza prostituzione”.
Di nuovo è negata la possibilità che si possa fare sesso a pagamento per proprio piacere. Che ne pensate?
«La prostituzione suscita fantasie di ogni genere. Per me il piacere è sempre stato quello di farmi pagare per una cosa che si suppone l’uomo pretenderebbe essere gratuita. Il successo della prostituzione per la maggior parte si fonda su un lato oscuro del desiderio che deve contenere un po’ di trasgressione, un po’ di peccato per chi è credente, un po’ di gusto del proibito. Sbaglia chi pensa che queste cose valgano solo per i maschi.
Si tranquillizzino quelle che vogliono un mondo senza prostituzione. La “normalizazione” del lavoro sessuale a mio parere finirà col demolire il fascino del proibito, del peccato e della trasgressione. Quando diventerà un “asettico servizio del benessere” non ci sarà più gusto e chi vorrà trasgredire si inventerà altro per cercare emozioni».