5 Marzo 2021
Il Quotidiano del Sud

Solidarietà e umanità non sono reato

di Franca Fortunato


Da anni assistiamo all’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nei confronti di navi delle Ong che operano salvataggi nel Mediterraneo o di donne e uomini che accolgono e aiutano le/i migranti. È quanto accaduto a Mimmo Lucano ex sindaco di Riace, ancora oggi sotto processo. È quanto accaduto qualche giorno fa a Gian Andrea Franchi che insieme alla moglie Lorena Fornasir e la loro associazione “Linea d’Ombra” da anni a Trieste si prende cura nella piazza della città dei tanti migranti che arrivano stremati dalla rotta balcanica. Ogni giorno con il loro carrettino verde, muniti di garze, forbici, bende, acqua ossigenata, alcool, sono in piazza per medicare e curare piedi devastati da migliaia di chilometri, corpi maciullati dalla violenza della polizia alla frontiera croata. Portano cibo, vestiti, sacchi a pelo a quegli esseri umani, scappati per guerre e fame, tenuti prigionieri nei “campi” bosniaci o ammassati in immobili abbandonati a Bihac, da dove Gian Andrea e Lorena sono tornati a inizio febbraio. Qualche giorno fa all’alba la polizia ha fatto irruzione nella loro casa per una perquisizione. Ha sequestrato il computer e il cellulare di Gian Andrea che è stato portato in caserma e, preso le impronte digitali, fatto le foto segnaletiche, è stato accusato di favorire l’immigrazione clandestina a scopo di lucro, per un episodio di due anni fa. Allora, come fanno spesso, lui e la moglie hanno ospitato una famiglia curdo-iraniana, con due bambini. Volevano raggiungere i parenti in Germania, come il 90% delle persone che arriva dai Balcani. Il giorno della loro partenza Gian Andrea li ha accompagnati alla stazione e la polizia lo ha fermato con una scusa, in verità per controllarlo. Quella famiglia la sera prima era stata ospite in un appartamento gestito da passeur (trafficanti che si fanno pagare dai migranti per aiutarli ad attraversare il confine) e alla stazione si era incontrata con altri passeur. L’accusa mette Gian Andrea insieme a loro. Oggi quella famiglia vive in Germania, i bambini vanno a scuola e sono riusciti a costruirsi una vita. Conosco Gian Andrea e Lorena da tanti anni, più volte negli incontri della rete de “Le Città Vicine” mi/ci hanno raccontato la loro esperienza. Lei è psicoterapeuta, donna raffinata, gentile e bellissima, lui docente di filosofia, uomo colto e saggio, entrambi in pensione. Ho piena fiducia in loro come l’ho sempre avuta in Mimmo Lucano. L’agire di Gian Andrea e Lorena è politica, perché, insieme ai piedi e ai corpi di quegli sventurati, giorno dopo giorno, simbolicamente medicano e fasciano le tante ferite di razzismo e intolleranza inflitte alla città dall’amministrazione comunale, a trazione leghista, e tessono i fili di una civile convivenza radicata nell’antica civiltà dell’accoglienza dello straniero come ospite. Ancora una volta si criminalizzano solidarietà e umanità nel mentre ho/abbiamo davanti agli occhi le immagini degli immigrati in fila nel campo di Lipia, sorvegliato dalle forze speciali bosniache, che avanzano lentamente nella neve e nel ghiaccio, avvolti alla men peggio in una coperta – scene che ci riportano a tempi bui dell’Europa – per ricevere un pezzo di pane e un barattolo di carne in scatola. L’Europa e il governo italiano intervengano per porre fine alla vergogna dei campi bosniaci, alle violenze e respingimenti della polizia croata, aprano le frontiere e organizzino corridoi umanitari. È quanto chiederanno domani donne e uomini con l’iniziativa “un ponte di corpi”, lanciata da Lorena in solidarietà con Gian Andrea.


(Il Quotidiano del Sud, 5 marzo 2021)

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