19 Ottobre 2023
La Svolta

Israele e Palestina: chi sono le donne che chiedono la pace

di Chiara Manetti


Pochi giorni prima degli attacchi di Hamas contro Israele e dei bombardamenti israeliani su Gaza, centinaia di donne vestite di bianco, impugnando ombrelli nivei, si sono riunite attorno al Museo della Tolleranza di Gerusalemme. «Vogliamo la pace», hanno cantato le manifestanti. «Smettetela di uccidere i nostri figli». Tutte quelle donne, israeliane e palestinesi, hanno chiesto la fine di un conflitto che attanaglia i loro popoli da decenni, un conflitto che è tornato a riempire le prime pagine dei giornali tre giorni dopo quella manifestazione pacifista organizzata da Women Wage Peace e Women of the Sun.

Il 7 ottobre 2023, il movimento israeliano Women Wage Peace ha pubblicato l’immagine di una colomba ferita e macchiata di sangue, con un messaggio: «Mattinata orribile. I nostri cuori sono con i residenti del centro e del sud di Israele e con le nostre forze armate. Osserviamo lo svolgersi degli eventi con il fiato sospeso. State al sicuro. Mantenete i vostri cari al sicuro».

Due giorni dopo, il gruppo pacifista femminista ha denunciato il rapimento da parte del gruppo militante palestinese di Vivian Silver, una delle più note attiviste per la pace tra israeliani e palestinesi e fondatrice di Women Wage Peace. Suo figlio, Yonatan Ziegen, ha sentito la madre al telefono quando il kibbutz Be’eri dove viveva, una piccola comunità proprio sul confine con Gaza, è stato attaccato da Hamas. «Ti voglio bene, mamma. Non ho parole. Sono con te». «Ti sento», gli ha risposto lei su whatsapp. E poi, più nulla. Da allora, non si hanno notizie di Silver.

Nei giorni successivi, il movimento ha scritto: «Ogni madre, ebrea e araba, dà alla luce i suoi figli per vederli crescere e fiorire e non per seppellirli. Ecco perché, anche oggi, nel dolore e nella sensazione che la fede nella pace sia crollata, tendiamo una mano pacifica alle madri di Gaza e della Cisgiordania». Il 13 ottobre, intervistata dal quotidiano israeliano Haaretz, la co-direttrice del movimento palestinese Women of The Sun Layla Sheikh ha spiegato: «Vogliamo essere oneste e aperte, ma dobbiamo anche stare attente perché ci sono persone nella società palestinese che non approvano ciò che facciamo (il nostro lavoro femminista e la nostra partnership con Women Wage Peace). Ma come donne, come madri e come palestinesi, dobbiamo dire la nostra verità». La fondatrice del gruppo, Reem Hjajara, ha raccontato di avere «una figlia, sedici anni, e due ragazzi, diciotto e quattordici. Voglio che vivano una vita migliore della mia. Non penso solo a mia figlia, ma a tutta la comunità».

Entrambe le organizzazioni, spiega su The Conversation Siobhan Byrne, direttrice dell’Institute for Intersectionality Studies della University of Alberta, sono nate dopo la guerra di Gaza nel 2014, che durò 50 giorni e causò la morte di oltre 2.200 palestinesi. Women Wage Peace è stata fondata proprio quell’anno, e oggi conta circa 45.000 membri israeliani: è il più grande movimento pacifista con sede in Israele. Women of the Sun, con sede a Betlemme, è più recente: è nata nel luglio 2021 dalle palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana. I due gruppi fanno parte dell’Alliance for Middle East Peace, una coalizione di oltre cento organizzazioni non governative che lavorano per promuovere la riconciliazione tra israeliani e palestinesi.

L’iniziativa di Women Wage Peace e Women of the Sun non è l’unica a chiedere una risoluzione del conflitto: il movimento Women in Black in Israele risale al 1988, in risposta all’inizio della prima Intifada palestinese, e chiede ancora oggi “Stop all’occupazione” con delle veglie settimanali in tutto il Paese. Qualche anno dopo, nel 1993, donne palestinesi e israeliane hanno dato vita a Jerusalem Link, uno dei programmi congiunti per le donne più famosi e riconosciuti a livello internazionale, nato in seguito al processo di pace di Oslo. Il gruppo riunì le donne israeliane rappresentate da Bat Shalom (Figlia della Pace) e le donne palestinesi coinvolte nel Markaz al- Quds la l-Nissah (Centro per le Donne di Gerusalemme).

Lo sforzo collettivo di queste donne non arretra. In occasione della visita in Israele di Joe Biden, Women Wage Peace ha diffuso un messaggio rivolto al presidente degli Stati Uniti: «La imploriamo di aiutarci a prevenire un’ulteriore escalation e altri danni a vite innocenti da entrambe le parti, di garantire il rilascio immediato e sicuro di tutti gli ostaggi e di aiutarci a risolvere il conflitto piuttosto che a gestirlo». E infine: «Ascolti la preghiera delle madri: porti loro la pace».


(La Svolta, 19 ottobre 2023)

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