di Najat El Hachmi
A già un bel po’ di giorni dalle elezioni, né esperti politologi né brillanti analisti hanno ancora parlato del fattore femminismo. Sarà che la lotta per l’uguaglianza non è politica e che la frattura che sta allargandosi negli ultimi anni tra formazioni di sinistra e movimento fa parte di un sottomondo che niente ha a che vedere con il governo della polis. I partiti progressisti hanno fatto orecchie da mercante al disagio delle donne in Spagna in quello che è in tutta evidenza il momento di maggior presa di coscienza della sua storia. In questo paese siamo più femministe che mai, la lotta contro la misoginia ha una portata tale che persino la destra dissimula le sue tradizionali resistenze al pensiero dell’uguaglianza. Argomenti come la vendetta trasversale maschile sui figli per colpire la madre o come l’utero in affitto sono arrivati fino ai programmi della TV spazzatura e fanno parte dei discorsi quotidiani in tutte le case. A questa trasformazione culturale, però, corrisponde un’assenza di rappresentanza politica che è motivo di rabbia e sconforto.
Io vorrei che la sinistra facesse autocritica invece di insultare il suo elettorato, che riflettesse per capire se noi donne potremmo aver avuto qualcosa a che fare con la sua catastrofe elettorale. Davvero credevano di non pagare nessun prezzo a liquidare, insultare, diffamare e vessare una voce prestigiosa e riconosciuta per aver soffiato sulle candeline e partecipato al pigiama-party di un’influencer? A impiccare a un albero un fantoccio con le sembianze di Carmen Calvo*? A difendere il lenocinio travestendolo da lavoro sessuale, a parlare di “consenso” per bambine e bambini, ad affermare che il sesso non esiste e di non sapere che cos’è una donna? Se non sanno che cosa siamo, come faranno a difendere i nostri diritti? E come facciamo noi a fidarci di chi impone la procedura d’urgenza sull’approvazione della ley trans, la legge trans, limitando il dibattito in aula e vietando le audizioni di esperti? Come facciamo a rinnovare l’incarico a chi promuove mutilazioni su minorenni e minaccia di toglierti la potestà parentale se non accetti che i tuoi figli siano “nati in un corpo sbagliato”? Davvero il loro disprezzo di metà della cittadinanza ha potuto accecarli a tal punto da non rendersi conto che questi affronti continui a una parte consistente dell’elettorato di sinistra avrebbero avuto conseguenze nelle urne? Dopo averci chiamate cisgender, persone che mestruano, gestanti per altri e, proprio mentre la scia insanguinata di donne assassinate non si fermava neppure nel giorno delle elezioni, aver affermato che la categoria più oppressa al mondo è quella dei trans?
(*) Carmen Calvo, ex ministra ed ex vicepresidente socialista del governo Sanchez, non aveva votato in parlamento la Ley trans (che consente la scelta del “genere” sulla parola a sedici anni di età), rompendo la disciplina di partito. Si era anche battuta per emendare la proposta di legge di maggioranza “Solo sí es sí” sul consenso sessuale, per evitare che producesse abbassamento delle pene e scarcerazioni di autori di reati sessuali, pur sostenendo la legge nel suo complesso. A causa della sua opposizione alla Ley trans, è stata il bersaglio di insulti e intimidazioni, tra cui il 18 febbraio 2023 un manichino con le sue sembianze impiccato a un albero, con il cartello «Mi sono persa. Da che parte per il patriarcato?» [NdT].
(El País – 2 giugno 2023, traduzione di Silvia Baratella)
Versione originale:
El País, 2 de juño 2023
Sin feministas no hay izquierda
por Najat El Hachmi
Tantos días después de las elecciones y ni politólogos ni avispados analistas mencionan el factor feminismo. Será que la lucha por la igualdad no es política y que la brecha entre el movimiento y las formaciones de Izquierdas que se viene ensanchando en los últimos años forma parte de un inframundo que nada tiene que ver con el gobierno de la polis. Oídos sordos es lo que han hecho los partidos progresistas al malestar de las mujeres en España en lo que es a todas luces el momento de mayor toma de consciencia de su historia. En este país somos más feministas que nunca, la lucha contra la misoginia tiene tanto alcance que incluso la derecha disimula sus tradicionales resistencias a las propuestas del pensamiento igualitario. La violencia vicaria o el alquiler de vientres han penetrado en programas de telebasura y ya forman parte de las conversaciones cotidianas en todos los hogares. Este cambio cultural coincide, sin embargo, con una orfandad de representación política que es motivo de rabia y desconsuelo.
Yo quisiera que la izquierda hiciera autocrítica en vez de insultar a sus votantes, que reflexionara sobre si las mujeres podríamos haber tenido algo que ver en su descalabro electoral. ¿De verdad creían que les iba a salir gratis ningunear, insultar, difamar y vejar a voces de reconocido prestigio para dedicarse a soplar tartas y hacer fiestas de pijama con influencers? ¿Colgar de un árbol un monigote de Carmen Calvo? ¿Defender el proxenetismo disfrazado de trabajo sexual, hablar del consentimiento de niños y niñas, afirmar que el sexo no existe y no saber lo que es una mujer? Si no saben lo que somos, cómo van a defender nuestros derechos? ¿Y cómo vamos a confiar nosotras en quienes tramitan la ley trans de urgencia, poniendo todas las trabas para el debate público, vetando la comparecencia de expertos? ¿Cómo vamos a renovar en sus cargos a quienes promueven la mutilación de menores y amenazan con quitarte la patria potestad si no aceptas que tus hijos han nacido en un cuerpo equivocado? ¿De verdad que su desprecio a la mitad de los ciudadanos puede ofuscarles hasta el punto de no darse cuenta de que este maltrato continuado a lo que era una parte importante del voto de izquierdas iba a reflejarse en las urnas? ¿Después de convertirnos en cis, menstruantes, gestantes y afirmar que el trans es el colectivo más oprimido que existe mientras el sanguinario reguero de asesinadas no se detiene ni en la misma jornada electoral?