Eleonora Graziani
Ho apprezzato molto l’intervento di Massimo Lizzi Noi uomini pacifici e rispettosi siamo davvero sempre pacifici e rispettosi? prima di tutto perché riprende un concetto politico del femminismo anni ’70, non del tutto chiaro o perlomeno non dovutamente evidenziato nei numerosi interventi della stampa e mediatici degli ultimi tempi. La domanda che chiede risposta è se la violenza sulle donne conviene a qualcuno e, in caso affermativo, a chi. La risposta politica del femminismo, ancora influenzato dalle analisi di sistema di impronta marxista, era che la violenza sulle donne fosse funzionale ad un sistema di dominio maschile di matrice capitalista. Lizzi spiega molto bene le ragioni di convenienza dell’indebolimento sistematico delle donne, come competitrici formidabili nel mondo del lavoro: più creative, efficaci ed efficienti sono state contrastate con salari inferiori, con difficoltà a conciliare il tempo di lavoro con gli impegni famigliari, con ricatti sessuali, con mobbing di vario genere. Per queste ragioni le donne hanno spesso rinunciato a privilegiare la carriera e in molto settori pur a netta prevalenza femminile, come la scuola o la sanità, i dirigenti sono spesso uomini.
A questo oggettivo carico di ostacoli nel mondo del lavoro si aggiunge l’ulteriore compito, più che mai urgente, di controllare la propria relazione con il partner. Come scrive acutamente Lizzi: Nella relazione privata, lei tiene conto del potenziale violento di lui, anche quando lui è un uomo pacifico. I commenti che si sono letti sui 118 femminicidi del 2023 e sui 9 del 2024, sono stati quasi tutti di critica a una debole preveggenza femminile, che deve denunciare ai primi segnali, non si deve mettere con individui simili, si deve proteggere prima. A parte il fatto che Filippo Turetta era un ragazzo modello, che molte avevano denunciato e sono state uccise lo stesso, o forse proprio per questo, tali giudizi indicano come la società stia caricando il mondo femminile di un’ulteriore responsabilità: controllare che la rabbia maschile non degeneri in aggressione, come ha scritto Caterina Balotta La rabbia degli uomini, mentre a gennaio 2024 crescono i femminicidi. Non una parola di autoanalisi maschile, a parte Lizzi, sulla carica di violenza che sentimenti comuni come la gelosia, il desiderio di possesso, l’invidia portano gradualmente con sé, se non riconosciuti, compresi, trasformati. Il lavoro di autocoscienza è stato uno dei pilastri del femminismo anni ’70 nella convinzione tuttora riconfermata dell’importanza di partire da sé, non da paradigmi esterni, ma da ciò che si sente e si vuole veramente. In altri termini non si diventa un mostro improvvisamente, ma giorno dopo giorno, accumulando false immagini di se stessi, nella mancanza di sincerità, nella pesantezza del silenzio fra i partner.
Tutte le 127 donne uccise fra il 2023 e il 2024 non si immaginavano che quello che un tempo era stato un amore le potesse ammazzare con decine di coltellate, non per stupida ingenuità, ma perché in una donna è molto raro che la rabbia si trasformi in aggressione. Non riusciamo a immaginarci quello che non ci appartiene e pretendere che siano le donne a difendersi dagli uomini delega ancora una volta le proprie responsabilità ad altri. Per gli uomini il riconoscimento delle proprie emozioni sarebbe un primo passo per non esserne schiavi, aiuterebbe ad arginare il cieco impulso nella sua corrente distruttiva. Noi la nostra autocoscienza l’abbiamo fatta, ora, come ha fatto Massimo Lizzi, comincino gli uomini.
(periscopio online, 2 marzo 2024)