di Maria Elena Viggiano
Dopo la perdita improvvisa del marito, Umabathi viveva con i tre figli nel villaggio di Manuvakottai, nel cuore del Tamil Nadu in India. Apparteneva alla casta degli intoccabili (dalit) e non riusciva a mantenerli. Tutto è cambiato quando ha ricevuto in dono una capra tramite i Toolkit di Interlife, un modello di sviluppo economico che nasce per creare opportunità di lavoro in contesti di estrema povertà. Umabathi ha avviato la sua attività e ha passato il testimone del Toolkit a Single Mary, appartenente a una casta superiore, che poi ha offerto il suo supporto a Josephine Kulanda, di un’altra casta ancora.
Si è innescata così una catena di solidarietà tra donne. «È inusuale questo passaggio tra caste ma è emerso in modo spontaneo, un esempio straordinario», racconta Giorgia Gambini, presidente di Interlife Onlus, un’organizzazione di cooperazione internazionale che dal 2008 opera in Africa e Asia per contribuire a ridurre la povertà, promuovere la sicurezza alimentare, offrire opportunità formative e lavorative.
Jayaseeli Mary invece viveva in un appartamento piccolissimo senza servizi igienici con le sue tre bambine. Il marito, non riuscendo a pagare i debiti, si era tolto la vita davanti alla sua famiglia. Con il Toolkit Sartoria, Jayaseeli Mary ha ricevuto la formazione e una macchina da cucire per avviare la sua attività mentre con il «Sostegno a distanza a 360°» la prima figlia Sara ha iniziato a frequentare la scuola. «Ho visto i suoi disegni bellissimi – dice Gambini che ha raccolto direttamente la testimonianza -. Intanto la madre è riuscita a pagare i debiti, mi ha colpito la grande voglia di riscatto». La stessa di una donna con un figlio con disabilità che, dopo aver avviato un allevamento di capre, è stata considerata dalla comunità «autonoma e indipendente riuscendo a superare anche il tabù legato alla disabilità».
A differenza del microcredito basato su un prestito economico, il Toolkit Interlife offre formazione, materie prime e strumenti necessari per avviare un’attività imprenditoriale, commerciale o produttiva. Dopo 12 o 24 mesi dall’avvio dell’attività, con i proventi il beneficiario di prima generazione sostiene la formazione di un altro beneficiario innescando così «una serie di processi scalabili e replicabili». Partito nel 2012 in India dove sono state avviate oltre 600 attività, questo modello di sviluppo dal 2018 è presente anche in Africa con più di 4 mila attività e il coinvolgimento della quinta generazione di beneficiari.
«In questo modo è possibile prevenire anche le migrazioni verso altri Paesi – sottolinea Gambini -. Prima di avviare un progetto vengono fatti studi di fattibilità e i beneficiari devono rispondere a specifici requisiti, di solito sono persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. In India il tessuto sociale prevede dei self-help group costituiti da donne che segnalano situazioni critiche o di sfruttamento».
Per Gambini, «bastano poche centinaia di euro per trasformare queste persone in imprenditori. Il nostro obiettivo ora è avere più fondi e interlocutori a livello governativo, un’opportunità potrebbe essere partecipare al Piano Mattei (il progetto del governo per l’aiuto ai Paesi africani, ndr)». Inoltre il modello Toolkit ha obiettivi di sostenibilità poiché valorizza le risorse naturali, favorisce la riscoperta di pratiche locali e la riforestazione di aree sub-sahariane a rischio di desertificazione.
(Corriere della Sera, la 27esima ora, 22 gennaio 2024)