10 Dicembre 2024
Corriere della Sera

Avere un figlio aumenta il rischio delle donne americane di essere uccise

di Elena Tebano


Negli Stati Uniti il solo fatto di rimanere incinta o di avere da poco dato alla luce un bambino aumenta del 20% la probabilità di una donna di essere uccisa. Nel caso delle ragazze con meno di 25 anni addirittura lo raddoppia. È un dato impressionante a cui il New York Times dedica un lungo articolo. La causa di questo aumento drastico del rischio di morte legato alla maternità sono i femminicidi, cioè la violenza maschile sulle donne. Nella maggior parte di questi omicidi, infatti, l’assassino è il partner o l’ex partner.

«I decessi per omicidio – scrive il New York Times – vengono solitamente omessi dalle statistiche sulla mortalità materna perché non sono considerati sufficientemente correlati alla gravidanza stessa. Ma l’omicidio non è un’anomalia rara per le donne incinte e post-parto: è una delle principali cause di morte. Questo rende gli omicidi associati alla gravidanza, come vengono chiamati dagli epidemiologi e dai ricercatori sanitari, un vero e proprio problema di salute pubblica». La violenza maschile è la seconda causa di morte per le donne incinte o neo-madri (il primo sono le overdosi da droga) e il rischio aumenta per tutte le donne, ma è particolarmente alto per le madri nere.

«Lo stress e le turbolenze emotive di una gravidanza, soprattutto se inaspettata, possono esacerbare una relazione già violenta. Secondo gli esperti di violenza domestica, l’abuso precede quasi sempre la gravidanza. La violenza domestica è radicata nel potere e nel controllo e la gravidanza è un vincolo che può cambiare la dinamica di una relazione. Una volta che i partner sono legati da un bambino all’orizzonte, i maltrattanti possono sentirsi più impuniti ed esacerbare il loro comportamento. Improvvisamente, non ci sono solo legami emotivi, ma anche legali e finanziari. E altrettanto improvvisamente, per una donna incinta, diventa molto più difficile andarsene» spiega ancora il New York Times, che racconta la storia di una vittima ventenne, Markitha Sinegal, neomamma di due gemelle di nove mesi, uccisa dal padre delle bambine che lei voleva lasciare perché era violento e controllante.

In questo aumento del rischio di femminicidio ci sono alcuni fattori prettamente americani, come la diffusione delle armi da fuoco: circa tre quarti degli omicidi rilevati da questa statistica sono compiuti a colpi di pistola o fucile. È noto che se gli uomini maltrattanti hanno una maggiore disponibilità di armi letali è più probabile che le usino. E questo, a parità di violenza nella relazione di coppia, aumenta il numero di femminicidi. Una delle forme di prevenzione raccomandate dal quotidiano americano è quindi diffondere e applicare meglio le leggi, già presenti in alcuni Stati americani, che permettono di togliere le armi a chi ha precedenti di qualsiasi tipo per violenza domestica o lesioni personali. Un altro strumento di prevenzione consigliato è migliorare le informazioni sulla contraccezione e l’accesso all’aborto per far sì che le donne che non vogliono portare avanti una gravidanza possano scegliere di non farlo (negli ultimi due anni però l’accesso all’aborto è stato fortemente limitato se non eliminato del tutto in molti Stati americani).

Sarebbe importante anche includere nelle visite pre- e post-parto degli screening per la violenza di genere, a cominciare dai cosiddetti test Isa per la valutazione del rischio di femminicidio (si può fare anche online qui) e formare le forze dell’ordine e i medici in modo che sappiano rilevare e segnalare meglio i rischi connessi alla violenza domestica. In Italia in parte si è fatto con alcune sperimentazioni (come il codice rosa negli ospedali), ma dovrebbe diventare un approccio sistematico: la carenza di risorse nei pronto soccorso e nella medicina territoriale non aiuta nemmeno per questo aspetto.

Tra gli strumenti di prevenzione segnalati dal New York Times ce n’è infine uno molto complesso e importante: «Insegnare ai giovani come si presentano le relazioni pericolose. Le bandiere rosse di una relazione che tende all’abuso possono essere difficili da vedere se non si sa cosa cercare. L’apprendimento di ciò che è sano può iniziare in classe con i bambini piccoli». È quello che in Italia sta cercando di fare anche Gino Cecchettin con la Fondazione intitolata a sua figlia Giulia.

In Italia non ci sono dati statistici sul legame tra maternità e rischio femminicidio, ma è noto che le donne vengono uccise soprattutto nell’ambito delle relazioni di coppia. Nel 2023 il tasso delle donne uccise da un partner o un ex partner – sia esso un coniuge, un convivente o un fidanzato o un amante – è stato dello 0,21 per 100mila donne (del tutto simile a quello del 2022, che era stato dello 0,20). È un tasso più basso di quello medio europeo (in Germania per esempio è dello 0,32 per 100 mila) e questo fatto viene spesso usato per dire che in Italia i femminicidi non sono un vero problema. Ma è un uso strumentale dei dati, perché prescinde da un fatto fondamentale: l’Italia ha il tasso di omicidi più basso d’Europa. Per valutare l’incidenza dei femminicidi basta confrontare il tasso delle donne uccise da partner o ex (0,21 ogni 100mila) con quello degli uomini uccisi da un/a partner o ex, che è dello 0,02 ogni 100mila uomini. Dieci volte di meno.


(Corriere della Sera, 10 dicembre 2024)

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