di Mariapia Bonanate
Nell’inferno in cui le donne afghane sono state ricacciate dai talebani, private dei diritti che erano riuscite a conquistare negli ultimi vent’anni, perseguitate, obbligate a vivere in clandestinità, si è accesa una luce. Che ha un nome, Nadima Noor, trentanove anni, un sorriso che le crea un alone luminoso, uno sgargiante turbante color zafferano, elegante negli abiti tradizionali, famosa in Afghanistan per i suoi video ironici e comici su TikTok, dove interpreta una donna pashtun, Pantigalla Kalai, che cerca di risolvere i difficili problemi familiari di ogni giorno. Ma anche perché ha creato una Ong che aiuta migliaia di persone a sopravvivere e che lei incontra di persona.
Una donna che parla per la gente che non ha più voce e sta tentando una missione che può parere impossibile. Non per lei, che ha deciso di rischiare la vita. Vuole “convertire” i talebani a rispettare le donne, a riconoscerne i diritti, a esprimersi e affermarsi nelle loro professioni. Vuole avviare un dialogo di riconciliazione perché l’Afghanistan ha bisogno di amore e di luce. «Sono qui per fare la differenza. L’approccio con i talebani è sbagliato, queste persone spesso sono state strappate alle loro famiglie, sono state plagiate, violentate, bullizzate. Sono dei bambini-soldato diventati adulti, avrebbero bisogno di un sostegno psicologico e invece gestiscono uno Stato. A maggior ragione bisogna percorrere la via più difficile per aiutarli a rinnovarsi», ha detto nelle interviste che ha rilasciato a Barbara Schiavulli, che ha il merito di aver fatto esplodere la sua vicenda sui media internazionali.
Lei ci prova ogni giorno, nascondendo le paure che di notte diventano un incubo. Quando la fermano per strada, sfodera la sua innata gentilezza e abilità tutta femminile, ricorda loro che un uomo pashtun rispetta la propria madre e sorella e lei è loro sorella. Presi in contropiede e sorpresi dal suo piglio deciso, la lasciano andare.
Cresciuta in Canada, nel 2019 è ritornata in Afghanistan per ritrovare le sue radici ed essere pienamente sé stessa. Un anno fa avrebbe potuto, con il passaporto internazionale, lasciare Kabul. Ha scelto di rimanere. Parlare la stessa lingua dei talebani è stato il suo nuovo passaporto, anche quando fu arrestata per avere ospitato un inglese sospettato di spionaggio e rimase in carcere per 29 giorni. Quando i pashtun entravano nella sua cella, li invitava a togliersi le scarpe e a pregare, poi gli offriva il tè. Se ne andavano pacificati.
A chi le rimprovera di cercare il dialogo con il nemico, risponde: «Adesso la gente ha fame, e bisogna che l’economia riprenda; dobbiamo trovare un modo perché tutto si rimetta a funzionare, portando luce e non altra miseria, essendo migliori, dando l’esempio. Noi donne dobbiamo usare la nostra vulnerabilità per trasformarla in forza. Le donne sono forti, qui in Afghanistan e nel resto del mondo, con il tempo le cose cambieranno, gli uomini cambieranno».
Riuscirà Nadima a realizzare il suo sogno di pace e di amore nel martoriato Afghanistan? Dipenderà molto anche dal sostegno che le verrà dalle tante donne che si riconoscono in lei e che decideranno di non lasciarla sola.
(Famiglia Cristiana n. 37, 11 settembre 2022)