di redazione
Nell’intervista rilasciata oggi a La Stampa, la sondaggista di fiducia di Berlusconi Alessandra Ghisleri ricorda che nell’aprile 2009 furono le dichiarazioni dell’ex-moglie Veronica Lario sul ciarpame senza pudore e le figure di vergini offerte al drago a sfatare il mito di Berlusconi, che aveva resistito fin lì a tutte le denunce politiche e all’azione della magistratura.
Veronica Lario tolse all’ex-marito il credito che lo teneva in piedi con la forza della sua verità soggettiva. Ma tutto era cominciato il 13 gennaio 2007 con la prima lettera che scrisse a Repubblica, esemplare nella semplicità di linguaggio, nella forza femminile che esprime e nella radicale consapevolezza.
La ripubblichiamo, seguita da uno stralcio dell’intervista di Annalisa Cuzzocrea a Ghisleri, come esempio della potenza trasformativa dell’autorità femminile.
La redazione del sito
la Repubblica, 13 gennaio 2007
Lettera al Direttore
di Veronica Lario*
Egregio Direttore,
con difficoltà vinco la riservatezza che ha contraddistinto il mio modo di essere nel corso dei 27 anni trascorsi accanto ad un uomo pubblico, imprenditore prima e politico illustre poi, qual è mio marito. Ho ritenuto che il mio ruolo dovesse essere circoscritto prevalentemente alla dimensione privata, con lo scopo di portare serenità ed equilibrio nella mia famiglia. Ho affrontato gli inevitabili contrasti e i momenti più dolorosi che un lungo rapporto coniugale comporta con rispetto e discrezione. Ora scrivo per esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel corso della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti, dove, rivolgendosi ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a considerazioni per me inaccettabili: «… se non fossi già sposato la sposerei subito», «con te andrei ovunque».
Sono affermazioni che interpreto come lesive della mia dignità, affermazioni che per l’età, il ruolo politico e sociale, il contesto familiare (due figli da un primo matrimonio e tre figli dal secondo) della persona da cui provengono, non possono essere ridotte a scherzose esternazioni. A mio marito e all’uomo pubblico chiedo quindi pubbliche scuse, non avendone ricevute privatamente, e con l’occasione chiedo anche se, come il personaggio di Catherine Dunne, debba considerarmi “La metà di niente”. Nel corso del rapporto con mio marito ho scelto di non lasciare spazio al conflitto coniugale, anche quando i suoi comportamenti ne hanno creato i presupposti. Questo per vari motivi: per la serietà e la convinzione con la quale mi sono accostata a un progetto familiare stabile, per la consapevolezza che, in parallelo alla modifica di alcuni equilibri di coppia che il tempo produce, è cresciuta la dimensione pubblica di mio marito, circostanza che ritengo debba incidere sulle scelte individuali, anche con il ridimensionamento, ove necessario, dei desideri personali. Ho sempre considerato le conseguenze che le mie eventuali prese di posizione avrebbero potuto generare a carico di mio marito nella sua dimensione extrafamiliare e le ricadute che avrebbero potuto esserci sui miei figli.
Questa linea di condotta incontra un unico limite, la mia dignità di donna che deve costituire anche un esempio per i propri figli, diverso in ragione della loro età e del loro sesso. Oggi nei confronti delle mie figlie femmine, ormai adulte, l’esempio di donna capace di tutelare la propria dignità nei rapporti con gli uomini assume un’importanza particolarmente pregnante, almeno tanto quanto l’esempio di madre capace di amore materno che mi dicono rappresento per loro; la difesa della mia dignità di donna ritengo possa aiutare mio figlio maschio a non dimenticare mai di porre tra i suoi valori fondamentali il rispetto per le donne, così che egli possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati.
RingraziandoLa per avermi consentito attraverso questo spazio di esprimere il mio pensiero, La saluto cordialmente.
(*) seconda moglie di Silvio Berlusconi
La Stampa, 13 giugno 2023
Ghisleri: “Berlusconi cambiò linguaggio alla politica, più dei processi poté la moglie”
Intervista di Annalisa Cuzzocrea
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Spesso sembrava voler sedurre anche gli avversari.
«Dopo il discorso di Onna, quando mise il fazzoletto dei partigiani, lo chiamai, era in elicottero con Bonaiuti. Gli dissi che aveva il 75 per cento di indice di fiducia. Ci fu un momento di silenzio».
E poi?
«Chiese: quell’altro 25 per cento che non mi ama, perché? Quando fece il predellino mi spiegò, dalla macchina, le sue ragioni: doveva tenere unita una situazione che si stava sfarinando».
C’erano i problemi con la giustizia, il rapporto difficile con la stampa, il controllo dell’informazione.
«Nonostante tutto quel che accadeva la fiducia non veniva scalfita. A farlo, più di tutto, è stata la seconda lettera della moglie Veronica».
Più dei processi?
«Assolutamente. Mi chiamò nella notte dicendo che dovevamo gestire questa cosa e per dirmi quali avrebbero potuto essere le conseguenze».
Perché il colpo veniva dall’interno?
«Perché veniva dalla famiglia. Berlusconi era un uomo con diciassette nipoti, ha sempre messo al centro della sua narrazione il valore della famiglia».
E quindi, la frase sulle «vergini che si offrono al drago» lo ha danneggiato più di ogni altra cosa?
«Sì, soprattutto per il voto delle donne, che era sempre stato un suo punto di forza».
[…]
(www.libreriadelledonne.it, 13 giugno 2023)