di Alberto Leiss
«In America le donne sono protagoniste della svolta, noi abbiamo visto ministre dimissionarie rese mute dal leader maschio, un altro capo politico intervistato al posto della moglie senatrice: una crisi testosteronica, di maschi insicuri impegnati a predominare uno sull’altro….». Sono parole del direttore dell’Espresso Marco Damilano: le ha pronunciate, più o meno in questi termini, nello “spiegone” che come ogni venerdì sera recita nella trasmissione “Propaganda live”, su La7, e le ha scritte nell’articolo di fondo dell’Espresso sul numero di domenica scorsa.
Al netto della possibile osservazione che le ministre Bellanova e Bonetti in realtà hanno riaffermato il loro completo accordo con la linea scelta da Renzi (a questo proposito segnalo lo scambio tra la filosofa femminista Luisa Muraro e le stesse ministre sul sito della Libreria delle donne di Milano e quanto ne ha scritto Franca Chiaromonte sul sito DeA ); al netto di questa osservazione, dicevo, riporto le frasi di Damilano perché mi sembrano significative del fatto che anche qualche maschio, persino tra quelli che sono immersi nella logica e nel linguaggio dell’informazione e della politica istituzionale, si accorge di quanto pesi in ciò che accade la dialettica dei sessi, e in particolare la crisi dell’autorità specificamente maschile di cui siamo tutti e tutte spettatori e spettatrici.
A proposito, il verbo accorgersi a quanto pare è legato al latino corrigere, e quindi il suo significato non è solo quello di rendersi conto che una certa cosa esiste, si configura in un certo modo che non avevamo visto, ma forse implica anche la possibilità di correggere opinioni sbagliate, comportamenti inadeguati.
Sembra che questo tipo di reazione si stia diffondendo più che nel passato. Qualche ora prima di scrivere questa rubrica discutevo, via zoom, con vecchi amici sindacalisti l’idea di un incontro pubblico sul rapporto tra Pci e classe operaia, in margine ai tanti discorsi sul centenario della scissione di Livorno ecc. Passati a immaginare i relatori, quando chi parlava è arrivato alla sesta ipotesi, si è accorto che si trattava di soli maschi: «Dobbiamo invitare anche qualche donna!…». Mi è capitato di pensare e di dire: forse sarebbe ancora meglio se gli uomini dicessero apertamente perché si ritrovano in queste adunate monosex, si accorgessero del loro esserci in determinate modalità e relazioni, e non solo della assenza femminile, e delle ragioni che producono questa situazione, che comincia a creare, come minimo, un certo imbarazzo. Un altro sintomo, forse di simile genere, è una non banale tendenza maschile ad arricchire il discorso politico con osservazioni sulla propria vita e i propri sentimenti. Non a caso me lo ha fatto osservare una cara amica. Damilano ha anche ricordato con affetto e grande stima Emanuele Macaluso. Sia lui, sia Luciana Castellina, sia Aldo Tortorella e anche Massimo D’Alema (in una lectio magistralis su Pci e democrazia italiana), sono rimasti colpiti da una frase pronunciata recentemente da Macaluso: «Quelli sono gli anni in cui il Pci mi si è radicato dentro…».
Si dice spesso che la politica che vediamo in quel che resta dei partiti e nelle istituzioni della rappresentanza sembra non avere un’anima. Per rintracciarne una forse è necessario, oltre a una riflessione seria sulla crisi radicale delle culture, visioni del mondo, che l’hanno animata fino a non pochi decenni fa, un viaggio più intimo tra le ragioni del cuore e della memoria di ognuno di noi. Senza dimenticare di essere uomini.
il manifesto, 26 gennaio 2021