di Annalisa Comes
In questi giorni di obbligata astinenza dalla vita sociale, di chiusura di negozi, fabbriche, servizi, scuole, università, stadi, teatri e accademie, la realtà virtuale imperversa.
Dopo i primi giorni di esaltazione e di indigestione, ho cominciato ad avvertire un gran senso di insoddisfazione e di grande spaesamento. Eppure, quanti concerti, film, letture ad alta voce, visite virtuali di tutti i tipi, quanti appuntamenti per condividere un aperitivo online, una lezione di svedese o la favola della buona notte. Ma cos’è che manca? mi sono chiesta, oltre all’evidente mancanza di tutto ciò che è reale, tangibile, afferrabile con le nostre mani, o ancora annusabile, percepibile con tutti i nostri sensi? Cosa manca a questa valanga di offerte, di proposte, erogazioni e omaggi?
Una cosa importantissima: la domanda. Perché chiedere, forse lo abbiamo dimenticato, è fondamentale. Nasce da noi, dalle nostre esigenze, dalla nostra intimità. Dal silenzio e dal vuoto. Questa bulimia dell’offerta inibisce la domanda, che è il principio della ricerca, della curiosità, della crescita individuale, dell’educazione. Bisogna imparare a fare domande.
Oggi invece, è come se entrassimo in un enorme, babelico self-service, dove virtualmente, tutti i piatti – caldi e freddi, buoni e cattivi – sono là, imbanditi per noi. Non ci resta che allungare la mano e servirci.
Ma come facciamo a sapere cosa desideriamo, di cosa abbiamo veramente bisogno? Senza il silenzio, il riconoscimento di un vuoto e senza la formulazione delle nostre domande, anche il più appetitoso cibo virtuale scade e va a male. E se mangiato diventa altamente indigesto.
(www.libreriadelledonne.it, #VD3, 10 aprile 2020)