di Massimo Gramellini
A Sara non sta bene che lui l’abbia lasciata dopo nemmeno un
mese. Lo implora, lo minaccia, lo perseguita con messaggi minatori. Quando
arriva a tagliargli le gomme dell’auto, lui la denuncia ai carabinieri e, per
competenza, alle Iene. L’Italia gode di un efficiente sistema
giudiziario televisivo: le Iene indagano, Forum giudica e dei
latitanti si occupa Chi l’ha visto? L’inviata del programma di Italia
Uno si mette sulle tracce di Sara e cerca di farla ragionare. Lei promette, ma
poi bofonchia: «Non mi ha mai chiesto scusa». Così martedì sera lo pedina con
l’auto. Lui se ne accorge e chiama i rinforzi, la madre e il fratello, perché
lo aspettino sotto casa a Legnano. Ma non fa in tempo a scendere dalla macchina
che Sara gli rovescia un bicchiere di acido in faccia. Lei finisce in carcere.
Lui in ospedale, con un occhio a rischio.
Se una storia come questa fa notizia, significa che è ancora poco frequente.
Rovescia lo schema tradizionale, dove il maschio veste i panni del carnefice.
Io però temo che il virus dell’orgoglio ferito – per cui uno pensa di trovare
pace solo se si vendica di chi lo ha fatto soffrire – possa colpire
indistintamente uomini e donne, perché è il frutto di un modello patriarcale
basato sul possesso. Il cambiamento, suggeriva già Jung, richiederebbe
l’adesione a un modello matriarcale basato sull’accettazione. Non significa
farsi guidare dalle donne, ma dal femminile presente in ciascuna persona, uomo
o donna che sia.
(Corriere della sera, 9 maggio 2019)
[N.d.r.: tutto bene, tranne Jung]