di Aya Ashour
Dopo 17 mesi di stragi, distruzione e sofferenza, la popolazione di Gaza alza la testa. Da quattro giorni sono scoppiate proteste a Beit Lahia, nel nord di Gaza, per chiedere che Hamas si dimetta dal potere. I civili sono scesi in strada, chiedendo una vita dignitosa e senza guerra. Secondo l’attivista Amin Abed, uno degli organizzatori, i preparativi della protesta sono stati interrotti da pesanti bombardamenti israeliani. La casa di uno dei giovani organizzatori, Yusuf Alayan, è stata colpita dall’Idf, e sono morte nell’attacco la figlia e la madre.
Nonostante le tragedie subite a causa dei bombardamenti israeliani, l’idea della protesta contro Hamas si è diffusa rapidamente anche durante i funerali, portando a una grande partecipazione. Video e foto condivisi sui social media mostravano uomini, donne e bambini che scandivano “Fuori, fuori, Hamas fuori!”. Portavano cartelli con scritto: “Vogliamo vivere”, “Vogliamo dignità”, “Basta guerre” e “Il sangue dei nostri figli non è a buon mercato”. Un anziano di Beit Lahia è diventato virale online mentre diceva: “Vogliamo pace, dignità e diritti. Rifiutiamo lo sfollamento e l’essere governati con la forza”.
Il movimento, iniziato a Beit Lahia, si è rapidamente esteso al campo di Jabalia e a Shuja’iyya. Sono in corso proteste anche a Khan Younis, Nuseirat e Deir al-Balah. L’attivista Abed ha spiegato: “Questo movimento è stato spontaneo, ma ci siamo preparati per sole dodici ore. La gente era pronta a scendere in strada. Si tratta del seguito delle proteste del passato, in particolare del movimento Vogliamo vivere”. Il movimento Vogliamo vivere è nato nel 2017 ed è stato violentemente represso da Hamas. È riemerso nel 2019, ma ha finito per essere nuovamente represso. Molti dei suoi leader, tra cui Abed, Hassan Jamal, Ramzi Herzallah e Amjad Abu Kosh, sono stati arrestati, picchiati e persino uccisi. Lo stesso Abed è stato brutalmente picchiato da uomini di Hamas l’8 luglio 2024, durante questa guerra. Gli sono stati rotti gli arti, i denti sono andati in frantumi e ha riportato gravi ferite alla testa, tanto da richiedere un’evacuazione medica urgente negli Emirati Arabi Uniti. Ma Abed trova ancora la forza di parlare: “Questo movimento riflette la volontà del popolo di porre fine allo spargimento di sangue e di liberarsi da Hamas. Hamas dà a Israele una scusa per continuare a uccidere e sfollare. Per 18 anni ha governato con il pugno duro, causando distruzione senza alcun reale guadagno nazionale o popolare. Hamas e i suoi sostenitori, tra cui Al Jazeera, stanno cercando di demonizzare il nostro movimento per giustificare la sua repressione”. Al Jazeera, ad esempio, ha raccontato le proteste come fossero solo una richiesta di porre fine alla guerra di Israele contro Gaza, ignorando il fatto che si tratta di un movimento anti-Hamas. Molti attivisti palestinesi hanno criticato questa vulgata, sostenendo che i media preferiscono ritrarre i gazawi come vittime piuttosto che come persone che chiedono i loro diritti.
Hamas ha tentato di reprimere alcune delle proteste, ma non è riuscito a metterle completamente a tacere. Le manifestazioni hanno messo in luce un malcontento diffuso, rendendo più difficile per Hamas nascondere la rabbia pubblica. Altri sostengono che le proteste siano sbagliate e che dovrebbero essere rivolte a Israele, che continua a uccidere civili indipendentemente dalla posizione politica. Temono che le proteste possano alimentare il conflitto interno e servire gli interessi di Israele indebolendo l’unità palestinese. I sostenitori della resistenza armata sostengono che le armi di Hamas sono essenziali per la liberazione, mentre i critici ritengono che ci siano altri modi per resistere all’occupazione oltre al confronto militare.
Anche Israele ha guardato alle proteste con sospetto. Il Canale 12 israeliano ha citato un alto funzionario che ha avvertito: “Potrebbe trattarsi di un inganno di Hamas”. Il funzionario ha ammesso di essere sorpreso dalla portata delle proteste, riconoscendo che la frustrazione contro Hamas era cresciuta, ma non era mai stata espressa così apertamente prima. Perché Israele è scettico? Dall’inizio della guerra, Israele ha giustificato i suoi attacchi dipingendo tutti i gazawi come terroristi. I leader israeliani, compreso Netanyahu, hanno ripetutamente definito gli abitanti di Gaza “animali umani” che devono essere eliminati. Sostengono che tutti i gazawi abbiano appoggiato l’attacco del 7 ottobre e sono quindi obiettivi legittimi. Le proteste contraddicono queste affermazioni, dimostrando che molti abitanti palestinesi di Gaza si oppongono a Hamas e vogliono solo vivere in pace. Allo stesso tempo, Hamas si sente sempre più minacciato da queste proteste. A differenza delle precedenti manifestazioni che Hamas ha represso con la scusa di mantenere la “sicurezza”, ora Gaza è nel caos più totale. Non c’è più sicurezza da “mantenere”. L’occupazione israeliana controlla gran parte della Striscia e i bombardamenti quotidiani non lasciano spazio a una normale vita quotidiana. I manifestanti con queste proteste contro Hamas, sempre più estese, stanno esprimendo la loro disperazione di fronte alla guerra e alla sofferenza in corso, di cui anche Hamas è responsabile.
Sia Hamas sia Israele, infatti, stanno usando la popolazione di Gaza come ostaggio: Hamas per la sua sopravvivenza politica e Israele come scusa per continuare a distruggere. La popolazione di Gaza è intrappolata tra due estremi e i civili palestinesi sono le vittime. La guerra ha rubato il loro futuro, i loro figli e le loro case. Nel frattempo, i palestinesi continuano a essere usati: Israele vuole dipingerli tutti come terroristi per giustificare le uccisioni di massa; Hamas vuole controllarli con la forza, ignorando le loro sofferenze; i media arabi vogliono raccontarli come figure tragiche; il resto del mondo vuole che muoiano come vittime o che combattano come eroi. Ma quando la gente di Gaza finalmente alza la voce, chiedendo dignità e pace, viene messa a tacere, accusata di tradimento, repressa o bombardata. Alla fine, Gaza non è solo un campo di battaglia, né una storia che può essere modellata per adattarsi ai programmi politici. A Gaza vivono persone che vogliono vivere, che vogliono sicurezza e che sognano un futuro. Ma per ora le loro voci sembrano essere le più scomode per tutti.
(il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2025)