di Rosalba Galli
Il 25 settembre scorso ha suscitato l’interesse di molte persone la presentazione alla libreria NeaPolis di viale Teocrito (Siracusa) del libro Vietato a sinistra – Dieci interventi femministi su temi scomodi (a cura di Daniela Dioguardi, Castelvecchi 2024), un titolo forte e chiaro che chiama al confronto su questioni che negli ultimi anni hanno provocato conflitti aspri e rotture sia nell’universo femminista che nei partiti e nelle organizzazioni progressiste e di sinistra. Le autrici dei dieci capitoli del libro sono dodici donne, femministe, studiose e professioniste che operano in diverse regioni e fanno parte della rete di discussione, elaborazione e scambio che si chiama Dichiariamo.
Ecco gli argomenti “scomodi” che creano contrasti e disagio a sinistra e che sono stati affrontati alla libreria NeaPolis da tre delle autrici del libro presenti invitate dalla libraia Annalisa Sansalone.
– Le conseguenze della logica paritaria, abbracciata dalla sinistra, che comporta l’ammissione delle donne a cogestire un mondo pensato e regolato da uomini a loro misura, secondo tempi, ritmi e modalità che non tengono conto della differenza femminile.
– La parificazione del ruolo materno e paterno, le conseguenze della legge 54 del 2006 che stabilisce e regola, in modo penalizzante per le madri, l’affido condiviso nelle separazioni.
– La censura e il silenziamento del dibattito democratico e della libertà di pensiero rispetto a questi temi considerati scomodi e su cui si sfugge il confronto e la discussione.
– La prostituzione, la pornografia, tutto il sistema prostituente non possono essere considerate attività lavorative come altre, espressioni di libertà, autodeterminazione e scelta di donne (o uomini) banalizzando o sorvolando sulle implicazioni teoriche e pratiche e disconoscendo il racconto e le esperienze dirette di molte donne che la prostituzione l’hanno praticata.
– La differenza sessuale delle donne viene cancellata con l’adozione del neutro in nome dell’inclusione di quegli uomini, che mantenendo intatti i loro attributi sessuali, si percepiscono donne, si sentono discriminati e preferiscono che le donne siano chiamate “esseri umani mestruanti” o “esseri umani con utero”.
– Le difficolta che incontrano le associazioni femminili a causa delle norme che regolano il RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore) secondo le quali le associazioni femminili e femministe devono avere iscritti maschi, anche se si chiamano Unione donne italiane o Arcilesbica, per usufruire dei sostegni pubblici al Terzo settore.
– Riflessioni sul concetto di “identità di genere” che sostituisce il “sesso” e comporta la neutralizzazione delle differenze grazie alla cui esistenza l’umanità esiste e continua a riprodursi.
Alla fine l’elemento unificante del libro è il corpo femminile con le sue potenze. La rappresentazione davanti a cui ci troviamo nel mainstream progressista contemporaneo racconta come sia naturale e giusto che il corpo femminile, ormai emancipato dal destino patriarcale di oggetto di servizio del maschio (padre/marito/padrone) e liberato dalla condanna della maternità obbligatoria, debba avvalersi come crede della libertà che ha raggiunto e all’occorrenza possa mettersi in vendita sul “libero” mercato della gestazione per altri, della prostituzione, della pornografia, occupazioni peraltro praticabili anche prima della (supposta) liberazione ma con il vantaggio di essere ora considerate, nella visione della modernizzazione progressista, come pratiche evolute e democratiche espressione della libertà individuale e dell’autodeterminazione femminile.
Dunque, guardando ai fatti nudi senza avanzare giudizi, la donna secondo questa lettura avrebbe fatto un percorso di precarizzazione della propria condizione, passando dalla posizione di dipendente moglie/figlia/madre e con un ruolo sociale garantito, a “libera professionista” che si propone al mercato dei corpi femminili con le sue oscillazioni e competizioni.
D’altra parte, però, in questo contesto di sistema sociale democraticamente aggiornato e ordinato secondo le norme e il linguaggio del gender, il corpo femminile si trova contemporaneamente ad affrontare una prova estrema: la propria neutralizzazione. La parola donna (ma non la parola maschio, che non entra mai in questa revisione linguistico-simbolica, forse perché la parola uomo sinonimo di maschio ma con doppia personalità di neutro universale, rimane saldamente il significante di umanità e dunque non è coinvolgibile in questo terremoto linguistico), la parola donna secondo questo contesto democraticamente aggiornato non dovrebbe più invece significare un corpo definito dall’appartenenza al sesso femminile.
È soprattutto questo malinteso sul significato delle parole collegate alla differenza sessuale e la confusione simbolica che ne deriva, che rende difficile il confronto su questi temi cosiddetti divisivi.
Il potere, la dote procreativa del corpo della donna, per esempio, in questo contesto torna ad essere svalorizzato, come ai tempi del patriarcato trionfante quando il corpo femminile era il contenitore del figlio o, con meno soddisfazione, della figlia del maschio, maschio di cui la donna, o almeno il suo corpo, era proprietà.
Nel business della surrogazione (parliamo per approssimazione di un ammontare globale di poco meno di cento miliardi di dollari) la procreazione, smontata in procedure produttive differenziate (selezione e scelta degli ovociti/gameti sul mercato, procedure contrattuali attraverso le reti di agenzie preposte, selezione dell’utero e gestazione-consegna del prodotto finale) sono state messe a punto procedure di razionalizzazione del processo produttivo che ottimizzano i risultati finali e allo stesso tempo riducono il disagio dei committenti e i problemi gestionali degli esercenti del commercio. La procreazione, separata dalla sessualità, diventa una techné e il corpo femminile diventa un mezzo di produzione. Uno strumento per questo organizzato e ricco mercato globale della Gestazione per altri.
E non si può non pensare che sia proprio la non accettazione della potenzialità procreatrice del corpo femminile (altro che invidia del pene!) che porta a confondere il desiderio di essere genitore con il diritto di essere genitore, con una compulsione identitaria che ha fatto sostenere ad alcune donne con il pene che la differenza sessuale femminile è discriminatoria nei confronti dei maschi che si percepiscono donne arrivando al paradosso per cui l’impossibilità del corpo maschile di procreare viene considerata una condizione patologica penalizzante da risarcire con il finanziamento mutualistico della surrogazione.
La libreria NeaPolis di Siracusa ha in programma un altro incontro di riflessione e confronto su questioni che riguardano le pratiche politiche femministe, si terrà il prossimo 19 ottobre alle 17,30. Al centro dell’incontro ci sarà il libro Femminismo mon amour, Quaderni di via Dogana 2024, che raccoglie testi di varie autrici e autori. Sarà presente Laura Colombo della Libreria delle donne di Milano.
(La Civetta di Minerva – lacivettapress.it, 1/10/2024)