Hanno fondato Roma, secondo l’antica leggenda, Romolo e Remo (o Remolo, nella versione berlusconiana).
Per quanto riguarda la Libreria delle donne di Milano, secondo il Corriere della sera, le fondatrici sarebbero Adriana Cavarero e Luisa Muraro (vedi p. 17 del Corriere di lunedì 19 giugno 2017). Questa non è una leggenda, questa è una notizia fasulla tipica del regime della post-verità. Non a caso: la troviamo nel profilo biografico di Adriana Cavarero che, su quella stessa pagina, mostra di sapere in che cosa consista il regime della post-verità, in teoria come in pratica.
Nel tradizionale regime della verità storica, che per molti e molte vale ancora, la Libreria si è aperta nel 1975 ed è stata fondata da un gruppo di femministe riunite nella cooperativa Sibilla Aleramo, fra le quali spicca il nome di Lia Cigarini, avvocata milanese che si ispirò all’esempio della Librairie des femmes della Rue des Saints-Pères a Parigi. Accanto al suo, ricordiamo i nomi di Elena Medi e Giordana Masotto. Vi compare anche quello di Luisa Muraro, una fra le altre.
Questo sia detto per più motivi. Primo, che da un giornale come il Corriere, che a Milano è nato e si pubblica, ci aspettiamo una migliore conoscenza della Libreria delle donne di Milano. Secondo, per segnalare che la Rete è una fonte sovrabbondante di notizie, ma non una fonte attendibile. Infine, per combattere la tendenza a sommare tutto intorno a pochi nomi, sempre gli stessi. Questa tendenza, cui corrisponde la pigrizia dell’informazione, calpesta una preziosa e potente caratteristica del movimento delle donne, che è la sua capacità di valorizzare le donne, tutte e ciascuna nella propria singolarità, indipendentemente dai criteri della scena illuminata. Senza lo strappo storico della rivolta delle donne e senza il pensiero femminile che si è sprigionato con la rivolta, non ci sarebbero un’adriana cavarero o una luisa muraro.
(www.libreriadelledonne.it, 23 giugno 2017)